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In Sicilia famiglie povere, faticano ad arrivare a fine mese

In Sicilia famiglie povere, faticano ad arrivare a fine mese
Minori in povertà assoluta, emergenza in Sicilia

Nell’ultimo anno non è cambiato nulla, il Sud conferma una situazione allarmante. Nel 2023 il 17,4% dei nuclei siciliani ha possibilità di spesa al di sotto del sostentamento.

Quasi un quinto delle famiglie siciliane vive al di sotto della soglia di povertà. Una cifra che peggiora ulteriormente se si considerano i nuclei familiari in cui sono presenti minori. Secondo i dati trasmessi dall’Istat, nel 2023 le famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa, che non raggiungono, cioè, una soglia convenzionale di spesa, fissata in poco più di 1.100 euro per un nucleo di due persone, in tutta Italia sono il 10,1%; in Sicilia tale valore arriva al 17,4%. Peggio della Sicilia soltanto in Calabria al 30%, in Campania al 20,8%, in Puglia al 20%, in Basilicata al 18,6%. In generale, si registra la condizione di povertà peggiore nel Mezzogiorno, che come macroterritorio arriva ad un indice di povertà relativa del 19,3%, circa 4 volte rispetto a quanto succede nel Nord, che si ferma al 5,8%, e nel Centro poco sopra, al 6%.

Spesa mensile di 762 euro

Anche in termini di povertà assoluta la situazione è tutt’altro che rassicurante: l’8,4% delle famiglie italiane, poco più di due milioni di nuclei, non è in grado di acquisire i beni e i servizi contemplati come minimi per vivere una vita che possa essere ritenuta dignitosa. In Sicilia, tale valore si attesta, per il 2023, per un adulto tra i 30 e i 59 anni, su una spesa mensile di 762 euro. Si tratta di una cifra che varia in base alla regione di residenza e alla tipologia di centro urbano in cui si vive. Ad esempio, la soglia di povertà relativa per vivere in un comune dell’area metropolitana di Milano è fissata, per il 2022, a 1.175,15 euro. Insomma, quasi un decimo della popolazione nazionale è profondamente povera. “È record storico! Si tratta di dati drammatici e vergognosi, non degni di un Paese civile!” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unc, l’Unione nazionale consumatori.

Primati su primati (negativi)

La povertà assoluta, infatti, non resta stabile ma peggiora, raggiungendo vari primati, purtroppo negativi. Anzitutto rispetto alla percentuale delle famiglie in povertà assoluta, l’8,4%. Numero che a sua volta supera il precedente primato del 2022 quando era fermo all’8,3%, sia rispetto al numero di famiglie, 2 milioni e 217 mila contro 2 milioni e 187 mila del 2022, sia rispetto al numero di individui, 5 milioni e 693 mila. Numero quest’ultimo che batte il dato del 2022 quando erano 5 milioni e 674 mila. Interessante anche il dato legato alla nazionalità. L’incidenza della povertà assoluta, infatti, fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4%, mentre si ferma al 6,3% per le famiglie composte solamente da italiani.

Forte impatto dell’inflazione

L’aumento della povertà, nonostante l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023, registrato anche nei due anni precedenti, è dovuto al forte impatto dell’inflazione. Nel 2023 la crescita dei prezzi al consumo è risultata, infatti, ancora elevata, con una variazione del +5,9% dell’indice armonizzato, con effetti che, tra l’altro, risultano più marcati proprio sulle famiglie meno abbienti, per i quali l’indice arriva al +6,5%. Le spese per i consumi di questo gruppo di famiglie, che include anche quelle in povertà assoluta, non hanno tenuto il passo dell’inflazione e, pur in forte crescita in termini correnti, hanno subito un calo dell’1,5% in termini reali della spesa equivalente. Allo stato delle cose, insomma, è necessario trovare delle soluzioni, che si concentrino sulle parti più deboli della società, per sostenerle e aiutarle. “I dati sono una dimostrazione del fatto che bisogna fare molto di più per aiutare chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese – continua Dona – per esempio, nella prossima manovra, concentrando le risorse su chi ha meno di 28 mila euro, rinviando gli aiuti per quelli che arrivano fino a 40 mila euro che non devono certo attendere l’arrivo dello stipendio per poter andare a fare la spesa”.