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giovedì 20 Gennaio 2022

Il presidente Nello Musumeci cerca di rassicurare sulla stabilità del governo regionale. Ma il suo tempo sembra essere contato.

Avete presente quando state male di stomaco e dovete mangiare una pastina in bianco? Senza né parmigiano, né altro?

Magari con un filo di olio di una conferenza stampa che deve rassicurare che tutto è a posto?

Questo sembra il governo siciliano oggi. “Ma cos’è questa crisi..”, cantava Gigi Proietti. E così dichiara Musumeci: “Il governo è in carichissima!”, con un rafforzativo che non convince, più si smentisce più si rafforza l’idea di una nave senza equipaggio. 

Pare, sembra, in una terra più di ombre che luci, che gli assessori prima della riunione di giunta abbiano dovuto compilare il famoso foglio delle dimissioni in bianco. In cui in bianco c’è la data. 

Onestamente questa cosa oltre che essere impolitica – visto che le crisi politiche si superano con la politica -, ha solo il segno del destino di carriere e progetti personali riguardanti i 13 componenti del governo.

E la Sicilia? E la politica? Sembra un grande groviglio di frustrazioni personali, sia da parte dei dimissionari che del dimissionante. Ma quale assessore in sintonia con il suo partito, con il suo territorio di rappresentanza, consegna un foglio di dimissioni in bianco? Quale presidente che ritenga di avere la fiducia di una coalizione politica le richiede?

Non è squalificante firmare un foglio in bianco, cosa dovrebbe denotare? Fedeltà? Sottomissione? Il governo regionale è una piccola setta personale, come i Legionari di Cristo, con riti iniziatici e giuramenti di appartenenza?

Le dimissioni in bianco sono la morte della politica. Tutto viene ridotto a cooptazione nei confronti di un potere effimero; può essere questa la governance dell’isola?

Ci rifiutiamo di pensarlo. Ma intanto le voci girano insistentemente. I gabinetti tremano, nulla è meno omertoso dei circa duecento uomini, coloro che stanno intorno al governo, che reggono gli scranni del potere. Ognuno pensa di essersi imbarcato in una nave che affonda come la Concordia, e cerca di capire quale sia la salvezza.

“Ma il tuo assessore si è dimesso? Il mio si!”. “Non lo so, mannaggia, ma il mio capo di segreteria tecnica pare che si sia rivolto ad amici per trovare un servizio da dirigente libero, con sti chiari di luna è meglio cautelarsi!”.

“A me il segretario del partito ha detto che non rischio. Anche se l’assessore, poverino, una gran brava persona, mi sa che lo fanno fuori”. Gli assessori sono tra coloro che son sospesi, tra tanti dubbi e poche certezze. Questa lunga litania prende il nome di Via Crucis assessorile.

Ma Musumeci, mentre dichiara che non ci sia alcun problema (ma allora, perché avere il problema di dichiararlo?), allunga i tempi della non-crisi. Una contraddizione che solo noi nati nella terra di Pirandello possiamo concepire.

Prima il vertice, derubricato a pizza con gli amici dei partiti, era convocato all’indomani dell’approvazione dell’esercizio provvisorio. Ora è spostato al dopo Quirinale. Come se la permanenza di Armao o di Cordaro dovesse dipendere dalla Presidenza della Repubblica italiana.

Di fatto siamo in un limbo, politico e amministrativo, un governo in bianco, come le nozze non consumate, come gli assegni posdatati, come il tema consegnato dall’ignorante.

E i problemi isolani? E la pandemia? E gli investimenti sanitari da assegnare? E l’economia reale dell’Isola? Possono aspettare l’ultima eterna cena dei dodici apostoli assessoriali. 

Così è se vi pare.

Giovanni Pizzo

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