Il gruppo di ricerca dell'Università di Palermo spiega la presenza del granchio blu in Sicilia. Le caratteristiche e le minacce per l'Isola: l'intervista
Un’altra specie aliena invasiva è giunta in Sicilia, nelle acque che circondano l’Isola. Il granchio blu, scientificamente conosciuto come Callinectes sapidus, originario delle coste dell’Atlantico e del Golfo del Messico – come riporta il Noaa, National Oceanic and Atmospheric Administration -. Dopo che ha invaso l’Adriatico, facendo scatenare l’opinione pubblica, ora è il turno della Sicilia. Tuttavia, il granchio blu non sarebbe arrivato l’altro ieri qui.
All’Università degli studi di Palermo vi è un gruppo di ricerca (affiliato al CoNISMa, Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare) che monitora e studia questa specie invasiva. A intervenire per il QdS.it sono la professoressa Salvatrice Vizzini, docente di Ecologia presso il corso di laurea magistrale in Biologia Marina del Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare e componente del consiglio scientifico del Centro di Sostenibilità e Transizione Ecologica di Ateneo e la dottoressa di ricerca Roberta Bardelli.
Le esperte dell’Università di Palermo
Loro seguono il Callinectes sapidus dal 2021. “Come comunità scientifica siamo molto attenti ai processi di invasione, che oggi rappresentano una delle minacce principali alla biodiversità. Il Mar Mediterraneo si trova in una posizione geografica particolare, ha dei canali di introduzione di nuove specie (lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez), ed è un ambiente in cui i cambiamenti climatici sono chiaramente in atto. Quindi rappresenta un bacino dove le invasioni sono una grave minaccia” esordisce la professoressa Vizzini.
“Il granchio blu è una specie invasiva, vengono considerate invasive tutte quelle specie che a causa dell’uomo si trovano al di fuori della loro zona d’origine e che rappresentano una minaccia per la biodiversità dell’ambiente invaso. Queste specie vengono spostate volontariamente o involontariamente e nel luogo in cui arrivano riescono a riprodursi e stabilizzare delle popolazioni – spiega Roberta Bardelli -. Il granchio blu viene dalle coste atlantiche dell’America, dalla Nuova Scozia fino all’Uruguay. È arrivato in Europa all’inizio del ‘900, sulle coste atlantiche dapprima e poi è arrivato nella zona del Mediterraneo e adesso sta aumentando di numero ed è in tutto il Mediterraneo e nel Mar Nero. Sembra sia arrivato con le acque di zavorra delle navi. In ogni caso, si tratta di una specie che riesce a sopportare grandi variazioni di salinità e temperatura ed è in grado di sfruttare diverse fonti di cibo sia animali sia vegetali. Una specie che si adatta molto bene negli ambienti in cui arriva”.
Le caratteristiche del granchio blu
Le prede che predilige il granchio blu sono molluschi come ostriche, cozze e vongole; ma si nutre anche di organismi morti e, comunemente, attacca i suoi simili che hanno ancora un guscio debole, i quali non si trovano nel pieno della maturità. Riesce a nutrirsi anche di vegetali. La specie in questione – secondo il Noaa – raggiunge la maturità fra i 12 e i 18 mesi, dipende anche dal contesto naturalistico in cui si trova. Il cannibalismo, messo in risalto tramite i social in questi ultimi giorni, non è una cosa straordinaria, anzi, risulta un fenomeno comune in natura, come illustreranno fra qualche rigo le due studiose.
“Le caratteristiche della sua dieta lo rendono una specie che risulta essere molto competitiva nelle aree che invade. Una specie onnivora, che predilige prede animali, però è in grado di alimentarsi anche di alghe e piante. Il granchio blu è una specie opportunista dal punto di vista alimentare e questa peculiarità ne facilita l’insediamento in zone molto differenti. Nell’arco di circa un secolo nel Mediterraneo si trova praticamente ovunque lungo le coste occidentali, orientali, nel meridione lungo le sponde africane. In Sicilia in termini quantitativi della popolazione siamo ancora in fase di studio, ma sicuramente è abbondante e molto segnalata in varie zone. Noi in questo momento stiamo lavorando sul fronte occidentale – lungo il litorale del Trapanese – dove vediamo popolazioni ancora non abbondantissime, però abbiamo dei dati pluriannuali che evidenziano un trend di incremento” dice la docente di Ecologia.
“C’è molta attenzione sulle popolazioni di granchi blu, – aggiunge – che sono state segnalate già diversi anni fa, solo che ultimamente sono diventati un caso mediatico e i social permettono di avere più informazioni in merito alle segnalazioni. Questo può rappresentare anche un supporto alla comunità scientifica di riferimento. Popolazioni comunque in espansione. Se in Sicilia esploderà il caso come in Nord Adriatico, insomma, oggi è un po’ prematuro dirlo. Sono anche molto diverse le condizioni ambientali, non sono facilmente comparabili”.
Come contrastare l’invasione in Sicilia
L’affermazione della professoressa Vizzini è sicuramente importante e merita una breve parentesi. Il granchio blu sta facendo impazzire i social da un mese circa e ha raggiunto il picco di interesse fino a un paio di settimane fa. Ad aver notevolmente contribuito sono i danni che ha recato ai pescatori nella zona del Veneto – e non solo – e la spinta a portarlo sulle tavole degli italiani. Non a caso, il ministro Lollobrigida ha pubblicato una foto alcune settimane fa che ritrae la premier Giorgia Meloni mentre si accinge a mangiare un granchio blu. Consumarlo ne faciliterebbe il controllo dell’invasione, ma non del tutto.
L’Unione Europea si è espressa sulla proposta dell’Italia nel renderlo commerciale e giorni fa – come riporta Euractiv – è arrivata la risposta. Sostanzialmente un via libera per mangiarlo, poiché per ora non fa parte della lista europea delle specie aliene invasive, ma nel 2024 potrebbe entrarci, se dovesse succedere allora il consumo a tavola non potrebbe andare avanti. In materia normativa interviene il regolamento numero 1143/2014, all’articolo 7.
I danni che può causare la specie
“Il granchio blu essendo una specie molto competitiva può minacciare le altre specie native – dice la professoressa Vizzini -. Per questo è importante nelle fasi di monitoraggio non studiare solo il granchio blu ma anche la comunità in cui si inserisce e in particolare le popolazioni di specie che potrebbero essere in qualche modo danneggiate dall’espansione di questa specie invasiva”.
“Altra problematica comune alle specie invasive, e di conseguenza anche del granchio blu, è che, mentre nei luoghi nativi hanno dei predatori naturali, negli ambienti invasi, in genere, hanno pochi predatori naturali. Come conseguenza l’aumento così repentino della popolazione. Quindi possono aumentare sempre di più e apportare dei danni più consistenti verso le altre specie native, stabilizzate nell’ecosistema. Inoltre, un’altra problematica è legata agli alti tassi di riproduzione, una femmina può arrivare a produrre anche due milioni di uova per evento riproduttivo. Le capacità di riproduzione della specie sono legate anche alla temperatura, perché durante i periodi più freddi, quando la temperatura dell’acqua cala, il granchio entra in una sorta di quiescenza. Quindi non si riproduce, va meno a caccia, si nutre meno e tende a rimanere sotto la sabbia aspettando che la temperatura risalga – afferma la ricercatrice all’Università di Palermo -. Ciò avviene ancora nel Nord America dove l’acqua subisce una grossa escursione termica fra la stagione estiva e quella invernale. Ma là dove la temperatura dell’acqua è più costante ed è un po’ più alta sono in grado di riprodursi anche due volte l’anno, non soltanto durante la stagione più calda”.
Il cambiamento climatica e curiosità sul granchio blu
“In una situazione di cambiamento climatico nel Mediterraneo sono in aumento non solo le temperature estive ma anche quelle invernali. Infatti, a livello climatologico non bisogna considerare soltanto gli estremi delle temperature, ma c’è anche un aumento delle stesse durante la stagione invernale – prosegue Vizzini -. Di fronte ad un mare sempre più caldo gli scenari di aumento della popolazione sono sempre più plausibili”.
“Da noi, finché ha delle dimensioni più ridotte, può essere predato da polpi o altri pesci. Ma quando raggiunge la maturità può arrivare a misurare in larghezza di carapace (guscio, ndr.) anche 250mm; quindi, dimensioni davvero molto elevate e appunto a meno predatori. Anche le chele molto massicce e il carapace abbastanza rigido ne facilitano il predominio” dicono. Per portare un paragone più concreto le dimensioni dei granchi nativi sono molto più ridotte, dipende da specie a specie, ma solitamente sono più piccole.
“Il cannibalismo è una strategia molto diffusa fra le specie in natura, è un meccanismo di autocontrollo delle popolazioni, moltissime specie animali lo praticano. Non c’è nulla di strano, è un comportamento comune, e soprattutto non è una cosa che hanno solo qui” afferma prima la docente e conclude la dottoranda.
Per contrastare il granchio blu e le altre specie invasive possono essere adottate diverse misure, ma fra le più importanti come fa notare Salvatrice Vizzini: “È importante mantenere in equilibrio gli ecosistemi e occuparci di ambiente sempre. Più gli ecosistemi sono stabili, più sono resistenti. Purtroppo, ci ritroviamo in un Mediterraneo fortemente antropizzato con tanti habitat in regressione e questo lo rende anche più vulnerabile a nuovi agenti di cambiamento. Ancora non abbiamo situazioni particolarmente allarmanti ma ci sono tante attività antropiche del territorio, occorre intervenire con una corretta pianificazione di questa attività, si pensi alla pianificazione spaziale marittima, una direttiva europea”.