L’analisi della Cgia: aumenti da paura per i beni di prima necessità, cresciuti anche i biglietti aerei e le bollette. Soltanto nel 2023 il rincaro della spesa annua per le famiglie isolane ha superato quota mille euro
SICILIA – Pagare le bollette, fare la spesa, vivere una vita che sia almeno dignitosa in soli due anni è costato oltre 3mila euro in più alle famiglie siciliane. Una cifra che molti nuclei hanno difficoltà ad affrontare, anche perché la maggior parte dei prodotti che hanno subìto i maggiori rincari sono di prima necessità, dal gas all’energia elettrica, senza dimenticare gli alimenti base, dallo zucchero all’olio di oliva, dal latte alle patate.
L’ufficio studi della Cgia ha elaborato i dati forniti dall’Istat: analizzando nel dettaglio le singole voci di spesa, gli aumenti più importanti nella media nazionale avvenuti tra il 2021 e il 2023 hanno interessato i biglietti aerei dei voli internazionali (+106,1%), le bollette dell’energia elettrica (+93,1%), i biglietti dei voli aerei nazionali (+65,4%), le bollette del gas (+62,5%).
Quindi, lo zucchero, che sale del 61,7%, il riso (+48,2%), l’olio di oliva (45,5%). Per contro, i prodotti che hanno subito una riduzione di prezzo sono di categorie merceologiche non di prima necessità, e comunque le riduzioni sono in percentuale molto minore rispetto ai rincari. I prodotti che hanno subito una riduzione di prezzo sono stati gli apparecchi per ricezione immagini e suoni, che diminuiscono del 28,6%, gli apparecchi per la telefonia mobile, al -12%, apparecchi per il suono, dagli stereo agli amplificatori alle radio, a -11,4%. Ancora, ci sono i test di gravidanza e i contraccettivi, a -10,3%, e i libri di narrativa, a -6,3%.
In Sicilia nel 2023 rincaro spesa di mille euro a famiglia
Nel solo 2023, il rincaro della spesa annua per famiglia siciliana ha superato i mille euro; sono state 4 le città siciliane che hanno superato l’inflazione media nazionale. Palermo ha raggiunto la quota del 6,2%, con un rincaro di 1.231 euro nel 2023: Catania si ferma poco prima, al 5,8%, e una spesa di 1.151 euro. Si risale a Messina, che ha raggiunto il 6% di inflazione, e un rincaro della spesa di 1.144 euro.
In ultimo, Siracusa, al 5,8%, e una spesa di 1.106 euro. Si tratta, nella pratica, quasi di uno stipendio medio andato perso in un solo anno. E neanche le città più “economiche” possono veramente considerarsi tali. Nella parte bassa della classifica stilata dall’Unc, l’unione nazionale consumatori, Trapani, al 4,8%, e Caltanissetta, entrambe con una spesa di poco inferiore ai mille euro. La media nazionale si era fermata al 5,7%. Nel 2022 era andata anche peggio: l’inflazione ha raggiunto la doppia cifra, in una spirale sempre più pericolosa e drammatica, per moltissime famiglie che hanno visto i propri soldi valere sempre meno, le spese aumentare e le speranze per un futuro migliore sempre più labili.
Secondo i dati elaborati dall’Unc sono state proprio Catania e Palermo a registrare la percentuale maggiore di inflazione media nel 2022, rispettivamente al 10,3% e al 10,1%. Oltretutto, si è trattato di un record nazionale. Tradotto in denaro, queste percentuali hanno portato a un rincaro, per il 2022, per la famiglia media, di 2.045 euro a Catania e di 2.005 euro a Palermo.
Anche nelle altre città isolane i dati non sono stati migliori: Messina ha segnato nel 2022 una inflazione annua del 9,5%, e una spesa aggiuntiva di 1.812 euro; Siracusa scendeva al 9,2%, e 1.755 euro; poco sotto Trapani, al 9,1% e una spesa di 1.736 euro; infine Caltanissetta, all’8,4% e 1.602 euro da spendere in più. Un consuntivo già previsto sin dall’inizio dell’anno, dopo la pandemia che ha imperversato nel 2020 e 2021, lo scoppiare della guerra in Ucraina ha determinato rincari a cascata a danno delle tasche degli italiani, nonostante alcuni tentativi da parte del Governo Draghi prima e Meloni per arginarli.