Sicilia, vanno a picco gli artigiani oltre 10mila in meno in dieci anni - QdS

Sicilia, vanno a picco gli artigiani oltre 10mila in meno in dieci anni

Michele Giuliano

Sicilia, vanno a picco gli artigiani oltre 10mila in meno in dieci anni

venerdì 31 Dicembre 2021

Nel 2011 erano 94.415. Nel 2020, secondo i dati dell’Inps, il numero è sceso a 82.451. Trend positivo, invece, per i commercianti che sono cresciuti di quattromila unità

PALERMO – Continuano a diminuire gli artigiani in Sicilia. In dieci anni sono circa 10 mila in meno, un decremento che non può essere, quindi, imputato alla pandemia, ma a difficoltà strutturali ben più radicate nel tessuto economico isolano. Se nel 2011 gli artigiani erano 94.415, mentre nel 2020, secondo i dati raccolti dall’osservatorio Inps, il numero è sceso a 82.451.

Le perdite maggiori si registrano nella provincia di Catania, dove si incassa una diminuzione di 2.500 artigiani, seguita dalla provincia di Palermo, con una contrazione di 1.754 unità; ancora, Trapani, che perde 1.444 professionisti, e Agrigento, con una riduzione di 1.390. L’andamento è stato diverso per i commercianti, che invece sono aumentati di quasi 4 mila unità sempre nell’ultimo decennio. La grande maggioranza dei nuovi iscritti è segnalata nella provincia di Palermo, con 3.124 unità in più, mentre i numeri sono diminuiti in provincia di Catania, Ragusa e Siracusa, pur mantenendosi in termini piuttosto ridotti. Nonostante le difficoltà affrontate in pandemia, con i lunghi mesi in lockdown e le limitazioni che hanno provocato grandi difficoltà a tutti quei commercianti e artigiani che si sono trovati con poco o niente lavoro da un giorno all’altro. In generale, il gettito contributivo dei lavoratori autonomi è pari nel complesso a 9 miliardi e 153 milioni di euro, con un decremento di 308 milioni (-3,25%).

Per il 2021, per aiutare la categoria nella grave crisi provocata dall’emergenza sanitaria da covid 19, la legge di bilancio ha introdotto l’esonero parziale dal versamento dei contributi a favore dei lavoratori autonomi, con reddito 2019 non superiore a 50 mila euro, che abbiano subito nel 2020 un calo del fatturato o dei corrispettivi pari almeno al 33 per cento rispetto all’anno precedente. Per definizione, quando si parla di lavoro autonomo, ci si riferisce a tutte quelle figure professionali che progettano, organizzano e realizzano in autonomia il proprio lavoro. Avere un lavoro autonomo significa principalmente costituire un’impresa oppure svolgere la libera professione, ma esistono anche altre possibilità.

La definizione più semplice sia di libero professionista che di imprenditore rimanda a qualcuno che non opera all’interno di un’organizzazione già definita e che non ha un datore di lavoro dal quale apprende mansioni da svolgere o obiettivi da raggiungere.

L’imprenditore, o commerciante, è colui che svolge un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi e a tal scopo utilizza il lavoro di lavoratori dipendenti e appropriati mezzi di produzione.

Gli imprenditori svolgono personalmente le funzioni di direzione, coordinamento e controllo delle attività dell’impresa; essi decidono cosa produrre, in quali quantità, con quali mezzi e dove, assumendosi i corrispondenti rischi economici e giuridici (il cosiddetto “rischio di impresa”).

L’artigiano è colui che conduce personalmente in qualità di titolare l’impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità, ed inoltre svolge il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo. L’artigiano dunque è un piccolo imprenditore che opera personalmente nell’azienda, può avvalersi dell’aiuto dei propri familiari (chiamati “coadiuvanti familiari”) e avere o meno dei lavoratori alle proprie dipendenze. Gli artigiani devono essere iscritti all’Albo delle imprese artigiane. La legge stabilisce inoltre dei limiti al numero di dipendenti dell’impresa artigiana: si va da un minimo di 8 nelle attività di trasporti ad un massimo di 32 nelle lavorazioni artistiche.

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