In Sicilia una “rete” per sostenere le persone affette da tumore al fegato - QdS

In Sicilia una “rete” per sostenere le persone affette da tumore al fegato

In Sicilia una “rete” per sostenere le persone affette da tumore al fegato

domenica 03 Luglio 2022

A Palermo seconda tappa del roadshow “Uniti e vicini ai pazienti” promosso da Roche con EpaC Onlus. Si tratta di uno dei mali più aggressivi e una delle prime cause di morti oncologiche

PALERMO – Una tavola rotonda per discutere della gestione in Sicilia dei pazienti affetti da tumori primitivi del fegato, fare il punto della situazione sull’isola e analizzare gli avanzamenti registrati in tal senso grazie allo sviluppo di una rete multidisciplinare regionale che ha permesso di collegare diversi centri per le cure e fornire livelli di prestazione sempre più efficaci. Sono questi alcuni degli obiettivi di “Uniti e vicini ai pazienti di epatocarcinoma”, il roadshow promosso da Roche con il patrocinio di EpaC Onlus che per la sua seconda tappa sbarca a Palermo. Nella splendida cornice di Palazzo Steri, sede dell’Università degli Studi di Palermo, con l’ausilio di autorevoli ospiti del settore si è discusso in un convegno dell’esperienza della rete siciliana per quanto riguarda la gestione dei pazienti affetti da epatocarcinoma.

Il tumore al fegato uno dei più aggressivi

Si tratta di uno dei tumori più aggressivi e una delle prime cause di morti oncologiche nel mondo. Si sviluppano in soggetti che soffrono di cirrosi a causa di epatite cronica (B o C) o di abuso di alcool, sindromi dismetaboliche, e si manifestano purtroppo in stadi avanzati. Oltre tredicimila i nuovi casi di tumori epatici stimati in Italia nel 2020, il 75% di questi sono epatocarcinomi.

In Sicilia, nello stesso anno, sono morte 12.700 persone a causa di un tumore, al terzo posto c’è il cancro al fegato (8% del totale). Ma per quanto riguarda l’isola, ci sono due buone notizie: una rete assistenziale all’avanguardia con un cambio di paradigma a livello organizzativo nella cura del tumore primitivo del fegato e una gestione dei pazienti che potrà essere effettuata quasi a chilometro zero, oltre a una forte evoluzione sul fronte dell’innovazione terapeutica. E proprio nel capoluogo siciliano, il gruppo di ricerca sulle malattie croniche del fegato dell’Università degli Studi di Palermo si attesta come uno dei più attivi in Italia.

Il tumore al fegato una delle principali cause di morte al mondo

“L’epatocarcinoma rappresenta una delle principali cause di morte nel mondo e prevede oggi la necessità di creare dei team multidisciplinari – ha dichiarato all’Italpress il rettore dell’Ateneo palermitano, Massimo Midiri -. L’Università è parte integrante di questo processo, stiamo creando una rete, un percorso diagnostico e teraupeutico specializzato nel settore.

Mira a creare per i pazienti che purtroppo sono portatori di questa patologia la prospettiva di avere un’assistenza a tutto tondo che vada dalla diagnosi alle terapie, con i migliori specialisti e soprattutto la capacità di integrazione tra i centri siciliani che si occupano di questa patologia. Permette un risparmio diagnostico, l’ottimizzazione dei tempi, la possibilità di creare un meccanismo che si traduce in un miglioramento assistenziale e di ricerca, con la possibilità di immagazzinare e scambiare dati che può rendere la Sicilia la regione leader in Italia su questo tipo di patologie”.

I responsabili della rete multidisciplinare per la diagnosi e terapia dei tumori primitivi del fegato, Calogero Cammà e Vito Di Marco, professori del Policlinico universitario Paolo Giaccone di Palermo, scendono maggiormente nei dettagli: “La rete è un progetto partito già da un anno e mezzo. Nel primo anno e mezzo di attività c’è stata una fase organizzativa complessa – ha spiegato Cammà -. Le difficoltà sono tutte superate, abbiamo mille pazienti in rete e questa è totalmente fruibile da parte dei medici e dei pazienti”, mentre Di Marco sottolinea come “l’organizzazione del progetto si basa su una piattaforma già funzionante, le scelte terapeutiche attuate, i dati del follow-up oncologico ed epatologico, un sistema di analisi radiologica e un sistema di tumor board in videoconferenza per collegare tutti i centri della rete”. Il modello palermitano è quello di un moderno progetto di rete assistenziale, con l’obiettivo di permettere a tutti i soggetti coinvolti di applicare le migliori evidenze cliniche e organizzative disponibili al processo decisionale, oltre a offrire un adeguato livello delle cure.

Tra le strutture maggiormente all’avanguardia figura l’Ismett

Tra le strutture maggiormente all’avanguardia figura l’Ismett, perfettamente integrato nell’ambito di questa rete assistenziale per fornire le migliori prestazioni ai pazienti siciliani, non più costretti a viaggi estenuanti per potersi curare: “Sentiamo il dovere di fare sempre il massimo per i nostri pazienti, vent’anni fa bisognava andare fuori dalla Sicilia con un notevole discomfort per loro e i familiari, ora no – ha esordito Salvatore Gruttadauria, direttore del dipartimento per la cura e lo studio delle patologie addominali Irccs-Ismett Upmc -. Per noi è una responsabilità, la nostra attività è integrata con la rete delle oncologie siciliane. Non esiste nessuna struttura che possa erogare servizi di qualità contando solo su se stessa, noi riusciamo a performare e soddisfare le richieste dei nostri pazienti perché siamo all’interno di questa rete, un vantaggio non per noi operatori ma soprattutto per i pazienti”.

“Quando parliamo di standard professionali dobbiamo ricordare che questi sono diversi di regione in regione, per cui ci sono disuguaglianze – ha commentato Nino Cartabellotta, presidente del comitato scientifico della Fondazione Gimbe -. Le modalità di lavoro in rete sono irrinunciabili nei percorsi assistenziali, la Regione Sicilia in questo ambito è antesignana in Italia dei modelli organizzativi. L’Agenas ha pubblicato le linee guida per la gestione e ha riallineato le diverse pratiche regionali. Bisogna – ha concluso – oliare e integrare i meccanismi organizzativi delle reti assistenziali e valorizzare le competenze professionali”.

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