I siciliani non spendono né investono, nelle banche tesoretto da 90 miliardi - QdS

I siciliani non spendono né investono, nelle banche tesoretto da 90 miliardi

Raffaella Pessina

I siciliani non spendono né investono, nelle banche tesoretto da 90 miliardi

martedì 23 Novembre 2021

Ruota economica “inceppata”, la Banca d’Italia: “I depositi bancari sono cresciuti dell’8,8% in un anno”. Federconsumatori Sicilia al QdS: “Il Covid ha aggravato le incertezze”

Sono 90,3 i miliardi di euro di famiglie e imprese in Sicilia “congelati” tra conti correnti, depositi bancari e titoli in custodia. Lo rivela la Banca d’Italia.
Risorse economiche ingenti, mica spiccioli, che ci restituiscono l’immagine di una ripresa economica tutta in salita per la nostra Isola perché parliamo di liquidità che, anziché essere immessa nel circuito economico giace su un binario morto.

“Come nel resto del Paese, le famiglie siciliane mostrano un atteggiamento cauto in termini di spesa – si legge nella relazione della Banca d’Italia – e le informazioni disponibili per il corrente anno ne evidenziano un recupero ancora parziale”.

Il Covid-19 e la crisi economica collegata al virus hanno trasformato l’innata propensione al risparmio dei siciliani in paralisi economica: non si spende e non si investe perché è troppo forte la percezione che abbiamo del futuro in tutta la sua drammatica incertezza. Se i soldi restano sui conti correnti, se continuiamo a metterli da parte e non vengono né spesi né investiti, è chiaro che non ripartono i consumi e non riparte la quota economica.

Sono 31,1 i miliardi di euro fermi sui conti correnti delle famiglie siciliane, 12,2 quelli delle imprese. Non solo le famiglie quindi, ma anche le imprese hanno impostato la propria strategia economica su un unico imperativo: risparmiare.

Se guardiamo ai depositi a risparmio, sono 24,3 i miliardi accumulati dalle famiglie e 743 i milioni messi da parte dalle imprese. Le cifre lievitano ulteriormente se ai conti correnti e ai depositi a risparmio si aggiungono anche i titoli a custodia (come i titoli di Stato, ecc), che per le famiglie ammontano a 20 miliardi di euro e per le imprese a 1,8 miliardi, portando ad una “immobilizzazione” di più di 90 miliardi di euro.

Spiega Bankitalia: “I depositi bancari detenuti dalle famiglie e dalle imprese siciliane sono cresciuti a giugno dell’8,8 per cento su base annua (11,5 a dicembre del 2020). I depositi delle famiglie, anche se in rallentamento, hanno continuato a espandersi a ritmi più sostenuti rispetto al periodo prepandemia (5,7 per cento a giugno del 2021)”.
“Il valore complessivo dei titoli a custodia detenuti presso il sistema bancario dalle famiglie e dalle imprese alla fine del primo semestre del 2021 è aumentato del 9,4 per cento – prosegue la nota della Banca d’Italia – dopo la sostanziale stazionarietà della fine dell’anno scorso. Al calo delle obbligazioni e dei titoli di Stato si è associata la sensibile espansione del valore delle azioni e delle quote di Oicr”.

La consistenza del denaro depositato nelle banche da imprese e famiglie varia ovviamente da provincia a provincia: al primo posto si piazza Palermo, con 18,7 miliardi “custoditi” nei conti correnti, 16,4 miliardi in depositi e 6,2 in titoli a custodia. Segue Catania con rispettivamente 12,9 miliardi di euro, 15 miliardi per depositi e altrettanti 15 per i titoli. Insieme, le due province rappresentano praticamente più del 50% della cifra totale regionale.

La Rosa (presidente Federconsumatori Sicilia): “Quando c’è crisi, è per tutti.

Presidente La Rosa, secondo Bankitalia a giugno 2021 i risparmi di famiglie consumatrici registrano un consistente +8,8% su base annua: guardando solo ai conti correnti, troviamo un tesoretto da 43,4 miliardi. Come legge questo dato: atavica propensione al risparmio o è il Covid che spinge i siciliani a tirare il freno a mano e che ci fa guardare al futuro con maggiore incertezza?
“Entrambe le cose: da sempre gli italiani hanno una forte propensione al risparmio e, in questo, non si sono mai registrate grandi differenze a livello regionale. Anche i siciliani, in molti casi, preferiscono mettere da parte piuttosto che spendere. Quello che cambia in Sicilia, più che altro, è il motivo che spinge i consumatori verso il risparmio. Da noi l’incertezza del lavoro è troppo spesso una certezza e, in queste condizioni, propendere verso il risparmio è logico, quasi doveroso: oggi lavori, domani non si sa. La questione va vista, tra l’altro, dal punto di vista generazionale: a causa dell’incertezza nel mondo del lavoro i giovani (ma anche i trentenni e persino i quarantenni) in Sicilia restano economicamente legati ai genitori più a lungo. I genitori, ovviamente, mettono da parte denaro per farsi trovare pronti qualora i figli abbiano bisogno. Il Covid, poi, ha aumentato a dismisura l’incertezza e ha fatto tutto il resto, causando buona parte di quel +8,8%. I dati vanno interpretati: +8,8% rispetto ad una situazione che già vedeva gli italiani, siciliani compresi, tra i popoli più risparmiosi d’Europa”.

Aumenta l’inflazione, rincari bollette, aumentano i prezzi delle materie prime: che effetto produrranno sui consumi? Aggraveranno la situazione? La percepiremo anche in Sicilia?
“Lo stiamo già percependo, a causa dell’aumento del prezzo dei carburanti alla pompa. Ancor più lo percepiremo a inizio dell’anno prossimo, quando i fornitori di luce e gas potranno effettuare gli aumenti delle tariffe: la legge prevede che il fornitore debba dare un preavviso minimo di tre mesi al cliente, i primi preavvisi sono arrivati già a fine settembre e inizio ottobre e i rincari veri e propri arriveranno in bolletta a febbraio-marzo 2022, cioè quando verranno emesse le fatture di gennaio-febbraio. A questi aumenti, poi, vanno aggiunti quelli che da tempo denunciamo sulle bollette del Sistema Idrico Integrato, cioè acqua e fognatura. In Sicilia, da questo punto di vista, stiamo messi malissimo tra bollette pazze, enti gestori non a norma e cittadini impotenti che si rivolgono ai nostri sportelli per chiedere aiuto nella lettura di una bolletta sempre più difficile da decifrare. In una situazione complessiva come quella di cui stiamo parlando, quindi, non è affatto strano che chi ha qualche euro in più lo metta da parte invece di spenderlo”.

Quanto pesa sulla ripresa economica il fatto che in Sicilia non si spende?
“Questo è un problema vecchio come l’Italia, anzi le Italie: quando c’è crisi, la crisi è per tutti, quando arriva la ripresa, riparte solo il Nord e, alla fine, l’Italia non fa il grande salto di qualità in Europa. Una speranza post Covid, però, c’è e va cercata nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nel Pnrr grandi risorse sono destinate alla digitalizzazione del Paese, che potrebbe sbloccare la Pubblica Amministrazione siciliana. Altri fondi sono previsti per la cosiddetta rivoluzione verde e la transizione ecologica che, almeno in teoria, dovrebbero avere proprio la Sicilia e il Sud come protagonisti viste le abbondantissime risorse energetiche rinnovabili. Altro capitolo del Pnrr: infrastrutture per la mobilità sostenibile. Anche in questo caso potrebbe essere l’occasione per colmare un enorme gap tra Nord e Sud. Insomma, le possibilità ci sono, ma bisogna saperle cogliere: sfruttare bene il Pnrr porterebbe investimenti e lavoro in Sicilia, quindi anche propensione alla spesa da parte dei cittadini-lavoratori-consumatori”.

Cosa succede nel resto d’Italia: un nucleo familiare su tre risparmia ma migliorano i consumi

La tendenza al risparmio dei siciliani riflette sostanzialmente la situazione in tutta Italia. Lo rileva la Banca d’Italia con la sesta indagine straordinaria sulle famiglie italiane, condotta, tra agosto e settembre su oltre 2.000 nuclei.

Permane cautela nelle prospettive di consumo soprattutto tra i meno abbienti, anche se le attese delle famiglie sull’economia italiana sono migliorate rispetto alla primavera scorsa. L’attenzione delle famiglie in momenti di pericolo si è quindi focalizzata sul risparmio in attesa di momenti migliori. Una famiglia su tre – rileva Bankitalia – è riuscita ad accantonare risparmi dall’inizio della pandemia e il 44% ritiene di riuscire a risparmiare nei prossimi 12 mesi (dato stabile). La propensione a spendere è in ripresa nei comparti più colpiti tra cui alberghi, bar e ristoranti. Le famiglie che hanno speso meno per alberghi, bar e ristoranti sono diminuite del 15% seppur ancora molte (pari ora al 71%, erano il 90%).
Tra le motivazioni che frenano la spesa, si legge nell’indagine, è rimasta invariata l’importanza attribuita alla paura del contagio; è sensibilmente diminuita quella associata alle misure di contenimento, in connessione con il venire meno delle restrizioni a partire dalla primavera. Permane tuttavia una certa cautela nelle attese di spesa a tre mesi, in particolare tra le famiglie con maggiori difficoltà economiche e tra quelle che nel mese precedente l’intervista hanno percepito un reddito più basso rispetto a prima della pandemia.

Le percentuali di famiglie che hanno fatto meno frequentemente acquisti in negozi di abbigliamento e per servizi di cura della persona sono significativamente scese, rispettivamente al 63 e al 57 per cento. Le attese sul reddito familiare restano stabili, è scritto nella relazione di Bankitalia: 3/4 del campione si aspetta entrate analoghe a quelle del 2020, mentre il 15% inferiori. Migliorano le valutazioni dei capifamiglia lavoratori autonomi, ora in linea con la media della popolazione.

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