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Incendio Ecomac, interrogazione del Pd a Palazzo Madama: i dubbi sulle autorizzazioni

Incendio Ecomac, interrogazione del Pd a Palazzo Madama: i dubbi sulle autorizzazioni
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In queste settimane sono state diverse le realtà ambientaliste che hanno chiesto interventi concreti da parte delle istituzioni.

Due incendi in meno di tre anni, le preoccupazioni per le ripercussioni sull’ambiente e la salute delle persone, il timore che non tutto ciò che andava fatto sia stato eseguito. A quasi due settimane dal rogo che è divampato nell’impianto di Ecomac – società che stocca rifiuti speciali, anche pericolosi nella zona industriale di Augusta – le domande su ciò che sia accaduto sono ancora tutte lì. I cittadini si chiedono quali possano essere gli effetti del vivere a pochi chilometri dalla colonna di fumo nero che ha ammorbato l’aria.

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A dover fornire le risposte sono le istituzioni: la procura di Siracusa che indaga per capire se dietro l’incendio possano esserci responsabilità penali, di natura colposa o dolosa, ma anche chi è chiamato a monitorare ciò che accade nel ciclo dei rifiuti dal punto di vista amministrativo. Il caso da qualche giorno è anche approdato al Senato, dove l’esponente del Pd Antonio Nicita ha presentato un’interrogazione rivolta al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

Era tutto in regola?

“Si chiede di sapere se la ditta Ecomac fosse in regola, alla data dell’incendio, con le autorizzazioni ambientali richieste dalla vigente normativa nazionale e regionale”. Nicita ha chiesto di fare luce sulla posizione dell’impresa titolare dell’impianto di stoccaggio. Un’istanza doverosa in casi come questi, ma che ha acquisito maggiore forza alla luce di ciò che accadde nell’estate del 2022: era agosto, quando un altro incendio divampò all’interno dell’area di proprietà di Ecomac. All’epoca la causa fu individuata in un fulmine.

“Secondo le prime informazioni diffuse dagli organi di stampa, il sito era già stato oggetto di segnalazioni per presunte irregolarità nella gestione dei rifiuti e per i rischi ambientali connessi”, si legge nell’interrogazione. Nicita ricorda poi ciò che seguì all’incendio del 2022. “I campionamenti dell’Arpa Sicilia effettuati tra il 22 agosto e il 7 settembre 2022 evidenziarono concentrazioni di diossine e furani pari a 459 femtogrammi per metro cubo, ossia circa 4 volte il limite guida per le aree urbane e superiori del 50 per cento rispetto ai valori consentiti in aree industriali – prosegue il senatore – Tali rilevamenti, peraltro, furono condotti solo nelle località di Priolo e Melilli, escludendo Augusta e Siracusa, pur essendo quest’ultima probabilmente tra le aree più colpite dalla nube”.

Il senatore dem lamenta anche la presunta carenza nella mappatura degli effetti di quell’incendio: “Non risultano ad oggi avviate indagini ambientali sulle matrici quali suolo, acqua superficiale e sotterranea, pascoli, prodotti ortofrutticoli e alimenti di origine animale, sebbene la persistenza delle diossine nel suolo si attesti in un arco temporale dai nove ai cento anni”.

Le criticità sono aumentate alla luce del nuovo incendio. “L’Arpa e le autorità sanitarie competenti hanno attivato monitoraggi ambientali, ma ad oggi non sono stati diffusi pubblicamente dati completi sull’eventuale dispersione di sostanze tossiche, né dati verificati sugli effetti prodotti dal nuovo incendio su aria, suolo e acqua, anche in relazione all’impatto per famiglie e imprese, in particolare quelle attive nel settore ortofrutticolo”, va avanti Nicita.

Piani di sicurezza

Alla luce di queste osservazioni, il senatore chiede quali sia la posizione del ministero. “Quali iniziative urgenti intenda assumere, anche tramite Ispra e Arpa Sicilia, per accertare le cause dell’incendio, la natura dei materiali coinvolti e l’eventuale rilascio di inquinanti e presenza di diossine e altre sostanze tossiche – chiede Nicita al dicastero guidato da Pichetto Fratin – Se non ritenga urgente avviare procedimenti ispettivi nella zona industriale, al fine di verificare se siano state adottate sufficienti misure precauzionali per la popolazione (evacuazioni, chiusure, divieti temporanei) e quali siano i dati disponibili, anche provvisori, sullo stato della qualità dell’aria a seguito dell’incendio e la dimensione dei rischi e dei danni attesi”.

L’allarme degli ambientalisti

In queste settimane sono state diverse le realtà ambientaliste che hanno chiesto interventi concreti da parte delle istituzioni. Tra queste c’è l’associazione Natura Sicula. “Essendosi verificato a distanza di soli tre anni dal primo, c’è il terrore e il sospetto che possa ripetersi – si legge in una nota a firma del presidente Fabio Morreale – Ci chiediamo se siano state rispettate le 45 prescrizioni che, in seno all’autorizzazione rilasciata il 9 ottobre 2020, il dipartimento regionale Acqua e Rifiuti aveva imposto alla Ecomac quali condizioni per il regolare esercizio dell’impianto. Lo chiedemmo tre anni fa, lo ribadiamo adesso”. Morreale ricorda poi come ad andare a fuoco siano stati materiali pericolosi.

“Tra i rifiuti che la Ecomac stoccava figurano carta, plastiche, ma anche rifiuti pericolosi come toner, elettroliti di batterie e accumulatori apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi, tubi fluorescenti e altri componenti contenenti mercurio. Tutti materiali altamente infiammabili, che imponevano l’attuazione di una serie di accorgimenti volti a scongiurare il pericolo incendio”, prosegue il presidente di Natura Sicula.

L’attivista torna poi sulle prescrizioni che erano state imposte alla ditta. “Un dettagliato elenco di limiti e misure di sicurezza era imposto per ridurre al minimo il rischio incendio: tettoie per lo stoccaggio dei rifiuti, divisione in settori, cartelloni identificativi, piani di emergenza e rigide distanze di sicurezza. Alla Ecomac – si legge – era stato imposto di dotare di copertura con tettoia e di setti divisori le aree esterne destinate allo stoccaggio dei rifiuti, limitando a tre metri l’altezza dei cumuli”.