Una nomina fatta senza tenere conto o quantomeno nell’inconsaspevolezza che la figura prescelta era totalmente inadeguata allo svolgimento dei compiti assegnati. C’è questo all’origine di un allungamento dei termini entro i quali si scoprirà se tra le campagne di Centuripe, per decine di ettari dove è tutt’altro che improbabile ritrovare reperti archeologici, verranno installati i pannelli fotovoltaici.
A decidere di prorogare l’iter sulla valutazione del progetto presentato dalla Ibvi 7, società che fa parte del gruppo tedesco Ib Vogt, è stato la scorsa settimana il Tar di Catania. Lo stesso a cui in precedenza l’impresa si era rivolto per denunciare un’iter burocratico che si era concluso con un diniego viziato da passaggi non regolari.
L’ordinanza
La prima sezione del Tribunale amministrativo etneo ha pubblicato il 12 settembre un’ordinanza con cui è stata accolta la richiesta della Ibvi 7 di sostituire il commissario ad acta che era stato nominato a febbraio scorso quando i giudici avevano accolto i rilievi dell’impresa, secondo cui la Regione Siciliana aveva stoppato il progetto per il mega-parco fotovoltaico da oltre 710mila moduli fotovoltaici e utili a produrre una potenza complessiva di 384 megawatt di picco.
All’origine del rifiuto c’era stato il parere con cui la Soprintendenza di Enna aveva stabilito che il progetto andava a sommarsi ad altri presentati dallo stesso gruppo imprenditoriale nell’entroterra siciliano, “con un effetto cumulo che produrrebbe una trasformazione abnorme di un territorio immenso e la scomparsa totale dell’antico paesaggio archeologico, storico e rurale della Sicilia interna”.
Il Tar
Per il Tar, tuttavia, quel parere da una parte era stato resto fuori dalla conferenza di servizi e poi, quando era stato riproposto con le modalità previste dalla normativa, era stato acquisito dalla commissione tecnica-specialistica in maniera passiva.
Specialmente se si considerava che lo stesso parere – nel quale si sottolineava che l’area in cui verrebbero installati i terreni, di proprietà della società Oikos, la stessa che gestisca la discarica di Motta Sant’Anastasia, è tra quelle “più dense di rinvenimenti archeologici della Sicilia centro-orientale” – non sarebbe dovuto essere vincolante.
Sulla base di queste considerazioni, il Tar aveva concesso alla Regione quattro mesi per tornare a esaminare nel merito il progetto, senza lasciarsi eccessivamente condizionare dalla Soprintendenza, prevedendo il subentro di un commissario ad acta in via sostitutiva.
A essere nominato come commissario è stato il capo del dipartimento Amministrazione generale, pianificazione e patrimonio naturale del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Il rifiuto
A inizio luglio, però, il commissario nominato ha comunicato di non essere nelle condizioni di svolgere il compito assegnato dai giudici. Con una nota depositata nel fascicolo giudiziario, infatti, ha prima “rappresentato di aver appreso della propria nomina quale ausiliario solo per effetto della nota del 27 giugno 2025 della società ricorrente” e poi sottolineato di “non poter assolvere in maniera adeguata all’incarico, e con competenze tecniche specifiche, in quanto la procedura in questione rientra nelle funzioni del dipartimento Sviluppo sostenibile, che annovera tra le proprie direzioni generali quale ufficio tecnico competente quella specifica sulle valutazioni ambientali”.
Per questo motivo dal ministero è arrivata la richiesta di sostituzione del commissario “per carenza assoluta di competenza nella materia in questione”.
L’istanza che è stata accolta con l’individuazione del nuovo commissario ad acta nel direttore generale della direzione generale valutazioni ambientali del dipartimento Sviluppo sostenibile dello stesso ministero.

