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Smog: grandi città e poli industriali dove in Sicilia l’aria resta fuori legge

Smog: grandi città e poli industriali dove in Sicilia l’aria resta fuori legge

Il rapporto di Arpa Sicilia mostra un peggioramento a macchia di leopardo della qualità dell’atmosfera tra il 2015 e il 2024: le aree produttive restano i punti più critici, ma anche Palermo e Catania superano i limiti

PALERMO – Venti frecce rosse, nove verdi. Le prime segnalano un andamento crescente degli inquinanti, le seconde descrivono una riduzione. È la rappresentazione grafica del test di Kendall realizzato dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa), utile a monitorare sul lungo periodo – in questo caso che va dal 2015 al 2024lo stato dell’aria in Sicilia. Il test serve per capire se i livelli di un inquinante stanno aumentando, diminuendo o restano stabili nel tempo, con l’obiettivo di trarre elementi di valutazione che prescindano dalle fluttuazioni casuali determinate da variazioni meteorologiche o stagionali.

I risultati dello studio sono riportati nel rapporto Qualità dell’aria 2024, da poco pubblicato dall’agenzia. Raccontano di un’isola in cui l’inquinamento, nell’ultimo decennio, in diverse zone – il test è stato sviluppato prendendo 13 stazioni di monitoraggio, tra cui quelle localizzate nel petrolochimico siracusano e negli altri noti centri industriali di Gela e Milazzo – ha registrato un aumento mediamente costante, mentre in un numero inferiore di casi un’inversione di tendenza.

La situazione nell’area del petrolchimico siracusano

Nel quadrilatero formato da Augusta, Melilli, Priolo Gargallo e Siracusa, la tendenza generale è a macchia di leopardo: nelle stazioni di Augusta e Augusta Megara, per esempio, si è registrato un andamento crescente del biossido di azoto e degli idrocarburi non metanici, mentre sono rimasti stabili il Pm10 (il particolato), il benzene e il biossido di zolfo. A Melilli, invece, per un’assenza di variazione sul Pm10, c’è invece un crescendo del dato sul biossido di zolfo. Qualche freccia verde a Priolo: dove il trend decrescente si registra per il biossido di azoto e gli idrocarburi non metanici, mentre sale per ciò che riguarda il biossido di zolfo e l’idrogeno solforato. Quest’ultimo, tra il 2015 e il 2024, ha avuto una costante diminuzione nella stazione Siracusa Belvedere, dove invece sono saliti via via i valori di biossido di azoto e biossido di zolfo.

A Termini Imerese valori in aumento

Soltanto frecce rosse – a eccezione di un trend stabile del particolato – a Termini Imerese, zona industriale del Palermitano: qui, infatti, nell’ultimo decennio sono saliti i valori di biossido di azoto, benzene, monossido di carbonio e biossido di zolfo. Trend in crescita anche a Misterbianco per quel che riguarda biossido di azoto, particolato e ozono.

Se lo spunto di interesse del test di Kendall sta nel descrivere cambiamenti significativi in quanto monitorati sul lungo periodo, altrettanta importanza va data su ciò che avviene nel presente. Lo studio dell’Arpa è stato pubblicato dopo avere elaborato i dati incamerati dalle stazioni nel corso dell’intero 2024. La rete regionale conta una sessantina di stazioni fisse distribuite nell’isola ed è operativa nella sua totalità dall’estate del 2021, a eccezione di una – situata a Cesarò – che sconta ancora le difficoltà nel garantire da parte di Enel la fornitura di energia elettrica (in pochi casi, invece, Arpa Sicilia gestisce stazioni di proprietà di aziende private come A2a Energiefuture Spa, Ram e Heidelberg Materials Italia Cementi Spa). L’ultima stazione fissa installata dalla Regione è quella di Vulcano, entrata in funzione un anno fa nell’ambito degli interventi disposti dalla Protezione civile in seguito alle elevate concentrazioni di anidride carbonica, biossido di zolfo e idrogeno solforato emessi dal vulcano.

I dati raccolti da Arpa Sicilia

I dati di Arpa, infine, sono raccolti anche tramite alcuni laboratori mobili, dotati della strumentazione necessaria a monitorare le emissioni in particolari zone che necessitano controlli speciali per l’elevato grado di rischio ambientale che si riscontra per le attività industriali presenti o in seguito a specifici episodi. Per ciò che riguarda la ripartizione del territorio, la Sicilia è ripartita in cinque differenti agglomerati: Palermo e comuni limitrofi, Catania e centri limitrofi, Messina, Aree industriali – comprendenti i centri sul cui territorio insistono le principali aree industriali e quelli sul cui territorio la modellistica di dispersione degli inquinanti atmosferici individua una ricaduta delle emissioni delle stesse aree industriali – e infine Altro, che indica tutto il resto del territorio regionale.

“Nel 2024 – si legge nella relazione dell’Arpa – sono stati registrati superamenti del valore obiettivo per l’ozono (O3) nella zona Aree Industriali e nella zona Altro; del valore limite della concentrazione media annua del biossido di azoto NO2 nell’Agglomerato di Catania e nell’Agglomerato di Palermo”. A riguardo nella relazione si sottolinea che “permangono criticità in particolare modo per le stazioni di traffico per le quali i valori massimi e mediani sono più elevati rispetto alle stazioni di fondo urbano e suburbano” e si dice espressamente che il 60 per cento delle emissioni totali, quando si parla di ossidi di azoto, sono addebitabili al settore dei trasporti stradali.

L’anno passato si è registrato inoltre il superamento “del valore limite della concentrazione media annua di Pm10 nell’Agglomerato di Palermo e del numero massimo di superamenti giornalieri concessi nell’Agglomerato di Palermo e Catania”. In merito al particolato, le particolari condizioni meteorologiche che si sono registrate più volte nel corso del 2024, con venti provenienti dall’Africa, hanno portato l’Arpa a rivedere al ribasso i valori registrati dalle centraline.

“L’elaborazione modellistica per valutare i giorni di intrusione di polveri sahariane, effettuata da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ndr), ha permesso di ridurre il numero di superamenti del limite giornaliero tenendo conto degli eventi di dust (sabbia) che in modo più o meno variabile hanno interessato le stazioni di monitoraggio – viene chiarito –. I giorni di superamento, dopo la correzione per gli eventi di dust, sono 50 per la stazione Palermo Boccadifalco e 25 per la stazione Catania-Viale Vittorio Veneto, quindi il superamento del limite normativo permane per la stazione appartenente all’agglomerato di Palermo. La concentrazione media annua – prosegue la relazione – media annua è stata ricalcolata, al netto degli eventi di dust, e per entrambe le stazioni è risultata pari a 34 g/m3, quindi inferiore al valore limite”.

In merito invece ai parametri di Pm 2,5, monossido di carbonio, biossido di zolfo, benzene, benzo(a)pirene e metalli pesanti – tutti normati dal decreto legislativo 155 del 2010, con cui l’Italia ha adottato la direttiva 2008/50 relativa alla qualità dell’aria – nel rapporto di Arpa si segnala che l’anno passato “nessun superamento è stato registrato”. Nella relazione sulla qualità dell’aria dell’Arpa non si fa esplicita menzione ai casi di incendi di importanti dimensioni verificatasi a ridosso di zone industriali. Il tema nel recente passato – qualche caso è avvenuto anche nel 2024 – è finito nel mirino delle critiche degli ambientalisti, allarmati dalle conseguenze sulla salute derivanti dalle emissioni causati dalla combustione di sostanze tossiche. Tuttavia, a seguito di ogni episodio, le rilevazioni di Arpa hanno quasi sempre ridimensionato le preoccupazioni.

E ora gli obiettivi fissati dall’Ue si faranno sempre più stringenti

La preoccupazione per i cambiamenti climatici e l’esigenza di rimanere allineati agli obiettivi dell’Unione Europea pone anche la Sicilia nella posizione di effettuare uno sforzo maggiore in materia di qualità dell’aria.

“Il 14 ottobre 2024 il Consiglio dell’Unione Europea – viene ricordato nella relazione – ha adottato formalmente una direttiva che stabilisce standard di qualità dell’aria aggiornati in tutta l’Ue, da raggiungere entro il 2030, che sono maggiormente allineati agli orientamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità”. Nel rapporto si ricorda come l’Ue abbia concesso ai singoli Stati “due anni di tempo per recepire la direttiva nel diritto interno”. La nuova direttiva punta a “ridurre significativamente i livelli di inquinanti atmosferici per il raggiungimento dell’obiettivo inquinamento zero, che l’Unione europea ha fissato per il 2050”.

Da questo punto di vista il 2030 è stato posto come traguardo intermedio. “I limiti previsti per il 2030 fanno riferimento alle nuove raccomandazioni dell’OMS anche se, in particolare per alcuni parametri, rimangono parzialmente superiori ai livelli raccomandati”. Tra le novità introdotte con la nuova direttiva di particolare interesse ci sono le modifiche ai limiti entro cui dovrà rimanere il particolato (Pm10): dimezza il valore relativo alla media annua e si riduce, seppur in maniera minore, quello della media giornaliera. Inoltre, le nuove regole introducono un quasi dimezzamento del numero di superamenti della media giornaliera che si potranno registrare in un anno: da 35 a 18.

Un richiamo all’esigenza di fare di più è incluso anche nelle considerazioni finali della nota con cui Arpa ha presentato il nuovo rapporto. “Le attività di monitoraggio hanno come obiettivo quello di stabilire lo stato di qualità dell’aria in modo da individuare, sulla base dell’Inventario delle emissioni le misure più idonee al miglioramento o al mantenimento della qualità dell’aria. A tale scopo la Regione ha adottato con delibera di giunta n. 268 del 18 luglio 2018 il Piano regionale di tutela della qualità dell’aria, alcune misure del quale a carico degli stabilimenti industriali sono state censurate dal Tar Sicilia, a seguito dei ricorsi di alcune aziende ricadenti nella Aerca di Siracusa e del Comprensorio del Mela”.

Da parte dell’Agenzia, tuttavia, c’è il convincimento secondo cui quelle misure hanno ragion d’essere. “Arpa Sicilia in merito ha prodotto diverse relazioni tecniche inviate a tutti i soggetti competenti in opposizione alle tesi riportate nei ricorsi e nelle sentenze, che spiegano la fondatezza scientifica delle elaborazioni riportate nel Piano”, si legge.

“È ormai noto a livello mondiale che l’adozione di misure volte al miglioramento dei processi di combustione e di tecnologie di abbattimento dei fumi nella produzione energetica e nell’industria e al passaggio dall’olio e dal carbone al gas naturale sono – conclude la nota – passaggi non più rinviabili per tutte le aziende per il miglioramento della qualità dell’aria e per contenere il riscaldamento globale che induce fenomeni meteorologici estremi”.