Due soccorsi in mare, nel tratto di Mediterraneo centrale che separa la Sicilia dalla Libia, in acque internazionali. La nave Ocean Viking, della Ong internazionale Sos Mediterranee ha preso a bordo 47 naufraghi ieri mattina, poco più tardi altri 40 dei quali 21 sono risultati minori non accompagnati. Poi l’attacco libico, ad opera di una delle motovedette d’altura di quella che viene definita Guardia costiera libica malgrado anche in questo episodio abbia confermato regole d’ingaggio da milizia che controlla militarmente il proprio territorio fino ad esplodere centinaia di colpi di mitragliatrice su una nave umanitaria in acque internazionali.
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Un “incidente” annunciato ieri pomeriggio dalla stessa Organizzazione non governativa internazionale che ha mostrato le ogive dei proiettili schiacciate contro il ferro della nave e gli oblò forati dalle raffiche. La motovedetta “2” utilizzata dalla Guardia Costiera libica durante l’attacco era stata donata dall’Italia nel 2023 nell’ambito del programma dell’Unione Europea “Support to Integrated Border and Migration Management in Libya” (Sostegno alla gestione integrata delle frontiere e della migrazione in Libia, ndr). Nel luglio 2023, la Ocean Viking aveva già subito un violento scontro quando una motovedetta simile che aveva aperto il fuoco vicino ai gommoni di soccorso durante un salvataggio. “Nonostante le nostre richieste pubbliche – afferma la Ong oggi – non è stata aperta alcuna indagine”.
La Croce Rossa condanna l’episodio
Il caso è stato commentato anche dalla Croce Rossa Italiana, per voce del suo presidente Rosario Valastro, che non ha fatto mancare la netta condanna per quanto accaduto. “Apprendiamo con sconcerto quanto accaduto alla Ocean Viking, un episodio che ci lascia basiti e profondamente preoccupati”, ha detto Valastro aggiungendo: “Non è accettabile che operatori intervenuti per salvare 87 vite vengano attaccati a colpi d’arma da fuoco a seguito di un rescue. La più sincera vicinanza all’equipaggio e alle persone migranti soccorse che, oltre allo svolgimento delle attività necessarie a far fronte al naufragio, hanno dovuto fare i conti con questo triste episodio che, ci auguriamo, non si ripeta mai più”. La Ocean Viking è nave di ricerca e soccorso noleggiata da Sos Mediterranee in collaborazione con la Federazione internazionale delle società della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC).
Raffiche di mitragliatrice ad altezza uomo, i fatti
“Ieri pomeriggio, alle 15:03 ora locale, la nave Ocean Viking, è stata deliberatamente presa di mira in un attacco a fuoco da parte della Guardia Costiera libica. Sebbene nessuno sia rimasto ferito fisicamente, tutti a bordo hanno temuto per la propria vita e le attrezzature di soccorso essenziali, così come la nave stessa, hanno subito danni significativi”. Lo fa sapere l’Ong dopo il dettagliato resoconto ricevuto dall’equipaggio mentre la nave fa rotta verso il porto siciliano di Siracusa.
La nave dovrebbe raggiungere il porto siciliano nel pomeriggio odierno, con gli 87 naufraghi a bordo ed un innumerevole quantitativo di fori sullo scafo. La motovedetta libica ha inseguito la Ocean Viking sparandole addosso, con il rischio più che concreto di uccidere qualcuno, in acque internazionali e mentre la nave umanitaria si trovava in navigazione. Quindi non durante un operazione Sar (Search and Rescue) né quale deterrenza estrema per allontanarla da una imbarcazione con migranti o naufraghi a bordo. Un inseguimento, con raffiche di mitragliatrice, a nove o dieci nodi. La velocità massima della nave, circa un terzo di quella della motovedetta.
L’intervento anti-soccorso dei libici
La sequenza e la dinamica degli eventi, che l’equipaggio della Ocean Viking relazionerà alle autorità italiane una volta a terra, è sintetizzato in questa breve descrizione che la stessa Ong ha reso: “Con 87 sopravvissuti già a bordo – soccorsi tra la notte di sabato 23 agosto e la mattina di domenica 24 agosto in due diverse operazioni – la nostra nave era stata autorizzata dal Centro di coordinamento italiano a interrompere la rotta verso il porto di sbarco assegnato e a cercare un’altra imbarcazione in difficoltà nelle acque internazionali. Mentre i nostri team erano impegnati nella ricerca del caso di soccorso, la Ocean Viking è stata avvicinata dalla motovedetta libica, che ha illegalmente chiesto di lasciare la zona e dirigersi verso nord.
L’informazione ci è stata fornita prima in inglese e poi in arabo, con la traduzione del nostro mediatore culturale a bordo, che ha informato dal ponte che la Ocean Viking stava lasciando la zona. Tuttavia, senza alcun preavviso o ultimatum, due uomini a bordo della motovedetta hanno aperto il fuoco sulla nostra nave umanitaria, iniziando un assalto durato almeno 20 minuti ininterrotti direttamente contro di noi. Al momento dell’attacco, la Ocean Viking si trovava in acque internazionali, a circa 40 miglia nautiche a nord della costa libica, quando è stata avvicinata da una motovedetta di classe Corrubia della Guardia Costiera libica.”
L’intervento della nave militare della Nato
“Durante l’assalto – prosegue la ricostruzione dei fatti fornita dall’equipaggio – la motovedetta ha circondato la Ocean Viking, prendendo di mira deliberatamente i membri dell’equipaggio sul ponte, la parte della nave dove si svolgono le operazioni di navigazione e di governo. L’attacco ha causato fori di proiettile all’altezza della testa, la distruzione di diverse antenne, quattro finestre rotte sul ponte e diversi proiettili che hanno colpito e danneggiato i tre RHIBS (motoscafi di soccorso veloci), insieme ad altre attrezzature di soccorso”.
A questo punto, in acque internazionali, non potendo sfuggire all’attacco armato dei libici per una marcata differenza di velocità dei natanti, la Ocean Viking ha chiesto a sua volta aiuto ad altra nave: “Mentre l’attacco era in corso, le squadre di Sos Mediterranee e dell’Ifrc hanno messo in sicurezza gli 87 sopravvissuti prima di rifugiarsi all’interno della nave. Fortunatamente, nessun membro dell’equipaggio o sopravvissuto a bordo ha riportato ferite. Dopo l’incidente, la Ocean Viking ha lanciato un segnale di soccorso e allertato la NATO, chiedendo protezione e assistenza. La nostra nave è stata indirizzata alla più vicina unità della NATO, una nave della marina italiana. Tuttavia, la marina italiana non ha mai risposto alla chiamata”.
Il porto non assegnato di Siracusa
In seguito alla richiesta delle autorità italiane, la Ocean Viking si sta dirigendo ad Augusta invece che a Siracusa per sbarcare gli 87 superstiti. Svolta dunque rispetto a quanto deciso in precedenza, con Il capitano della Ocean Viking che aveva esercitato la sua autorità superiore per impostare la rotta verso Siracusa, il porto di origine, per sbarcare tutti gli 87 sopravvissuti ed effettuare le riparazioni critiche necessarie.
Nel frattempo, le organizzazioni non governative che finanziano le operazioni della Ocean Viking chiedono “che venga condotta un’indagine approfondita sugli eventi di ieri pomeriggio e che i responsabili di questi atti che mettono a repentaglio la vita delle persone siano assicurati alla giustizia”. A questo, Valeria Taurino, direttrice generale di Sos Mediterranee Italia aggiunge esplicitamente la richiesta della “cessazione immediata di ogni collaborazione europea con la Libia”. Afferma Valeria Taurino: “Non possiamo accettare che una guardia costiera riconosciuta a livello internazionale compia aggressioni illegali”.
Gli ultimi feretri lasciano Lampedusa
Il trasferimento delle ultime tre vittime del naufragio occorso il 13 agosto e costato la vita ad almeno 26 persone è stato disposto per oggi, a mezzo nave di linea che collega Lampedusa alla Sicilia mediante il porto agrigentino di Porto Empedocle. Erano gli ultimi tre feretri rimasti sull’isola, al termine di un trasferimento frastagliato che ha diviso le bare delle vittime in diversi viaggi verso diversi cimiteri.
Tre bare da una parte, tre superstiti dall’altra. Anch’essi, tutti e tre egiziani, in partenza oggi per un rimpatrio con cui si conclude la disavventura finita in tragedia. Le tre bare non sono però quelle delle ultime vittime delle traversate nel Mediterraneo centrale. Tre bambine, imbarcatesi in Libia, che sono state trovate esanime a bordo di un gommone.
Save the Children: “Porre fine alle continue tragedie”
“Siamo profondamente affranti di fronte all’ennesima tragedia nel Mediterraneo che ha provocato la morte di tre sorelle rispettivamente di 17, 12 e 9 anni, provenienti dal Sudan che avrebbero perso la vita mentre viaggiavano su un gommone assieme alla loro mamma ed altri due fratelli. In tutto sono state tratte in salvo 68 persone, arrivate a Lampedusa con la nave Nadir”. Questa la dichiarazione di Giorgia D’Errico, direttrice delle Relazioni istituzionali di Save the Children Italia.
“Anche in questo caso – prosegue D’Errico – a pagare il prezzo più alto di un sistema di soccorso e protezione inefficace, sono stati dei minori, delle bambine nello specifico, che hanno intrapreso un pericoloso viaggio per poi imbarcarsi in Libia verso le nostre coste, cercando un futuro migliore in Europa”.
Per voce della direttrice delle Relazioni istituzionali, Save the Children ha lanciato quindi un chiaro appello alle istituzioni: “Ci chiediamo, a quante morti di bambine, bambini e famiglie di migranti dovremo ancora assistere prima che si concretizzi un sistema coordinato di ricerca e soccorso in mare che eviti tragedie come queste. Un sistema che, oltre a contrastare il traffico di essere umani in mano a criminali senza scrupoli, permetta alle navi impegnate in zona SAR di continuare a salvare vite in mare”.
I dati sugli sbarchi nel 2025
Sabato sera, a Lampedusa, il vascello Ong Nadir era entrato in porto con i naufraghi soccorsi e le salme delle tre giovani migranti sudanesi decedute. Nel frattempo gli sbarchi di migranti dalla costa nordafricana non si sono fermati. Un centinaio poco dopo l’approdo della Nadir, sabato sera, poi senza sosta altre decine per ogni barca fino alla metà di questa mattina con ulteriori sessanta circa. Secondo il cruscotto statistico del Viminale sono state superate le 40.000 unità. Il dato è aggiornato al 22 agosto, ma alle 39.979 vanno aggiunte le ultime centinaia approdate tra sabato, domenica e lunedì mattina. Oltre, ovviamente, alle vittime che si aggiungono alla lunga silenziosa strage nel Mar Mediterraneo.
Il totale dell’anno in corso è ben lontano dal dato riferito allo stesso periodo del 2023, quando al 22 agosto erano sbarcate sulle nostre coste già 105.833 persone, ma è lievemente superiore al totale comparabile dello scorso anno (38.191 migranti sbarcati al 22 agosto 2024). Il nuovo intervento armato della Guardia costiera libica apre adesso di nuovo la discussione sul metodo di deterrenza, mentre la sequenza di partenze non accenna a diminuire. Lieve ma non sostanziale la diminuzione del numero di minori non accompagnati, quest’anno 6.985 contro gli 8.752 dello stesso periodo del 2024.
I Comuni in crisi sui Msna
Sul caso dei minori però si è aperto un altro dibattito, sul piano politico, a causa del taglio delle risorse previste dal Fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (Msna) a favore dei Comuni. Subito, già a fine luglio, era stato lanciato l’allarme ed ai primi di agosto c’era stata la levata di scudi dell’Anci dopo che la lettera inviata dall’Associazione nazionale ai ministri competenti in data 12 giugno 2025 era rimasta inascoltata. Su questo fronte, intervenendo d’ufficio il Tribunale per i minori competente per il luogo di sbarco, la Sicilia è chiaramente la Regione con i Comuni più esposti alla sofferenza economica per questo tipo di accoglienza.
“Manifestiamo la forte preoccupazione dei Comuni siciliani in merito alle recenti decisioni che prevedono un drastico ridimensionamento dei fondi statali destinati all’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”, aveva detto ai ministri competenti il primo di agosto il presidente di Anci Sicilia, Paolo Amenta. Il 12 agosto, 70 Comuni siciliani direttamente impegnati nella gestione dell’accoglienza ai minori stranieri non accompagnati si sono riuniti per discutere del taglio al Fondo.
L’Associazione siciliana aveva in quell’occasione chiesto il coinvolgimento diretto del Governo regionale e delle Prefetture dell’Isola al tavolo nazionale che vede la partecipazione di Anci, del Ministero dell’Interno e del Ministero dell’Economia, “in modo tale da poter individuare tempestivamente una soluzione per questa vicenda”. A rischio sia i servizi che i posti di lavoro, per una gestione che ha già dimostrato, nel corso di oltre vent’anni e con tutti i governi che si sono avvicendati a Roma, non consente facili previsioni.




