Fra 39 giorni tutto sarà finito. E votandosi un solo giorno è probabile avere i risultati in nottata ed all’indomani i definitivi. E quanto accaduto con la caduta del governo Draghi, ma di fato iniziato in Febbraio con la elezione del Capo dello Stato – bronci, incomprensioni, tradimenti ed equivoci – passerà a quella che viene chiamata storia ma che è un “nunc” dell’archiviazione degli accadimenti.
Il breve tempo tra la decisione delle elezioni e il giorno (unico per fortuna!) di votazione è di certo se non causa, concausa di questo osceno scenario cui stiamo assistendo. Litigi, incoerenza, abiure, tradimenti, formazioni di nuovi partiti e dissoluzioni di altri: insomma un quadro sconcertante aggravato da una pandemia che persiste, vaiolo delle scimmie, guerra a due passi, mentre i mercati non sembrano impressionarsi più di tanto delle sceneggiate politiche del nostro Paese affollato da turisti interni ed esteri. I sondaggi inequivocabili, ma opinabili per chi li legge, vedono una destra prevalere con l’onore e onere di dare un Governo al Paese. Che grazie “agli affari correnti”, ma in tempo di emergenza, sta consentendo a quello in carica di portare a termine una serie di risultati indispensabili alla vita del Paese.
In tanti pensano di sedersi a Palazzo Chigi. Ma per la prima volta vengono indicati politici donne che farebbero voltar pagina alla supremazia maschile dal 1946 ad oggi. Non male: posto che esse sono maggioranza ed ormai ricoprono tantissime posizioni di grande rilievo. Una appare più possibile, la Meloni, che sfoggia la sua conoscenza delle lingue – ben tre – dimostrando che sarebbe capace di interloquire all’estero – Europa soprattutto – capire e farsi capire; e soprattutto è appoggiata dalla sua alleanza, pare in modo onesto. Non male. La persona ha dimostrato di essere buon leader, credibile, onesta, preparata, umile e non manda messaggi cifrati ma si esprime con chiarezza: a volte magari eccessiva.
Draghi, che tace e lavora testa bassa, attende. Esclude che possa tornare con un Parlamento ben diverso in piazza Colonna ma, forse di notte, si ricorda di un “pourparler” avuto con il Colle al momento della sua chiamata, quando ancora sembrava certo che il suo inquilino se ne stesse andando nella casa già affittata. Il quale ha fatto il sacrificio di accettare il secondo mandato, ma non di portarlo a termine: anche per ragioni di età.
Un cambio di guardia al Colle per dimissioni e la elezione di chi ci sarebbe dovuto già essere darebbe all’Italia quella serietà, certezza e concretezza di cui Draghi ha parlato nella sua ultima conferenza stampa.
In fondo i “nonni” servono a questo. Quando tutti vanno a lavorare od in vacanza, rimangono a casa. E, nel nostro caso, danno quella credibilità e competenza internazionale che al momento nessun altro, se non il vecchio banchiere, può dare al mondo.
Spero non svegliarmi quando sogno scenari del genere.