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Così il sole e i raggi Uvb uccidono il Covid in 20 secondi

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Così il sole e i raggi Uvb uccidono il Covid in 20 secondi

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martedì 01 Giugno 2021

Ricerca italiana pubblicata oggi, Clerici (docente di Patologia generale Università statale Milano): "In spiaggia bastano veramente 10-20 secondi di Uva e Uvb per uccidere completamente il virus"

“Abbiamo dimostrato che raggi Uva e Uvb del sole nel
giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2
“.
Lo afferma Mario Clerici, docente di Patologia generale
all’Università Statale di Milano
e direttore scientifico dell’Irccs di Milano
Fondazione Don Gnocchi, autore, insieme al gruppo di ricerca dell’Istituto
nazionale di astrofisica, di uno studio tutto italiano pubblicato oggi in
preprint.

“Questo studio – spiega Clerici
all’Adnkronos Salute – è essenzialmente il seguito di un precedente lavoro che
avevamo fatto l’anno scorso quando avevamo visto che i raggi Uvc che sono una
componente dei raggi solari che però non arriva sulla terra, uccidevano il
Sars-Cov-2 dopo un’esposizione di pochi secondi.

Però gli Uvc – ribadisce Clerici – non
arrivano sulla terra, quindi quei dati erano importanti solo da un certo punto
di vista. Adesso, abbiamo visto che anche gli Uva e Uvb che sono i raggi che
arrivano sulla terra, ci abbronzano e ci riscaldano, nel giro di poche decine
di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2. Dunque – sottolinea – abbiamo
esattamente replicato i dati sugli Uvc però dimostrando questa volta che tutti
i raggi solari distruggono il virus. E fra l’altro – aggiunge l’immunologo – il
tempo necessario, quando per esempio si è in spiaggia con il sole che viene
amplificato dal riverbero sulla sabbia o sull’acqua, è ancora più breve. Quindi
in spiaggia – afferma Clerici – bastano veramente 10-20 secondi di Uva e Uvb
per uccidere completamente il virus
“.

“La
nostra idea – spiega il ricercatore – è che questo, insieme alla percentuale
sempre più alta di vaccinati, spieghi perché con la bella stagione stiamo
superando la problematica”. Ma allora perché in Brasile durante l’estate,
così come in India si sono verificati una valanga di contagi? “Innanzi
tutto c’è da dire che il sole – sottolinea Clerici – non è il solo elemento che
giustifichi tutto quello che osserviamo. In India hanno contribuito le feste
religiose con i bagni nel Gange e poi c’erano i monsoni, quindi c’era tutta la
velatura dei raggi solari dovuta alle nuvole. In Brasile sappiamo tutti quello
che è successo – aggiunge l’immunologo – purtroppo hanno pagato la gestione
Bolsonaro, perché è vero che servono i raggi solari però servono anche le
mascherine, i vaccini e tutto il resto”.

Ad ogni modo
gli esperimenti hanno confermato l’efficacia del sole contro il Covid-19.
“Si vede proprio in una visualizzazione – dice l’immunologo – l’effetto
dei raggi solari sul virus: se non lo esponi ai raggi solari il virus infetta
le cellule, se lo esponi ai raggi solari lo uccidi”.

Una scoperta
che potrebbe avere eccellenti applicazioni nella vita di tutti i giorni per
sterilizzare oggetti e ambienti dal virus. “I dati dell’anno scorso erano
importanti perché hanno portato allo sviluppo di dispositivi che svolgevano
proprio questa funzione ma i raggi Uvc – ricorda lo scienziato – sono
pericolosi per la cute umana, quindi non si poteva stare nella stessa stanza
dove venivano applicati. I raggi Uvb invece no, sono i raggi che ci toccano
normalmente quando usciamo al sole, per cui questa scoperta ha un’importanza
molto più alta”. Insomma se mettessimo delle normali lampade solari negli
autobus potremmo risolvere un problema? “Sì. A parte il fatto che ne
usciremo tutti più abbronzati e più belli, quello che suggeriscono questi dati
è proprio questo”.

Ma vediamo
come si è arrivati alla dimostrazione sperimentale di questa scoperta.
“Gli astrofisici hanno collegato una macchinetta che produce i diversi
raggi solari in maniera distinta, quindi solo gli Uva o gli Uvb o gli Uvc
piuttosto che gli ultravioletti – spiega Clerici – poi abbiamo messo la
macchinetta sotto una cappa, abbiamo preso le cellule polmonari e abbiamo
buttato sopra il virus. E il virus che è stato esposto oppure no alle diverse
componenti dei raggi solari. Dapprima – chiarisce l’immunologo – abbiamo usato
una dose massimale di virus, quindi molto molto più alta di quella che si ha in
un soggetto con Covid. E poi abbiamo usato la dose presente in un paziente con
Covid severo, per vedere se poteva avere anche una potenziale importanza
clinica. Ed effettivamente è così: si inattiva nel giro di pochi secondi la
quantità di virus che è quella che nei pazienti provoca il Covid severo”.

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