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Sono impresentabili, ma la gente li vota

Sono impresentabili, ma la gente li vota
Elezioni comunali – elezioni amministrative – voto – Imagoeconomica

Il Popolo ha sempre ragione

E così Giani è stato confermato presidente della Regione Toscana, anche lui con un distacco notevole dall’avversario.
In pratica si è verificato un evento uguale e contrario a quello della Regione Calabria, quando Occhiuto presidente ha distanziato l’avversario dello stesso stacco.

A parti rovesciate si sono sentite le identiche dichiarazioni di vincitore e perdente, della parte vincitrice e di quella perdente. Insomma, il copione del teatrino è stato il medesimo e con molta probabilità sarà uguale a quello delle prossime elezioni in Puglia, Campania e Veneto.
Mentre si è confermato il gravissimo e preoccupante dato del calo dei/delle votanti della civilissima regione Toscana, patria di Dante, ove metà di quegli/quelle abitanti non è andata a votare, dimenticando gli insegnamenti secolari secondo cui è un dovere partecipare alla vita pubblica, soprattutto nel momento cruciale del voto, oltre che con le manifestazioni in piazza.

Prima di ognuna di queste elezioni, alcuni giornali (di parte) hanno preso l’abitudine di stampare le fotografie di molti/e candidati/e, dichiarandoli/e “impresentabili” per questa o per quella accusa, per questo o per quell’avvenimento di processo, per questo o quell’evento riguardante la nomina di parenti in posti pubblici e così via elencando.
Però, nonostante questo scandalistico disdoro dell’etica giornalistica, tali “impresentabili” poi vengono eletti/e regolarmente. Vorremmo chiedere a questi/e cosiddetti/e giornalisti/e, amanti dello scandalo e non del rispetto del Testo unico dei doveri, se il loro comportamento, disatteso dal Popolo, sarà perpetuato.

Non sanno costoro che in Democrazia è proprio chi vota che ha sempre ragione, anche quando smentisce intellettuali (o pseudo tali), pensatori/trici (o pseudo tali), critici di professione senza cultura e conoscenze e tanti/e altri/e che dovrebbero avere il pudore di esprimersi dopo opportuna riflessione e in base a letture, conoscenze e fatti accaduti negli ultimi secoli.
Purtroppo questo non accade, con la conseguenza che troviamo sulle pagine di giornali, nelle rubriche e in spettacoli radio-televisivi tanti “blablatori”, che volutamente cercano di confondere chi legge o ascolta.

La questione che commentiamo oggi rientra in quella più ampia, che è anche un nostro mantra: “Cultura è Libertà”. Stiamo cercando di diffondere il tema a livello nazionale in tutti i tipi di media, trovando non poche difficoltà da parte dei vertici degli stessi nell’accettare una questione fondamentale, che obiettivamente ha scarso appeal perché la maggior parte della gente di questioni di fondo di grande serietà e importanza non vuol sentire parlare, proiettata com’è verso svaghi e divertimenti.

La responsabilità di quanto precede è anche di coloro che occupano i vertici di associazioni, sindacati, confederazioni e simili, i quali in tutte le occasioni parlano di diritti, diritti e diritti, ma negli ultimi cinquant’anni poco ho sentito parlare di doveri, che devono precedere i diritti.

Com’è che non si rendono conto, codesti/e responsabili (o irresponsabili), del fatto che la gente, disorientata da tutte le cose che legge negli smartphone e non capendo veramente come funzionano gli eventi, è manipolabile e spara stupidaggini a raffica pensando di essere dalla parte della ragione, mentre si trova dalla parte della nullità.

Il Popolo, dunque, ha sempre ragione, per cui tutti/e coloro che discettano di questo e di quello, anche aumentando il tono della voce – come se urlando ci si facesse ragione, quando è esattamente il contrario – non sanno alla fine dove aggrapparsi, forse perché non hanno veramente capito quello di cui stanno parlando.

Chi non capisce e parla lo stesso, facilmente vaga nell’oceano delle stupidaggini, dei nonsense e di tutte quelle amenità che alimentano la confusione e quindi consentono ai soliti gruppi di potere, alle lobbies e ad altri potenti di pescare nel torbido, cioè di tirare il lenzuolo della Cosa pubblica dal proprio lato, scoprendo quello dei/delle cittadini/e, che, trovandosi spesso in una condizione culturale di inferiorità, possono essere facilmente abbindolati/e.