Presentato uno studio sulle “Infrastrutture energetiche” sviluppato da Confindustria Energia. Ricci: "Costruire una traiettoria di decarbonizzazione che non lasci indietro nessuno"
ROMA – Accelerare sullo sviluppo di investimenti in infrastrutture energetiche e nel rispetto dei tempi previsti, puntando, in Italia e in Europa, su un modello di sostenibilità integrata nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale, con uno sguardo lungo al Mediterraneo. Decarbonizzazione (energia e mobilità), sicurezza energetica, ottimizzazione risorse e livelli occupazionali: sono i punti chiave dello Studio “Infrastrutture energetiche per una transizione sicura e sostenibile”, sviluppato da Confindustria Energia, con la partecipazione delle sue Associazioni, H2IT e delle società Snam e Terna con il supporto analitico di PwC Strategy &, e presentato oggi a Roma alla presenza del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
“Evoluzione delle infrastrutture energetiche (fondamentali nella transizione), da un lato, e sostenibilità economica e sociale (ovvero mantenimento dell’occupazione e della competitività delle aziende) dall’altro, sono due facce della stessa medaglia”, ha ribadito il presidente di Confindustria Energia Giuseppe Ricci, sottolineando che “solo costruendo una traiettoria di decarbonizzazione che ricerchi per ogni ambito e settore la massima efficacia ed efficienza gestendo attentamente la transizione e che non lasci indietro nessuno, stimolando la ricerca e lo sviluppo e valorizzando tutte le tecnologie disponibili e il loro reale potenziale, sarà possibile traguardare tutti gli ambiziosi obiettivi del Fiftfor55 e RepowerEU al 2030 e del Net Zero Carbon al 2050”.
Lo scenario “sostenibilità integrata” elaborato da Confindustria Energia, per le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore, coglie al meglio le potenzialità del settore energetico nazionale e valuta in 182 miliardi di euro gli investimenti previsti nel periodo 2022-2030, che si traducono in un valore aggiunto totale di 320 miliardi di euro, nell’impiego di 380 mila ULA (unità di lavoro annue) ed in una riduzione di emissioni pari a -127 Mton CO2/anno nel 2030.
“Un piano integrato di investimenti – ha aggiunto il presidente Ricci – che presenta benefici sul sistema Paese in termini di crescita economica, di ricadute ambientali e occupazionali con investimenti valutati secondo criteri di neutralità tecnologica, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, di sicurezza energetica e di sostenibilità sociale, attraverso infrastrutture energetiche flessibili e resilienti. È la proposta di Confindustria Energia in vista dell’elaborazione del nuovo PNIEC e dell’adeguamento del PNRR al REPowerEU”.
Inoltre, l’estesa adozione del modello di economia circolare come parte integrante dello sviluppo dei progetti, incentiva un modello di sostenibilità per la transizione ecologica valorizzando le competenze e il know-how delle filiere nazionali. “Sarà fondamentale, infatti – ha ribadito Ricci -, assicurare la tenuta sociale del sistema, ovvero prestando attenzione allo sviluppo delle nuove filiere che dovranno sostituire quelle in declino, valorizzando la riconversione e non la dismissione dei settori, salvaguardando occupazione diretta e indiretta, riconvertendo le professionalità e valorizzando le infrastrutture e i tessuti imprenditoriali locali esistenti”.
“Dal piano integrato – ha spiegato Roberto Potì, vicepresidente e coordinatore dello Studio – emergono diverse leve complementari tra di loro che mirano ad una transizione sostenibile, a partire da una posizione geografica ottimale per l’ulteriore crescita di fonti rinnovabili e per la diversificazione delle rotte di importazione del gas. L’Italia può contare inoltre su riserve di gas naturale non utilizzate, su capacità di stoccaggio incrementabili e su reti di trasporto e trasmissione diffuse nel territorio. La sua leadership in Europa nella produzione di biocarburanti e le importanti eccellenze nei processi di economia circolare, completano il quadro delle opportunità disponibili”.
“I progetti individuati nello studio – ha aggiunto Potì – potrebbero consentire entro il 2026 l’avviamento dei cantieri per 62 miliardi di euro, un segnale concreto per l’accelerazione della transizione energetica, nel quadro di una strategia proiettata oltre l’attuale fase emergenziale e con una visione geopolitica per il nostro Paese anche di maggiore collaborazione con i Paesi del Mediterraneo, area di tradizionale presenza degli operatori italiani, al fine diversificare gli approvvigionamenti energetici e di incentivare lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e integrabili”.
Il gas manterrà in Italia un ruolo indispensabile nel medio termine, nonostante il consistente sviluppo previsto per le fonti rinnovabili elettriche, e non sarà completamente sostituibile dal biometano e dall’idrogeno. Sarà quindi necessaria anche la realizzazione di sistemi di stoccaggio e di utilizzo della CO2 per accelerare i processi di decarbonizzazione in alcuni settori industriali.
“Per raggiungere gli obiettivi del Fit for 55 e del REPowerEU – si legge in una nota – è necessaria una forte accelerazione nell’avviare nuovi investimenti nei prossimi anni. La scarsa rilevanza (5%) del sostegno dell’attuale PNRR agli investimenti previsti fa auspicare una sua revisione o l’individuazione di strumenti finanziari analoghi per realizzare le infrastrutture complementari alle fonti rinnovabili e necessarie alla transizione energetica sostenibile e resiliente delineata dal REPowerEU. L’aggiornamento del PNIEC e la revisione del PNRR offrono l’occasione per un confronto con il Governo su programmi coordinati di realizzazione delle infrastrutture energetiche, che siano di riferimento per le decisioni di investimento nel medio -lungo periodo, sostenute dalla definizione di un articolato quadro di “fattori abilitanti” di carattere normativo, autorizzativo e finanziario”.
“La condivisione con le comunità locali delle priorità strategiche, dei criteri progettuali adottati per minimizzare l’impatto ambientale, la definizione ex ante delle ricadute economiche e occupazionali anche attraverso confronti sindacali e uno stretto coordinamento tra Enti autorizzativi nazionali e regionali, sono i presupposti per la definizione nei tempi previsti delle iniziative proposte”.