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Speriamo che l’Europa si svegli

Speriamo che l’Europa si svegli
Mario Draghi

Per Draghi serve una svolta radicale e un’Unione più forte, anche sul piano politico e militare

Recentemente l’ex presidente del Consiglio italiano e della Bce, Mario Draghi, è tornato a scuotere l’Europa invitandola a cambiare strada e diventare qualcosa di meno evanescente, compiendo una svolta radicale sia in termini politici, sia in termini strutturali e istituzionali. Fra crescita bloccata, minaccia di dazi Usa e tensioni fra Trump e Zelensky, le ultime settimane hanno fornito un chiaro promemoria sulle condizioni di reale vulnerabilità dell’Europa.

Per Draghi, ed è la prima volta che lo fa in maniera così esplicita, la dipendenza del Vecchio Continente dalla domanda estera rappresenta un elemento di forte debolezza dell’Unione. L’insufficienza decennale della crescita interna causata dal declino demografico e dall’invecchiamento della popolazione, dall’incapacità dell’Europa di lanciare e finanziare politiche di sviluppo al passo con quelle dei suoi vari competitor mondiali, in particolare Usa e Cina, ha spinto le imprese dei due grandi Paesi industriali dell’Unione, Germania e Francia, a cercare nell’export la via di uscita. Appare di tutta evidenza che questo modello, in un mondo turbolento e in cui il commercio mondiale si sta regionalizzando, stia mostrando le sue debolezze. Questo è il motivo per il quale l’ex premier italiano sostiene che solo un cambiamento profondo può portare la Ue fuori da questa situazione difficile.

Secondo Draghi la situazione di crisi in cui ci troviamo è riconducibile a due motivi: il primo è la lunga incapacità dell’Unione europea di affrontare i suoi vincoli di fornitura, in particolare le sue elevate barriere interne e gli ostacoli normativi, che potrebbero diventare molto più dannosi per la crescita di qualsiasi tariffa che gli Usa potrebbero imporre. In tal senso, il Fmi stima che le barriere interne dell’Europa equivalgano a una tariffa del 45% per la produzione e del 110% per i servizi. Draghi, ed è questo il secondo motivo, lamenta come la normativa Ue abbia ostacolato la crescita delle aziende tecnologiche. Insomma, il mondo corre veloce e non aspetta le incertezze europee. Ma ora è chiaro che agire in questo modo non ha portato né benessere agli europei, né finanze pubbliche sane, né tantomeno autonomia nazionale, che al contrario è minacciata dalle pressioni dall’estero. Ecco perché è necessario un cambiamento radicale. L’analisi di Draghi appare del tutto molto condivisibile ma non sufficiente.

Un’Europa forte economicamente, ma non altrettanto forte istituzionalmente e militarmente, infatti, continuerebbe a pesare poco. Ecco perché è necessario mettere mano urgentemente ad uno step capace di trasformare l’Ue in una Federazione o in una Confederazione con misure riguardanti la politica estera comune, la difesa comune, la giustizia comune e comuni regole in altri settori strategici quali potrebbero essere l’energia, il green deal ed i costi, ovvero i risparmi, che ne deriverebbero.

Dalle prime scelte delle nuova Commissione Von der Leyen si percepisce qualche buon proposito ma poche scelte concrete. Siamo sicuri che sia lei la persona capace di compiere i passi necessari nella direzione auspicata? Il mondo corre veloce e non aspetta le incertezze europee. Draghi, ovviamente, non risponde a questa domanda, anche perché la risposta potrebbe essere proprio lui.

Alcuni elementi, però, appaiono assolutamente certi e chiari: non è possibile perdere tempo, non è possibile ritardare i processi decisionali, non è possibile dividersi su qualsiasi questione ragionando in termini di consensi in politica interna e non in termini di politica comunitaria, l’Ue del domani non può essere quella delle lobby, né quella della curvatura delle zucchine.

Certo, passare da un modello all’altro può presentare delle criticità ma questo non ne attenua né l’agenzia, né l’ineludibilità poiché, oggi più che mai il tempo è denaro, ma è anche sicurezza, equità, giustizia, miglioramento della qualità della vita e soprattutto è pace. Riusciranno i nostri eroi a comprenderlo? Mi auguro di sì, ma molto dipende anche da ciascuno di noi.