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Stangata per la Regione: deve pagare 5 milioni per una vicenda iniziata… 35 anni fa

Stangata per la Regione: deve pagare 5 milioni per una vicenda iniziata… 35 anni fa

Oltre tre milioni sono dovuti agli interessi. Una storia di liti, carte bollate e ricorsi che ha origine negli anni ’80.

Una nuova mazzata per le casse della Regione siciliana, che dovrà pagare quasi 5 milioni di euro dopo essere stata condannata dal Tribunale fallimentare di Roma ad un risarcimento danni per una vecchia storia riguardante il sistema di approvvigionamento dell’acqua della città di Catania.

Il problema è che, di questi 5 milioni di euro, più di 3 milioni sono dovuti agli interessi.

Una storia iniziata negli anni ’80

Sembra incredibile ma va considerato che stiamo parlando di una vicenda iniziata oltre 35 anni fa. Era il 1988, infatti, quando la Regione metteva a bando i lavori per la costruzione della rete di approvvigionamento idrico di Catania dal bacino di Piedimonte Etneo. L’appalto venne affidato ad un raggruppamento temporaneo di imprese autonome (Cogei e Comil).

Passano i mesi, i lavori vanno avanti, ma le spese aumentano: nel corso del contratto di appalto, infatti, si rende necessario fare nuovi lavori, i costi dei materiali crescono, ci sono delle spese che non erano state previste. Quello che succede in ogni cantiere.

Il direttore dei lavori dice: “Fermi”

Il raggruppamento di imprese iscrive nel registro di contabilità le somme pagate in più a vario titolo, ma il direttore dei lavori, che ha il compito di approvare i libri contabili, questa volta non da il suo benestare. E qui nascono i problemi, perché – senza questa firma – la Regione non paga.

Nel 1998 le imprese fanno causa

Passano dieci anni, i lavori sono nel frattempo sospesi, e le imprese fanno causa. Nel luglio del 1998, con la citazione in giudizio delle imprese, inizia un procedimento giudiziario che andrà avanti per altri dieci anni. La sentenza arriva infatti nel 2008, nel frattempo le imprese sono fallite, e il Tribunale fallimentare di Roma condanna la Regione a pagare.

Ma, anche in questo caso, la Regione non paga. E passano altri 15 anni.

La Regione paga, a 15 anni dalla sentenza

Finché oggi, con una delibera del Governo, non si è deciso di iscrivere questa somma tra i debiti fuori bilancio.

I debiti fuori bilancio e la Corte dei conti

Una pratica diventata più che altro una prassi, da quando la Corte dei Conti ha bacchettato la Sicilia per il mancato riconoscimento di questi debiti. Parliamo di spese “impreviste” che non sono state inserite nell’esercizio finanziario annuale dell’ente e per le quali, quindi, non c’è copertura finanziaria: per la maggior parte frutto di sentenze che condannano la Regione a pagare le controparti legali. Come in questo caso. Il problema è che per anni, questo tipo di spese, non sono state riconosciute dai vari governi che si sono succeduti, e questo ha fatto aumentare esponenzialmente gli interessi sulle cause che la Regione ha perso e per cui doveva pagare dei risarcimenti.

Oltre tre milioni dovuti agli interessi

Il caso dei lavori per l’acqua a Catania è un esempio emblematico.

Nei 15 anni passati tra la sentenza ed oggi, un giudizio che condannava la Regione a pagare, inizialmente, una cifra pari a circa 1 milione di euro, oggi è lievitata a 4 milioni e 675.065 euro. Di questi, oltre 3 milioni sono solo interessi. 

Il Governo deve avere imparato la lezione, perché le delibere che riconoscono i debiti fuori bilancio, da gennaio ad oggi, sono diventate tantissime. 

Il fondo rischi e l’aumento della benzina

Dallo scorso gennaio agli inizi di marzo, la Regione ha autorizzato diverse di queste spese, per un totale di 2 milioni e 170 mila euro.

Debiti che, fino a quando i soldi ci sono, verranno finanziati principalmente utilizzando il fondo per i rischi di contenzioso e spese legali, così come succederà per questi quasi 5 milioni. Che di certo, però, lasceranno il fondo piuttosto sguarnito.

E non è escluso che, nella peggiore delle ipotesi, per pagare questi debiti la Regione possa decidere di aumentare anche le accise. Un’ipotesi per fortuna ancora remota, ma prevista dalla legge.