L’Agenzia delle Entrate ha recentemente confermato che i rimborsi riconosciuti ai dipendenti per la ricarica delle auto aziendali elettriche utilizzate a uso promiscuo rientrano nella categoria dei redditi da lavoro dipendente e sono pertanto soggetti a tassazione.
La precisazione dell’Agenzia delle Entrate
La precisazione è stata resa nota durante l’evento Telefisco 2025 del 5 febbraio, organizzato dall’Agenzia delle Entrate e dal Quotidiano Il Sole 24 Ore, nel corso del quale sono stati approfonditi diversi aspetti della fiscalità del lavoro subordinato.
Le nuove tasse per le elettriche aziendali
Il chiarimento si inserisce nel quadro normativo dell’articolo 51, comma 4, lettera a) del DPR n. 917/1986, secondo cui la determinazione forfettaria del valore imponibile basata sulle tariffe ACI non subisce variazioni se il dipendente sostiene in proprio alcuni costi di percorrenza.
In linea con questo principio, l’Agenzia ha stabilito che l’eventuale rimborso delle spese di ricarica elettrica da parte del datore di lavoro non genera un ulteriore imponibile oltre al valore forfettario stabilito. Tale equiparazione dell’energia elettrica al carburante era già stata ribadita in precedenti risposte dell’Agenzia, tra cui la n. 477/2023.
La ricarica a casa
Un altro aspetto analizzato riguarda l’installazione di infrastrutture di ricarica presso l’abitazione del dipendente, come wallbox o colonnine dedicate.
Secondo la risposta n. 421/2023, tali beni devono essere valutati separatamente per determinare l’importo da sottoporre a tassazione, configurandosi come benefit soggetti a imposta.
Sul fronte delle spese di ricarica, l’Agenzia ha precisato che esse non rientrano tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro e quindi non possono essere considerate fringe benefit. Il rimborso ricevuto per il consumo di energia, sebbene analiticamente documentato, viene classificato come reddito imponibile per il lavoratore, a meno che non rientri tra le eccezioni previste dal comma 5 dello stesso articolo 51 del Tuir, ad esempio per le trasferte.
La posizione dell’Agenzia si allinea quindi alla regola generale secondo cui i rimborsi spese erogati ai dipendenti, salvo specifiche deroghe, concorrono a formare reddito da lavoro dipendente. Tale principio si applica anche alle somme riconosciute per l’energia elettrica destinata alla ricarica dei veicoli aziendali, rafforzando un’interpretazione coerente con le normative fiscali vigenti.
Perché si tratta di una questione particolarmente problematica?
Questa misura genera diverse criticità sia per le aziende sia per i dipendenti, creando problemi di natura fiscale, amministrativa e di incentivazione alla mobilità sostenibile. In sintesi, questa interpretazione della normativa rischia di avere un impatto negativo su aziende e lavoratori, complicando la gestione fiscale e riducendo l’efficacia delle politiche di mobilità sostenibile.
Nuove difficoltà
L’inclusione dei rimborsi per le ricariche tra i redditi da lavoro dipendente comporta un aumento dell’imponibile fiscale per il lavoratore. Questo si traduce in una maggiore tassazione sul reddito, riducendo il beneficio effettivo del rimborso. In pratica, il dipendente potrebbe trovarsi a pagare più tasse senza un reale guadagno, disincentivando così l’utilizzo dell’auto elettrica aziendale.
Le imprese
Le aziende dovranno affrontare un ulteriore onere amministrativo per gestire correttamente i rimborsi e le relative imposte. La necessità di documentare analiticamente le spese di ricarica, distinguendo tra usi aziendali e privati, complica la gestione contabile, aumentando il rischio di errori e contenziosi fiscali.

