CATANIA – È Catania uno dei poli più forti dell’innovazione nel Mezzogiorno. A certificarlo è Assolombarda, che nel rapporto realizzato con InnovUp sull’impatto occupazionale delle startup innovative italiane individua il capoluogo etneo centrale nella filiera tecnologica del Sud Italia. Il riconoscimento poggia su numeri che fotografano il peso dell’innovazione in Sicilia nel 2024: 1.028 startup ed ex startup attive, 2.019 dipendenti, 333 milioni di euro di valore della produzione e 108 milioni di euro di valore aggiunto. Secondo Assolombarda, il punto di forza della città sta nella presenza diffusa di incubatori, acceleratori e strutture di supporto alla creazione d’impresa, oltre che in un tessuto di community digitali ormai stabile. Un ecosistema che favorisce l’incontro tra startup, professionisti e investitori e che ha permesso a Catania di rafforzare il proprio ruolo nella catena dell’imprenditoria tecnologica del Sud.
I punti deboli del sistema
Accanto agli elementi di crescita, restano però alcuni punti deboli. Il 4,7% delle startup e Pmi innovative italiane ha sede in Sicilia, ma solo l’1,6% degli investitori di Corporate Venture Capital opera sull’Isola. Un dato che pesa anche su Catania, dove la vivacità delle iniziative non sempre trova un adeguato sostegno finanziario da parte delle grandi imprese, limitando la possibilità di fare il salto di scala.
Il quadro nazionale e regionale
Nel quadro nazionale, la Sicilia si colloca al nono posto in Italia per numero di imprese innovative, occupazione e valore della produzione. Nel 2024, le startup siciliane hanno continuato a generare lavoro qualificato, inserendosi in un sistema che conta 24.261 startup ed ex startup attive e 68.526 posti di lavoro complessivi, in crescita del 4% rispetto al 2023.
Il gap sugli investimenti nel Sud
Il gap sugli investimenti emerge anche guardando al Sud nel suo complesso. Il Mezzogiorno e le Isole ospitano il 27% delle startup e Pmi innovative italiane, ma intercettano solo il 13,6% dei soci Cvc. Il professore ordinario di Gestione delle Imprese dell’Università di Catania, Rosario Faraci, ha confermato questo andamento restituendo i dettagli territoriali proprio del contesto catanese.
L’analisi di Rosario Faraci
“Le start up sono cresciute grazie a un ecosistema che si è rigenerato dal basso. Hanno, per così dire, fatto da sé, sostenute da alcuni abilitatori del territorio, tra cui le Università e persone dedicate a questo settore. Oggi ci troviamo in una fase diversa – ha spiegato Faraci, da esperto che ha lavorato alla nascita del primo incubatore d’ateneo sotto il vulcano – in cui agli abilitatori tradizionali si sono affiancati incubatori istituzionali, come i grandi enti e le banche. Tuttavia, il vero vulnus resta l’assenza di un’offerta strutturata di capitale di rischio. Le start up, per finanziarsi, sono costrette a ricorrere al crowdfunding, a partecipare ai bandi o a essere stimolate dagli acceleratori, ma non possono contare su investimenti da parte di investitori istituzionali. Molto è stato fatto anche dal supporto della rete tra pari”.
Il ruolo delle imprese e delle associazioni
Assenti, secondo il docente, anche le grandi associazioni degli imprenditori. “A questo si aggiunge la mancanza di supporto da parte delle imprese. È un dato che va detto con chiarezza: le associazioni imprenditoriali e le sigle più rappresentative non stanno dando la giusta attenzione al tema se non in occasione di convegni o inaugurazioni. La partecipazione delle imprese esistenti al capitale delle startup, attraverso strumenti come il corporate venture capital, in Sicilia è sostanzialmente inesistente, nonostante la presenza di grandi e medie imprese di rilevante importanza. Bisogna insistere sulla collaborazione tra le startup e le imprese e il dialogo con le istituzione, che non deve limitarsi all’erogazione di fondi ma alla creazione di nuovi luoghi di contaminazione tra tutti i protagonisti dell’economia dell’innovazione”.
Le conclusioni del report
Questo divario, conferma il report InnovUp e Assolombarda, limita la capacità delle imprese più giovani di crescere e consolidarsi, nonostante un potenziale produttivo e occupazionale ormai dimostrato. Secondo i dati elaborati dall’analisi della sezione speciale dedicata alle start up del Registro delle imprese, pur senza venture capital, la Sicilia resta tra le regioni del Sud Italia con maggior numero di startup ed ex-startup, dopo Campania e Puglia.

