Decisivo per gli Stati generali a Villa Pamphilj è stato l’incontro di ieri del premier Giuseppe Conte con l’Associazione Comuni (Anci), l’Unione Province (Upi) e le Regioni italiane.
Per l’Anci c’erano il presidente Antonio Decaro, sindaco di Bari, e i sindaci di Firenze e di Roma Dario Nardella e Virginia Raggi. Per l’Upi il presidente Michele de Pascale e per la Conferenza delle Regioni il presidente Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, e quello della Liguria Giovanni Toti.
Boccia, gli Enti locali chiave di volta per lo “Stato veloce”
“Tempi brevi e certi. Risposte chiare, sì o no, senza inutili perdite di tempo. Ogni impresa, ogni cittadino, deve conoscere i tempi di risposta per le autorizzazioni rilasciate da ogni amministrazione pubblica. La proposta vuole armonizzare le autorizzazioni amministrative di Stato, Regioni e enti locali, eliminando i tempi morti della burocrazia”.
È stata questa la proposta contenuta nel Piano di Rilancio presentata a sindacati ed Enti territoriali dal ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia.
“Entriamo – ha detto Boccia – in una fase in cui i territori diventano i protagonisti di uno Stato veloce, in cui lavoreremo insieme e il raccordo con Regioni e enti locali sarà costante e senza lungaggini burocratiche. L’impegno è trovare un’intesa con i presidenti di Regione, Anci e Upi nel rispetto della leale collaborazione tra livelli istituzionali”.
Decaro, il Governo imiti il passo dei sindaci
La stessa lunghezza d’onda, insomma, in cui si muovono i Comuni.
“Siamo venuti qui – ha sottolineato infatti il presidente dell’Anci Decaro – non per rivendicare un ruolo o per rappresentare gli interessi di una città piuttosto che di un’altra, ma perché siamo consapevoli che solo chi conosce e interpreta le esigenze, i bisogni e le speranze quotidiane di sessanta milioni di persone può contribuire alla rinascita di un intero Paese. In questo periodo di particolare difficoltà abbiamo dato prova di saper tenere il passo dell’emergenza. Chiediamo oggi quindi al Governo, di avere lo stesso passo dei sindaci”.
“I Comuni – ha aggiunto – sono i principali e più importanti investitori pubblici: nel 2019 il 24,4 per cento delle opere, cioè un quarto del totale, è stato realizzato da Comuni e Città metropolitane. E per questo sono il naturale volano per la crescita economica”.
Riduzione della burocrazia e semplificazione
Tutto questo, secondo Decaro, “a patto che i Comuni possano contare su una serie di interventi immediati: finanziamento diretto; immediata riduzione dei passaggi burocratici e formali per l’individuazione dei fondi; poteri commissariali per i sindaci, almeno per le opere più importanti, sopra i due milioni di euro; semplificazione del contenzioso con risarcimento per chi ricorra e dimostri di aver subito un danno, ma niente stop ai lavori; procedimenti autorizzatori per gli investimenti più snelli.
Per i piccoli Comuni, contemporaneamente, una “strategia Italia” che rafforzi e specializzi le singole vocazioni territoriali. Misure multiple destinate a valorizzare le bellezze architettoniche e la storia culturale, le bellezze naturali, il patrimonio enogastronomico e la qualità della vita.
Puntare ai distretti del benessere, ai borghi culturali, ai Comuni del riposo per un Piano “Italia dei Comuni”.
“Infine serve attenzione alle periferie sociali delle grandi città – conclude Decaro -. Le condizioni di marginalità e di esclusione sociale aumenteranno anche a causa dell’emergenza: immaginiamo una terapia d’urto immediata non limitata alle misure di sostegno al reddito”.
Bonaccini, le Regioni siano libere d’indebitarsi
Più esplicita la richiesta espressa da Bonaccini per la Conferenza delle Regioni: “Chiediamo di essere protagonisti della politica economica di rilancio, potendo mobilitare da e per il territorio risorse straordinarie per investimenti, anche ricorrendo all’indebitamento: non è ragionevole che praticamente tutto il margine di indebitamento sia ora assorbito dallo Stato centrale”.
“Così come non è ragionevole – ha aggiunto – che la parte più consistente della spesa, oggi, sia di parte corrente: all’Italia serve un gigantesco piano di investimenti”.
Secondo Bonaccini i pilastri da cui ripartire restano “scuola e università, sanità pubblica e un piano straordinario di investimenti pubblici sia per la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali, sia per la messa in sicurezza del territorio”, al quale aggiungere “la possibilità di accedere direttamente a una quota significativa Recovery Fund”.
Da parte delle Regioni, ha concluso Bonaccini, resta la volontà a collaborare in maniera propositiva con il Governo: “Chiediamo di essere messi nelle condizioni di farlo, in un dialogo costante che permetta di condividere obiettivi e strumenti a lungo periodo con un unico scopo: il bene del Paese”.

