Strage di Ustica, il legale delle vittime: "Lotta contro muro di gomma" - QdS

Daniele Osnato, legale dei familiari delle vittime della strage di Ustica: “Stiamo lottando contro un muro di carte che si sposta continuamente”

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Daniele Osnato, legale dei familiari delle vittime della strage di Ustica: “Stiamo lottando contro un muro di carte che si sposta continuamente”

Roberto Greco  |
lunedì 27 Giugno 2022

Così Daniele Osnato definisce oggi quello che, nel 1991, fu definito dal film di Marco Risi come “Il muro di gomma”. Nessun rimbalzo quando si allunga la mano della richiesta di giustizia

Era il 27 giugno 1980 quando il DC-9 della compagnia aerea Itavia, il volo IH870, decollò con circa due ore di ritardo dall’aeroporto di Bologna destinazione Palermo. A bordo 81 persone: 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio. Il volo IH870 non atterrò mai all’aeroporto di Punta Raisi e nessuno degli 81 passeggeri sopravvisse per raccontarci la storia di quello che, ancora oggi dopo 42 anni, rappresenta la strage sulla quale, tra depistaggi, documenti spariti, omissioni, reticenze e menzogne, sta lentamente scendendo il velo dell’oblio.

Abbiamo intervistato l’avvocato Daniele Osnato del Foro di Caltanissetta, legale di diversi familiari delle vittime di quella strage, e gli abbiamo chiesto di fare il punto della situazione anche alla luce di un libro uscito da pochi giorni, scritto dallo stesso Osnato con Michele Cucuzza.

Avvocato, quando entra nella sua vita la strage di Ustica?

“Questa strage entra nella mia vita il 28 giugno 1980 come semplice cittadino poi, dopo circa quindici anni, come parente interessato al processo e subito dopo inizia il periodo lungo circa vent’anni d’impegno processuale, sia in sede civile sia penale. Questa strage entra nella mia vita lentamente, come lentamente, anno dopo anno, si allontana la memoria di “Ustica”, motivo per il quale continuiamo a tenerne viva la memoria. Penso che la strategia sia stata, ed è, quella di allontanare il ricordo di questa strage e purtroppo le nuove generazioni non conoscono cosa sia successo quel 27 giugno anche perché, grazie a informazioni corrette e depistaggi che continuano tuttora, si tende a confondere le acque su quelle poche verità che siamo riusciti a strappare nel corso dei vari processi, attraverso le indagini, le inchieste che hanno svolto diversi magistrati e le sentenze che hanno depositato. Facciamo la vita del gambero, un passo avanti e due indietro proprio grazie alla disinformazione e a un meccanismo di depistaggio che forse è unico al mondo: chiunque si può autonominare esperto della strage di Ustica, spesso senza aver letto mai nemmeno una riga degli atti processuali dei molti processi, trova e propone la sua verità sul “caso Ustica”, spesso una nuova verità che fa scalpore e che dà la possibilità di gridare alla soluzione dei “segreti” su Ustica”.

Cos’è in realtà la strage di Ustica?

“Un volo civile che trasportava ottantuno cittadini italiani, e tra questi tredici bambini, che vengono uccisi in un momento di assoluta serenità per tutti loro, senza preavviso. Sono stati uccisi per un “gioco di guerra” e perché si è voluta fare quella guerra infame e il carosello di aerei che hanno circondato il volo IH870, era un carosello che non trasmetteva alcuno spot ma che aveva il colpo in canna. Dietro di questo, oltre alla morte di ottantuno innocenti, c’è il fatto che si è voluta nascondere la verità, scavando sempre con maggiore profondità la fossa dell’oblio e contando sul fatto che, nel tempo, i familiari delle vittime sono destinati a morire per un banale problema anagrafico e quindi a smettere di rivendicare verità e giustizia. Negli ultimi anni, poi, si è attivata una nuova ondata malefica di disinformazione che tende al ritorno dell’ipotesi di un ordigno esplodente, di collegamento con altre stragi come quella alla stazione di Bologna che avviene il 2 agosto dello stesso anno, a piste che riguardano il terrorismo o gli islamici, ai soliti bombaroli degli anni ’80 senza considerare che tutti gli iter processuali, sia civili sia penali, hanno escluso l’ipotesi che sia esplosa una bomba all’interno dell’aereo. Abbiamo inoltre, e anche questo è ignorato volontariamente, un contesto radaristico che parla chiaro, indicando intersezioni non autorizzate sull’aerovia percorsa dal DC-9 di Itavia e che chi stava attraversando questa rotta aveva il transponder (l’apparecchiatura che permette l’identificazione dell’aeromobile, ndr.) spento. La velocità di questi aeromobili è inoltre risultata compatibile con quella di arei militari e i tracciati radar ci raccontano che quella sera questi aerei militari hanno attraversato, intercettato e seguito la tratta seguita dal DC-9 nel punto “Condor” (una posizione cartografica posizionata circa a metà strada tra Ponza e Ustica, ndr.)”.

Questo, quindi, riusciamo a desumerlo attraverso la comparazione dei diversi tracciati radar che coprivano quella zona?

“No, perché su sette radar che vedevano, o intravedevano, quella zona, ci è stata consegnata solo quella relativa al “radar Marconi”, dislocato nelle vicinanze di Roma con una portata di circa 100 miglia mentre il fatto accadde a 130 miglia da quel radar. In realtà, a causa della bella serata e quindi grazie alla maggiore rarefazione dell’atmosfera, il radar riuscì a registrare. Chi aveva orchestrato la sparizione degli altri sei tracciati radar che, per portata, avevano registrato tutti i movimenti avvenuti sul “punto Condor”, suo malgrado ci consegnò un tracciato non previsto. Ci furono poi negati i codici di decriptazione, fu opposto il segreto militare ma ciò non toglie che è stato possibile “vedere” cosa successe al DC-9 e intorno a lui”.

Lei parla di un depistaggio continuo. Che cosa intende?

“Dietro il dito del “non ricordo”, del segreto di Stato, ci sono gli stessi che hanno generato questa strage. Tutti quei Generali che hanno mentito, compresi coloro che li hanno sostituiti nel ruolo e che hanno proseguito il depistaggio, oggi scrivono libri, fanno conferenze stampa, costituiscono associazioni fantoccio il cui obbiettivo di facciata è quello del raggiungimento della verità. In realtà tutti questi non solo offendono l’Aeronautica Militare, l’ente di appartenenza ma anche l’intelligenza delle persone che hanno capito cosa sia successo. È arrivato il momento di smettere di essere omuncoli ma diventare, finalmente, persone serie perché conoscere la verità è non solo un diritto degli italiani, ma anche di ognuna di quelle ottantuno vittime e delle loro famiglia e perché la verità è simbolo di civiltà in un paese democratico”.

Siamo oltre al “muro di gomma”?

“Senza alcun dubbio. Oggi possiamo parlare di un “gioco delle tre carte” perché si continua a far inseguire un’idea, si continua ad attenzionare una determinata situazione con l’obiettivo che il tempo passi, le persone muoiano e le sentenze passino nel dimenticatoio. Si tratta di un “muro di carte” e quando si allunga la mano della richiesta di giustizia le carte si muovono per ricomporsi in ordine diverso dal precedente e creare, giorno dopo giorno, continui depistaggi. Forse è arrivato il momento di non fare più sconti a nessuno. Tutti gli anni in questo giorno, i rappresentanti dello Stato parlano di promesse usando il futuro, un futuro che non si concretizza mai. Cinque anni fa abbiamo formalizzato al Parlamento Europeo la richiesta di costituire una commissione d’inchiesta. La nostra domanda è stata congelata, sospesa e questa è l’unica definizione che mi sento di utilizzare: una richiesta di verità sospesa. Gli ottantuno cittadini italiani morti nella strage rappresentavano il prototipo di tutti i cittadini italiani: commercianti, impiegati, operai, imprenditori, insegnanti. Ognuno di loro era un tassello della società, ognuno di loro aveva sogni e progetti per il proprio futuro e non è un banale problema di numeri ma di persone”.

Poco più di un mese fa è uscito un libro “Guarda, cos’è? Il romanzo di Ustica” che lei ha scritto assieme al giornalista Michele Cucuzza. Ce ne vuole parlare?

“Michele Cucuzza voleva, da tempo, occuparsi della strage di Ustica. Quando ci siamo incontrati, gli ho proposto una prospettiva diversa in cui il centro del racconto non fossero atti, fatti tecnici e verbali ma le persone. Il libro, criticatissimo dai soliti disinformatori e depistatori di professione, racconta la storia dall’interno dell’aereo, attraverso quello che tutti i periti hanno riconosciuto come accaduta, ossia la sequenza di destrutturazione della carlinga, del corpo dell’aereo, dal suo interno. Non si è trattata di una morte in cui nessuno ha provato paura o vissuto un’agonia. Contrariamente a quanto affermato da qualche magistrato, quelle ottantuno persone non sono morte all’improvviso, senza capire di morire, senza avere un lasso di tempo in cui avevano la consapevolezza che stavano per morire ma, al contrario, in quegli attimi hanno subito un livello di agonia e consapevolezza fortissimo e proprio su questo è stato possibile scrivere il libro. Non si è trattato di una “morte di serie B”, una morte minore in cui le vittime non hanno sofferto ma anzi sono state strappate dai propri seggiolini, hanno planato con l’aereo stesso, hanno avuto contezza degli aerei che li stavano circondando. La loro sofferenza è innegabile e proprio per questo va riscattata e va dichiarata. Questo libro è uno strumento per capirla, per rivivere quegli attimi attraverso una delle vittime che ancora oggi può parlare. Abbiamo voluto dare voce a chi era su quell’aereo ripercorrendo gli ultimi istanti della loro vita. In quell’aereo si sono staccate inizialmente le finestrature anteriori destre e quanti erano in quell’aereo hanno assistito impotenti a tutto ciò. Subito dopo l’aereo si è aperto in due, i corpi sono stati sbalzati nel vuoto e sono precipitati nel mare. Le persone non sono morte all’istante, molte sono rimaste vive sino al momento dell’impatto con la superficie del mare. Questo era necessario raccontare, la storia di quelle ottantuno persone e di che cosa hanno dovuto subire prima di morire”.

Cosa è necessario sapere, oggi, per avere verità su questa strage?

“Vogliamo sapere il nome del “cacciatore”, di chi ha esploso il colpo. Abbiamo i tracciati radar che partono da Solenzara, in Corsica, da un aeroporto che ospitava velivoli francesi e belgi e sappiamo che erano presenti due portaerei, la Clemenceau e la Foch, nel basso Tirreno. Abbiamo testimonianze che ci raccontano che quella notte diversi Mirage atterravano e decollavano da quella base e abbiamo anche la dichiarazione giurata del già Presidente della Repubblica Francesco Cossiga che lo dice, ma sembra che tutto ciò non sia sufficiente per ottenere la verità. Il muro di carte, cui facevamo riferimento prima, continua a spostarsi e noi siamo costretti a corrergli dietro a causa di un continuo e incessante depistaggio. È arrivato il momento dire basta perché se non si fa chiarezza sulla strage di Ustica questo paese non potrà mai considerarsi civile perché la chiarezza equivale alla verità che corrisponde al criterio di etica che è la base dei principi che sostengono una democrazia”.

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