Lo stress da Coronavirus e la sua possibile gestione - QdS

Lo stress da Coronavirus e la sua possibile gestione

Arena Maurizio

Lo stress da Coronavirus e la sua possibile gestione

sabato 09 Ottobre 2021

Come risponde il nostro organismo fisico e mentale a un trauma violento come l’epidemia che ci ha travolti? Come andrebbe gestito lo stress consequenziale e quali danni collaterali lascia in eredità?

Di fronte a un forte stress mettiamo in atto risposte che hanno un valore adattivo e ci permettono di affrontare la situazione al meglio. La paura non è di per sé una risposta negativa della nostra mente, essa, in condizioni normali, va considerata come una risposta di allarme indispensabile a mettere in atto le successive fasi di attacco o fuga. Se la paura persiste, il passaggio da una condizione di eustress a quella di distress diventa molto probabile.

Nel corso dell’attuale epidemia da coronavirus, giocano un ruolo fondamentale nel mantenere uno stato di paura protratto nel tempo, diversi fattori precipitanti la condizione di distress:

– La molteplicità d’informazioni e di disposizioni governative, spesso dissonanti e frutto di modelli comunicativi poco rigorosi se non addirittura confusivi o poco attendibili.

– La restrizione della libertà di movimento, che genera frustrazioni e conflitti relazionali, per via dell’isolamento e del distanziamento sociale.

– La percezione che i beni di prima necessità possano scarseggiare.

– La paura stessa dell’infezione, del possibile contagio, della conseguente patologia con il suo carico d’incertezze, che va dal potersi presentare in maniera asintomatica fino a potere determinare gravi stati d’insufficienza respiratoria con possibile morte.

– La personalità di base e l’individuale stile cognitivo.

Il conseguente stato di distress che si determina, può comportare l’insorgenza d’irritabilità, aggressività verbale, disturbi del sonno e della concentrazione, ansia, panico, deflessione del tono dell’umore, somatizzazioni, abbassamento delle difese immunitarie. Per altro, l’attuale situazione di lockdown, atta a limitare il contagio da coronavirus attraverso l’isolamento, costringendoci a interrompere le rassicuranti abitudini quotidiane, può creare un successivo stato di disorientamento e di disagio.

In queste circostanze è molto importante risvegliare la parte più profonda di noi, quella meno razionale, per accedere al nostro inconscio. Per farlo non è possibile usare un linguaggio logico e analitico, bisogna, piuttosto, riuscire a sollecitare le sensibilità e le emozioni di ciascuno di noi, cogliere l’opportunità di investire su attività, hobby, esercizio fisico e interessi capaci di sollecitare l’accesso alle nostre risposte emotive. Quando siamo presi dal panico, noi non viviamo le emozioni per quello che esse sono e rappresentano, imprigionati nella rete dei nostri pensieri, finiamo con il rimanere attanagliati dalla paura, diventiamo confusi, ansiosi e impazienti, annegati nel rimpianto, in preda ai sensi di colpa, pieni di rabbia, frustrati e stressati.

In realtà, le emozioni sono una miscela di numerosi ingredienti che riguardano corpo, mente e spirito, cosicché, quando attiviamo emozioni positive e creative (la musica, le immagini mentali, le metafore, il cibo, il rilassamento, l’attività fisica, etc.), si liberano in ciascuno di noi risposte affettive, cognitive e comportamentali capaci di permettere la messa in moto dei nostri sentimenti e di convogliarli in azioni finalizzate.

Di fatto le emozioni sollecitano i cinque sensi e fanno si che le energie razionali, che ci appesantiscono emotivamente, siano disinvestite e canalizzate verso motivazione e passione, favorendo, così, risposte creative e innovative. Grazie a questo coinvolgimento fisico e mentale, si accede più facilmente alle risorse emotive ed è possibile favorire l’apprendimento di nuove esperienze capaci di lasciare in noi profonde tracce di positivi cambiamenti.

È indispensabile però, trovarsi in una condizione di disponibilità interiore in cui la razionalità è momentaneamente sospesa. Questa sospensione della realtà, può avvenire solo se si riesce a eludere la tendenza, innata in ciascuno di noi, di volgerci indietro pensando al nostalgico passato pieno d’inevitabili fallimenti o a proiettarci in avanti nell’incertezza e nell’angoscia del futuro. Così, vagando nel tempo la nostra mente non trova mai quiete ed è alla continua ricerca di evasione.

Grande insegnamento quello di vivere il presente, sospendendo il tempo e annullando le distanze, bisognerebbe imparare a vivere nel qui e ora, in una sensazione di assoluta quiete interiore, così da vivere consapevolmente ogni istante della nostra vita in modo amplificato e intenso. Vivendo così tutti i sensi sono coinvolti in sensazioni ed emozioni capaci di dare felicità e benessere e di trasmettere amicizia e appagamento. Solo nel qui e ora è possibile rendersi disponibili a vivere nuovi arrivi e non vecchie attese, magari ciò non ci impedirà di provare stress, ma potremo così attenuarlo limitandone gli effetti.

In concreto vediamo cosa e come possiamo realmente fare per attenerci a queste considerazioni, avendo sempre l’accortezza di riconoscere le proprie emozioni e vivere a pieno i nostri sentimenti, monitorando le conseguenti reazioni fisiche ed emotive, attenzionando i propri sistemi di reazione.

– Mantenere inalterato il ritmo sonno veglia e avere cura di una corretta alimentazione.

– Prendersi cura della propria persona, come siamo soliti generalmente fare quotidianamente, quanto non costretti a stare in casa.

– Attivare emozioni positive e creative con la musica, le immagini mentali, le metafore, il cibo, il rilassamento, l’attività fisica, la lettura, l’arte, gli hobby in genere, etc.

– Sapersi ritagliare uno spazio personale dove fare le attività proposte.

– Riflettere sul fatto che i giorni non sono tutti uguali, cercando di distribuire le suddette attività nella settimana.

– Sfruttare la tecnologia per continuare a mantenere i contatti sociali.

– Stabilire noi quando informarci e da quali fonti, evitando di ascoltare tutti i telegiornali, i talk show, i post ripetitivi dei social, avendo l’accortezza di verificare sempre le fonti e riconoscere le fack news.

– Evitare di rimanere imbrigliati nella rete dei media, magari in attesa di buone notizie, ma inevitabilmente investiti da un fiume in piena di giornalisti di parte, politici da avanspettacolo, virologi gli uni contro gli altri armati. L’effetto devastante sarà altamente confusivo e capace di trascinarci nel panico e nella desolazione, perché sentire parlare continuamente della situazione aumenta lo stress.

– Cercare di parlare con gli altri dei nostri e loro vissuti, riguardo all’evento traumatico, ma parlare anche di altro evitando di fossilizzarci.

– Nel parlare cerchiamo di farlo in maniera assertiva e chiara, perché la nostra eventuale comunicazione aggressiva o passiva, rende difficili le relazioni e aumenta lo stress in noi e negli altri, mentre la serena condivisione potrebbe sollevarci reciprocamente.

– Diamo la giusta importanza all’umorismo e all’ironia, magari reinterpretando in tal senso gli eventi stressanti, quasi a volerli ristrutturare positivamente.

Il fulcro centrale di queste considerazioni è l’amore, bisogna cercare di vivere il qui e ora all’insegna dell’amore, perché è questo il sentimento più forte per vincere la paura. Questi sentimenti contrastanti, amore e paura, hanno basi biochimiche funzionali a livello dell’ipofisi. Questa ghiandola si compone di due parti, un’anteriore detta adenoipofisi che secerne gli ormoni mestruali (Fsh e Lh), quello tiroideo (Tdh), la Prolattina e il cortisolo (Acth) e una posteriore, la neuroipofisi che secerne l’Ossitocina e l’Afh. È molto interessante che l’Ossitocina sia prodotta durante l’atto sessuale, il parto e l’allattamento, e per la sua capacità di provocare piacere è chiamato anche ormone dell’amore, mentre l’Adh ha funzione antidiuretica e trattiene i liquidi e poiché in pericolo o in pieno conflitto tratteniamo acqua e uriniamo molto di meno, è chiamato ormone della paura.

Ciò che è più affascinante è che poiché la neuroipofisi può secernere uno solo dei suoi ormoni, già fisiologicamente la risposta agli input può essere esclusivamente Ossitocina =Amore o Adh=Paura e quindi, questi due sentimenti, non solo sono contrastanti, ma anche incompatibili simultaneamente.

Ecco perché è importante fare e vivere tutto con amore, che è la più importante forza per contrastare efficacemente la paura, per questo dobbiamo imparare a mettere da parte la paura di essere contagiati, anteponendo a essa la premura di fare di tutto per non contagiare gli altri.

Cosa ci lascerà in eredità la pandemia

La pandemia del Coronavirus è stata talmente improvvisa e veloce che non ha lasciato tempo per adeguarsi, ciò cui stiamo assistendo, assomiglia a nulla che abbiamo già sperimentato. A parte gli anziani ultra settantenni, la gran parte di noi che non ha conosciuto la guerra, ha vissuto il terrorismo politico, lo shock petrolifero, l’islamismo radicale, la crisi finanziaria. Abbiamo subito traumi da questi nemici visibili e conosciuti, mentre oggi lo shock del coronavirus è tale da sperimentare, per la prima volta, la paura di un nemico invisibile, sconosciuto e subdolo, senza riferimenti su cui appoggiarsi.

È proprio la paura dell’ignoto che può terrorizzare o lasciare attoniti in maniera più profonda e lacerante, perché noi conosciamo poco il virus, non abbiamo una terapia certa né un vaccino a oggi efficace, sappiamo che è molto contagioso, altamente infettante e pericoloso per la vita. In realtà il sapere queste cose, corrisponde più a un non sapere e queste incertezze generano un senso di minaccia e allerta.

Nella fase acuta dell’epidemia, se noi reagiamo con quegli accorgimenti suggeriti da mettere in atto, attraverso la fase di adattamento, potremmo gestire in una qualche maniera lo stress. Se cediamo invece alla paura, s’innescheranno a catena le condizioni di asfissia emotiva – cognitiva e il cortocircuito emozionale, con le conseguenze psicosomatiche già ricordate. I più deboli per altro, quelli già psicologicamente vulnerabili, avranno già in questa fase delle difficoltà di gestione dello stress. Queste considerazioni, ben fanno comprendere come in tempi medi lunghi e alla fine della fase critica, al superamento dell’epidemia, la situazione possa precipitare a sfavore dei più deboli e di quelli che a emergenza finita rischieranno il crollo post traumatico.

Il dato certo è che questa epidemia da Coronavirus, al pari di ogni trauma, cambia in profondità le singole persone e un intero popolo, rendendolo più fragile. Il virus ci cambierà per sempre, economicamente e socialmente, segnerà il nostro tempo come la spagnola, la poliomielite o la guerra e segnerà l’inizio di una nuova era.

La nostra idea del mondo dove pensavamo esistessero popoli più vulnerabili e culture nobili, quasi inattaccabili, cambierà perché scopriremo di essere tutti più fragili.

La paura della malattia ci avrà insegnato che la nostra innata tendenza a vedere gli altri diversi da noi e le distanze, che mettevamo tra noi e gli altri, si sono annullate. Al contempo, come le grandi pandemie e la guerra hanno temprato le generazioni precedenti, anche il coronavirus lascerà segni di nuova consapevolezza.

Ci sembrerà finalmente lontana da noi, la vecchia politica fatta da potenti e poteri forti che hanno mostrato la loro estrema fragilità. Non saremo più in balia di chi ci incuteva paura, quella che abbiamo provato è stata tanto grande, che gli spauracchi con cui i potenti e i poteri forti controllavano le nostre vite, ci farà un baffo.

In prospettiva futura bisognerà ricostruire partendo proprio dalla crisi. La parola “crisi”, deriva etimologicamente dal greco krino cioè separare, giudicare, valutare, e da qui bisognerà ripartire, sperimentando nuove capacità creative personali e sviluppando prodotti e modi di commercializzazione innovativi.

A oggi comunque, il difficile momento appare a noi tutti come una faticosa scalata di una montagna, ma rimanendo uniti come fossimo una cordata di scalatori, arriveremo tutti in cima. Da li comincerà la discesa, in basso potremmo di nuovo abbracciarci.

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