Lo studio dell’Università di Catania, pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Clinical Medicine, chiarisce il dilemma diagnostico
Disturbo
di erezione o semplicemente una questione di ansia da prestazione? A chiarire
il dilemma diagnostico è uno studio di un team di endocrinologi del Policlinico
universitario “Gaspare Rodolico” di Catania, in collaborazione con i colleghi
dell’Università di Catania, dal titolo “Differences in Penile
Hemodynamic Profiles in Patients with Erectile Dysfunction and Anxiety”
che è stato pubblicato di recente sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Clinical Medicine.
Il
team di endocrinologi suggerisce un originale algoritmo diagnostico in grado di facilitare la comprensione di
questa difficile diagnosi differenziale che comporta nei fatti strategie
terapeutiche completamente differenti.
«Ci
siamo basati sull’analisi velocitometrica delle arterie cavernose dopo stimolo
farmacologico – spiega il prof. Sandro La Vignera, ideatore dello
studio, docente di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina clinica e
sperimentale dell’Università di Catania -. L’erezione è un fenomeno
neuro-endocrino-vascolare inducibile mediante somministrazione locale, in sede
intracavernosa, di sostanze vasoattive.
Nel
nostro disegno di studio, lo stesso stimolo farmacologico veniva fornito a
pazienti che riferivano un grado severo di deficit della funzione erettile, in
accordo a punteggi standardizzati, ma con una diversa stratificazione del
disturbo di ansia, da lieve a grave, comprovato dalla somministrazione di uno
specifico questionario».
«I pazienti con livello di ansia più grave, dopo avere superato l’impatto dell’ipertono adrenergico (fenomeno strettamente correlato al disturbo di ansia che ne impedisce il rilassamento del tessuto muscolare erettile riscontrabile nei primi minuti successivi alla somministrazione del farmaco), recuperano con il trascorrere dei minuti (rilevazione a 15 e 20 minuti) una normale velocità di flusso arterioso a livello delle arterie cavernose» spiegano i ricercatori Rossella Cannarella, Aldo Calogero, Rosita Condorelli e Sandro La Vignera dell’Università di Catania e Antonio Aversa dell’Università di Catanzaro.
«Ne deriva un profilo di ripresa vascolare ritardato, che contraddistingue i pazienti con livello di ansia più severo – aggiungono i ricercatori -. Questa evidenza comporta due considerazioni di ordine pratico: La diagnosi vascolare formulata tra i 5 ed i 15 minuti dopo la somministrazione dello stimolo farmacologico (molto frequente nella pratica clinica), indurrebbe in una falsa ipotesi diagnostica di insufficienza arteriosa distrettuale, con ricadute farmacologiche differenti; La normalizzazione dei parametri vascolari che si realizza dopo circa 20 minuti dalla somministrazione dello stimolo farmacologico, suggerisce la promozione di strategie sessuologiche finalizzate alla migliore gestione dell’ipertono adrenergico in questo particolare setting di pazienti, in un’ottica di approccio necessariamente multidisciplinare».