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Stupri e violenze, dopo le denunce anche gli insulti. Malpezzi (PD): “Problema culturale”

Quello a cui stiamo assistendo in questi ultimi giorni è una vera e propria mattanza. Palermo e Caivano sono i fatti più noti, ma a questi si aggiungono le orribili vicende di Sant’Agata Li Battiati, dove un 24enne avrebbe abusato per anni di una parente sin da quando lei era minorenne, e Valguarnera Caropepe dove una ragazza di 17 anni ha denunciato di aver subìto abusi da parte di un artigiano del luogo. E non solo. Ai casi di stupro si aggiunge anche il femminicidio di Vera Schiopu, avvenuto nel Catanese lo scorso 19 agosto.

È terribile quanto accaduto, è terribile che questi orrori accadono quotidianamente e che non tutte abbiano la forza di denunciare violenze, stupri, molestie.

Stupri, denunciare non è semplice

Denunciare, soprattutto in città particolarmente complesse e i casi di Palermo e Caivano lo testimoniano, potrebbe non essere mai semplice.

Alle denunce della 19enne palermitana e della famiglia delle ragazzine di Caivano sono seguite insulti, ricatti, offese e, ancor più grave, minacce di morte. Minacce di morte solamente per avere denunciato.
E non solo, alla lunga lista bisogna inserire i commenti in circolo su TV e social. Tra questi, fa discutere particolarmente quello di Andrea Giambruno: “Se eviti di ubriacarti e di perdere i sensi, magari eviti anche di incorrere in determinate problematiche perché poi il lupo lo trovi”.

“Cultura profondamente maschilista”

Il problema potrebbe stare già alla base, nella cultura e nell’educazione della società.

“Le terribili violenze – spiega la senatrice Simona Malpezzi (Pd) – compiute dal branco contro giovani donne, alcune poco più che bambine, a Palermo e Caivano dicono alcune cose, purtroppo, molto precise: in questo Paese c’è ancora il retaggio di una cultura profondamente maschilista che vede le donne come oggetto e non come persone e troppo spesso, le colpevolizza per le violenze subìte; tra i giovani si assiste alla mancanza di alfabeti emotivi e affettivi e a una preoccupante deumanizzazione con un linguaggio che diventa sempre più violento, soprattutto per quel che concerne la sfera del rapporto sessuale; solo in alcune scuole si insegna l’educazione ai sentimenti, alla sessualità responsabile, alla relazione tra generi, combattendo gli stereotipi e pregiudizi che sono terreno di coltura per la violenza e la discriminazione; dove maggiore è la povertà educativa e la mancanza di presìdi è più facile assistere a questi terribili episodi”.

Lotta alla violenza contro le donne: “Deve essere priorità”

“La lotta alla violenza contro le donne – continua l’ex capogruppo dem al Senato – deve diventare una priorità assoluta per le istituzioni ma non può limitarsi alla sola repressione, che è ovviamente necessaria, ma deve fondarsi anche sulla prevenzione. Si tratta di una battaglia culturale con interventi educativi e sociali, che parta proprio dalla scuola. Ci sono le Linee guida nazionali per l’attuazione del comma 16 della legge 107 del 2015 per la promozione dell’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere. Potenziamo gli interventi, mettiamo più risorse e rafforziamo la comunità educante con la costruzione di reti che, partendo dalle scuole, mettano insieme enti locali, realtà sportive, associazioni, parrocchie, fondazioni, servizi sociali, terzo settore per sviluppare progetti educativi”.

“Dobbiamo costruire – conclude – un sistema integrato tra servizi educativi, sociali, culturali che offra prospettive diverse ai ragazzi”.

Manifestazioni a supporto delle vittime

Tante sono le manifestazioni contro la violenza sulle donne che si stanno svolgendo nelle città di tutta Italia. A Ragusa, l’Arcigay, ha voluto organizzare una manifestazione contro la cultura dello stupro.

“Questa manifestazione – spiega Federica Schembri, vice presidente dell’Arcigay Ragusa – nasce dalla rabbia e dalla necessità di non spegnere i riflettori su questi stupri, tanti, che stanno continuando a emergere in tante parti di Italia. Dopo Palermo e Caivano, continuano ad arrivare denunce di stupri, moleste e violenze nei confronti di giovanissime donne, ragazze, bambine. Vogliamo che questa manifestazione sia un inizio, un punto di partenza per un percorso condiviso, un dialogo tra diverse realtà della provincia di Ragusa, per chiedere che le istituzioni agiscano su più fronti, per far si che le denunce non cadano nel nulla, perché si avviino progetti e percorsi di educazione, rivolti in particolare alle scuole e alle famiglie”.

“Sono più di 50 le adesioni – continua – che abbiamo ricevuto da parte di associazioni, partiti, movimenti da tutta la provincia. Evidentemente si sentiva la necessità di manifestare, di scendere in piazza, e siamo contente di aver preso l’iniziativa”.

La manifestazione “L’indifferenza è complicità” è stata indetta da Arcigay Ragusa e abbiamo subito coinvolto e invitato ad aderire tutte le realtà che conosciamo, e la risposta è stata forte e compatta, nonostante qualche reticenza sul sottotitolo “manifestazione contro la cultura dello stupro”: questa definizione, cultura dello stupro, fa male, più male di “patriarcato”, ma i due concetti sono molto vicini.

“Il percorso scelto per la manifestazione è senza barriere architettoniche, perché vogliamo che ogni persona si senta libera si partecipare”.

Immagine di repertorio