Roma, 9 set. (askanews) – Entra nel vivo la battaglia alla Camera sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano nell’ambito della vicenda Almasri. In Giunta il relatore Federico Gianassi (Pd) terrà all’ora di pranzo di domani la relazione introduttiva sulla domanda del Tribunale dei ministri, arrivata alla Camera il 5 agosto scorso, di processare i tre componenti del governo per favoreggiamento, il guardasigilli anche per rifiuto di atti d’ufficio, il titolare del Viminale e Mantovano anche per peculato. Subito dopo, con ogni probabilità, la maggioranza chiederà di valutare come estendere l’immunità della capo di gabinetto del ministero della giustizia, Giusi Bartolozzi, che proprio oggi, alla vigilia della prima seduta parlamentare sul caso, è emerso essere indagata con l’accusa di ‘false informazioni al pubblico ministero’.
Nelle carte del Tribunale dei ministri, effettivamente, la versione fornita da Bartolozzi sull’ufficiale libico arrestato in Italia su mandato della Corte penale internazionale e poi rimpatriato a Tripoli viene definita “inattendibile e mendace”. La collaboratrice di Nordio, tuttavia, non risultava indagata per i reati in concorso con i componenti del governo. Quindi, stando alle leggi costituzionali che regolano l’immunità dei componenti del governo, non è rientrata nella medesima richiesta di autorizzazione a procedere (come avvenuto invece per Mantovano, né parlamentare né ministro ma ‘attirato’ nel procedimento in virtù del concorso nei reati coi ministri).
La novità di oggi, ossia l’indagine sulla collaboratrice di Nordio, potrebbe dare il ‘la’ alla richiesta di uno scudo anche per lei. Secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex parlamentare dem, “era già chiaro sin dall’agosto scorso, che c’era una contraddizione nella richiesta del Tribunale dei Ministri: era descritto un ruolo integrato del capo di gabinetto nella motivazione ma poi non si chiedeva per lei un’autorizzazione”. Quindi “la Giunta può chiedere al Tribunale dei ministri un’integrazione e, in assenza di risposta, sarebbe possibile per la Camera promuovere conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale”.
Ceccanti ricorda il precedente del 2010 quando “la Giunta presieduta allora da Pierluigi Castagnetti chiese al Tribunale dei ministri nel caso del ministro Lunardi di aggiungere per coerenza rispetto alle sue motivazioni anche una richiesta di autorizzazione per il cardinale Crescenzio Sepe”. In quel caso, tuttavia, si trattava sempre di reati “in concorso” mentre il reato commesso da Bartolozzi è stato ritenuto dal tribunale dei ministri ‘connesso’. Sulla base di questa riflessione, in queste ore, a Montecitorio sta maturando la convinzione che l’unica strada per tutelare la collaboratrice di Nordio è la sollevazione di un conflitto di attribuzione della Camera nei confronti del tribunale dei ministri dinanzi alla Consulta. La sede della decisione in quel caso sarebbe l’ufficio di presidenza di Montecitorio presieduto dal presidente della Camera Lorenzo Fontana e non più la Giunta.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intanto, esprime “piena e incondizionata solidarietà” a Bartolozzi che “ha sempre agito nella massima correttezza e lealtà, informandomi tempestivamente ed esaurientemente delle varie fasi della vicenda Almasri e di tutti gli aspetti ad essa relativi. Sulla base di questi ho fondato le mie valutazioni”. L’opposizione invece attacca. Secondo Bonelli dei Verdi “il caso Almasri rischia di diventare il Watergate italiano”. Debora Serracchiani del Pd chiede un passo indietro di Bartolozzi. Per il leader M5s Giuseppe Conte la vicenda “mina la credibilità dell’Italia che nel tempo ha contribuito a edificare e a costruire il diritto internazionale umanitario e l’ha calpestato con questa operazione”.

