Nelle gelate delle notti di aprile alcune aziende ricorrono a un metodo antico ancora oggi usato
CATANIA – Il gelo colpisce i vigneti nelle notti di Aprile sull’Etna, proprio durante la fase di germogliamento che in questi giorni precede la vegetazione e la formazione dei grappoli, compromettendo parte del futuro raccolto. Il lavoro di un anno che rischia di venire a mancare per un freddo importante che, in alcune zone della viticoltura mondiale, è davvero una grande paura tanto da essere spettacolarizzata, ed evitata, grazie a metodi utili per contrastarlo.
La pratica dell’accensione dei fuochi in vigna è un metodo antico utilizzato oltralpe e consiste nell’accendere numerosi fuochi vicino al vigneto per riscaldare l’aria ed evitare che le temperature basse facciano gelare le gemme appena nate: “È il primo anno che mettiamo in pratica questa tecnica sul versante Nord del vulcano – racconta Vincenzo Lo Mauro, direttore dell’azienda Passopisciaro – non possiamo rischiare di perdere tutta la produzione di un anno per una gelata e così in questi giorni, tra i continui monitoraggi, si va avanti con i falò notturni, ricordando l’insegnamento dei francesi”.
L’azienda fondata da Andrea Franchetti che tra i primissimi ha creduto nelle potenzialità enologica del vulcano, ha messo in atto questa pratica nella cantina toscana in passato, così da sperimentarla anche sull’Etna nelle notti del 6 e 8 Aprile a circa 1.000 metri tra i filari dello Chardonnay. Questa tecnica, tanto utilizzata in Francia, consiste nel posizionare delle candele antigelo, alte circa 60 centimetri, che creano un microclima a livello dell’altezza delle piante e danno vita ad una piccola nuvola di fumo che, da un lato riscalda l’aria e, dall’altro, fa da filtro tra la gelata che scende e le piante, dando protezione alle nuove gemme che stanno nascendo. Infatti, non è solo il freddo il grande problema ma soprattutto la mancanza del vento e, proprio per questo, alcune aziende utilizzano dei ventilatori per muovere l’aria ed evitare che la gemma si geli. Quella dei falò in vigna rimane una pratica non solo più spettacolare ma anche più economica ed impegna i viticoltori a monitorare costantemente le temperatura, accendendo poi le candele antigelo che rimangono accese in mezzo ai filari per circa cinque ore.
“Ricordo che qualche anno fa arrivò una bruttissima gelata il 26 di Aprile, dopo una primavera regolare, ma che ha bruciato parte delle gemme – ricorda Lo Mauro – salvare qualche gemma è fondamentale per la produzione e la maturazione delle uve”. Il rischio aumenta se l’età delle piante è ancora giovane: questo perché il germoglio della vite, quando ancora acerbo, risulta essere molto delicato e di fronte a gelate notturne rischia di seccarsi e di diventare improduttivo.