Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), nel suo usuale rapporto, prende atto che le otto regioni meridionali crescono, ma lo stesso rapporto non paragona tale crescita con quella delle otto regioni del Nord. Se l’avesse fatto, si sarebbe visto che queste ultime crescono molto di più che quelle meridionali.
È questo il vero nodo del nostro Paese, che non è mai stato affrontato da nessun Governo, neanche dopo la riforma elettorale, denominata “Mattarellum”, e dopo la vergognosa ondata di Mani pulite, che ha travolto tutta la classe politica antecedente a tale data.
Si pensava a una nuova era in cui il Paese si sarebbe unificato veramente, ma così non è accaduto, come dobbiamo constatare.
L’Italia ha fatto il contrario di quello che fece la Germania dopo il crollo del Muro di Berlino del 9 novembre 1989, quando il capo dell’Unione sovietica, Michail Gorbaciov, ordinò alle sue truppe di ritirarsi dalla Germania, consentendo così la riunificazione del popolo tedesco.
La domanda cruciale: perché non si unifica l’Italia?
La domanda che sorge è: come mai tutti i Governi, dal 1994 a quello odierno, non si sono mai posti il problema di unificare l’Italia, anche sotto il profilo economico e sociale?
Vi sono tante risposte al quesito, ma crediamo che ve ne sia una al di sopra di tutte: non vi è alcuna volontà di togliere il Mezzogiorno dallo stato di debolezza economica e sociale in cui si trova.
Dobbiamo ricordare che quando si fece la riunione per l’unificazione dell’Italia – avvenuta il 17 marzo del 1861 – il Mezzogiorno era più ricco delle otto regioni del Nord. A distanza di un secolo e mezzo la situazione si è però ribaltata.
Sono a tutti note le vicende che hanno portato a questo ribaltamento. Senza andare lontano, ricordiamo che tutti i Governi dominati dalla Democrazia cristiana hanno continuato ad aumentare gli investimenti nelle otto regioni del Nord, tenendo al lumicino quelli nelle otto regioni del Sud. Fu anche inventata la Cassa del Mezzogiorno, che, a fronte dell’obiettivo ufficiale di migliorare la situazione del Sud, drenava risorse che andavano al Nord.
Un divario che sembra frutto di un disegno
Qui non si vuole fare una considerazione pietistica, bensì riportare alla luce fatti inequivocabili, il primo dei quali, lo ripetiamo, è che il gap economico-sociale fra Nord e Sud continua ad aumentare. Non è escluso che quanto accade sia frutto di un disegno, perché gli eventi non accadono per caso.
Il peggio è che di fronte a questa fotografia realistica la situazione non muta e la prospettiva non cambia.
Questa differente crescita fra le otto regioni del Nord e le otto regioni del Sud è inarrestabile se il Governo attuale e quelli successivi non si pongono la questione di fondo e cioé che bisogna investire molte più risorse al Sud che al Nord per tentare di ridurre la differenza di Pil. Riteniamo però improbabile che questo accada, anche perché la maggior parte della popolazione è ubicata dall’Umbria in su e quella delle quattro regioni centrali fa il pesce in barile, perché è dominata da Roma, capitale d’Italia, che dovremmo definire capitale di mezza Italia.
Così è se vi pare.
Infrastrutture che parlano da sole
Ricordiamo che l’autostrada del Sole, di ben settecentocinquanta chilometri, fu costruita in otto anni (1956-1964), ma essa terminò a Napoli: il Sud non esisteva.
Ricordiamo che le reti ferroviarie ad alta velocità si sono estese rapidamente nelle otto regioni del Nord, ma non esistono nel Sud. La rete ad alta velocità si è fermata ad Eboli, pardon, a Salerno.
Non sappiamo se dietro questo scenario vi sia una maledizione degli eventi, ma esso è così e sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario in base a numeri e fatti, non in base a vuote parole, che servono per confondere i cittadini, i quali sono vittime di un sistema istituzionale che non ha nessuna intenzione di fare la vera unificazione dell’Italia, sotto il profilo economico e sociale.
Colpisce che l’attuale opposizione (che è stata al potere per decine di anni), non ha mai affrontato quanto oggi descriviamo. Evidentemente la malattia, perché di questo si tratta, ha colpito anche lei.
C’è speranza?
C’è speranza? Sempre, ma bisogna agire ora, o sarà troppo tardi.

