Paventato un cambio di scenario che preoccupa gli imprenditori del Mezzogiorno d'Italia
Non passa giorno che il Governo Meloni non tiri fuori dal (capiente) cappello un provvedimento che penalizzi il Sud, tra tagli sul PNRR, scippi al Fondo Sviluppo e Coesione, autonomia differenziata e quant’altro. In questo quadro si inserisce anche il provvedimento con il quale le piccole imprese ubicate nelle regioni del meridione d’Italia (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), che vogliono effettuare investimenti in beni strumentali (macchinari, impianti e attrezzature), a far data dal 01/01/2024 non potranno più beneficiare del Credito d’Imposta in precedenza previsto a questo scopo.
Cambio di scenario
La mancata proroga del cosiddetto Credito d’Imposta Mezzogiorno potrebbe comportare, anzi purtroppo certamente comporterà, il rallentamento e/o l’arresto degli investimenti di tanti piccoli imprenditori che negli ultimi anni ne hanno beneficiato nella misura del 45% sugli investimenti effettuati nelle proprie strutture produttive e nei propri laboratori.
Il cambio di scenario per le imprese di minori dimensioni del Sud appare in tutta la sua evidenza, se si pone mente al fatto che negli anni precedenti le imprese potevano cumulare questo Credito con quello previsto dalla normativa Industria 4.0. In particolare erano previsti:
- per l’anno 2021, Credito d’Imposta Mezzogiorno del 45% e Credito d’Imposta 4.0 del 50%;
- per l’anno 2022, Credito d’Imposta Mezzogiorno del 45% e Credito d’Imposta 4.0 del 40%.
I freddi numeri
Ancora nel 2023 le microaziende potevano beneficiare del Credito d’Imposta Mezzogiorno del 45%, al quale si aggiungeva, se realizzavano investimenti innovativi, il Credito d’Imposta 4.0 a intensità ridotta del 20%. Realisticamente le aziende del Sud sono passate, in tre anni, da un sistema cumulabile di incentivi che copriva sino al 95% dell’investimento (2021) a quasi zero nel 2024. La freddezza dei numeri dimostra quanto rilevante sia il problema. Immaginiamo che il Governo nazionale avrà pensato che il DL 124/2023 e la costituzione della ZES unica del meridione d’Italia avrebbero sostituito il Credito d’Imposta Mezzogiorno a partire dal 2024. Ma non è assolutamente così.
Fondi insufficienti
Al di là raggiungimento della piena operatività della ZES unica, al momento ancora imprevedibile, con il Credito d’Imposta Mezzogiorno si potevano agevolare anche i piccoli investimenti, dal momento che non c’era una soglia di investimento minimo: lo strumento rappresentava quindi un valido aiuto per tanti micro e piccoli imprenditori, mentre il Credito d’Imposta previsto dalla Legge sulla ZES prevede un investimento minimo di € 200.000,00. D’altra parte, lo stanziamento di fondi di 1,8 miliardi per l’anno 2024 appare insufficiente alla luce degli impegni degli anni precedenti: peraltro, mentre in precedenza l’investimento massimo consentito per le grandi aziende era di € 15 milioni, con la ZES unica è stato aumentato a € 100 milioni: ipoteticamente ci sarebbe la copertura solo per 18 grandi investimenti!
Un valido strumento
E’ vero che la ZES unica del Mezzogiorno, con lo snellimento delle procedure autorizzative e burocratiche attraverso la costituzione dello sportello unico digitale delle ZES, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, potrebbe essere un valido strumento per attrarre investimenti esogeni nel Sud d’Italia e per il potenziamento delle aziende di maggiori dimensioni con percentuali di aiuto sotto forma di Credito d’Imposta che vanno dal 40% per le grandi imprese al 60% per le piccole imprese. Ma è altrettanto vero che non costituisce uno strumento adatto per tante piccole e microimprese che invece si avvalevano in modo significativo del precedente Credito d’Imposta.
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L’obiettivo della Zes
I due strumenti, Credito d’Imposta Mezzogiorno e Credito d’Imposta previsto dalla ZES unica del Mezzogiorno, sono molto diversi, hanno finalità differenti e, diremmo, complementari.
Il primo, finanziato con fondi europei, ha incentivato le piccole imprese, che attraverso investimenti iniziali anche di limitata entità hanno recuperato il contributo fruito in compensazione con i propri debiti erariali e previdenziali in tempi ristrettissimi. La ZES unica ha l’obiettivo di rendere il Sud Italia attraente agli occhi degli imprenditori che già operano, ma soprattutto ha la mission di attrarre investimenti di imprese esterne allo scopo di creare sviluppo e occupazione.
L’auspicio
Considerando quindi la complementarità dei due strumenti di agevolazione crediamo che una riflessione da parte del governo sia indispensabile. È opportuno con urgenza ripristinare il Credito d’Imposta Mezzogiorno ex Legge 208/2015, prorogato con la Legge 178/2020. Nello stesso tempo è auspicabile l’immediata approvazione dei decreti attuativi della ZES unica in modo da fornire gli indispensabili strumenti operativi alle imprese che vogliono investire nel Mezzogiorno.
Sud Italia osserva Governo
Se il Governo Meloni non agirà in questa direzione, i cittadini e le imprese del mezzogiorno avranno una ulteriore testimonianza del suo disinteresse nei confronti del Sud dell’Italia. Se invece l’intendimento del Governo è quello di offrire vantaggi a chi crea ricchezza e occupazione nel Mezzogiorno attraverso gli incentivi, la detassazione e la semplificazione, occorre che la legge sulla ZES unica sia uno strumento addizionale per chi vuole investire al Sud e non sia sostitutiva rispetto alle leggi preesistenti che consentivano a tutti gli operatori di essere aiutati dallo Stato per i propri investimenti produttivi.
Rischio peggioramento
Altrimenti diventa una sorta di Robin Hood al contrario, toglie gli incentivi alle microimprese per i piccoli investimenti per darli alle grandi imprese. Concreto è il rischio che con questi ultimi provvedimenti la situazione socio-economica del Mezzogiorno peggiori, tradendo peraltro i principi di coesione socio-economica su cui si basa la politica UE nelle aree svantaggiate.