Tamponi dai medici di famiglia, si spacca il fronte dei sindacati - QdS

Tamponi dai medici di famiglia, si spacca il fronte dei sindacati

redazione

Tamponi dai medici di famiglia, si spacca il fronte dei sindacati

mercoledì 28 Ottobre 2020

L’accordo collettivo nazionale siglato soltanto dalla Fimmg, dubbi dalle altre sigle sulla sicurezza di operatori sanitari e cittadini. Andrea Filippi (Fp Cgil): “Ogni singolo professionista potrà fare un solo tampone al giorno”

ROMA – I medici di famiglia potranno eseguire tamponi rapidi nel proprio studio, ma un coro di polemiche ha subito sommerso l’accordo collettivo nazionale (stralcio) che martedì sera è stato siglato soltanto dalla Fimmg (la Federazione nazionale dei medici di medicina generale). Le altre sigle sindacali (Sindacato nazionale autonomo dei medici Italiani-Snami, Intesa sindacale e Sindacato medici italiani-Smi) non hanno firmato ritenendo che l’intesa – raggiunta dalla Sisac (la Struttura interregionale sanitari convenzionati), sviluppata sulla base di un indirizzo della Conferenza Stato-Regioni – “non garantisca la sicurezza dei cittadini e degli operatori sanitari”.

L’accordo, però, è ormai stato sottoscrittoe per garantirne la piena operatività è stato inserito nel Decreto Ristori un finanziamento di 30 milioni di euro, con il quale si andrà a coprire il “ticket” riconosciuto ai medici di base: 18 euro al professionista per ogni tampone fatto nel suo studio e 12 euro se il test viene somministrato in una struttura della Asl. Soldi che dunque non dovranno sborsare i pazienti, in quanto il costo sarà interamente a carico dello Stato.

Ai medici generici, inoltre, verranno forniti i dispositivi di sicurezza da indossare ogni volta che entreranno in contatto con un caso sospetto di Covid.

“In questa fase emergenziale – spiega il presidente del Comitato di Settore Regioni Sanità, Davide Caparini, – è fondamentale assicurare un’assistenza territoriale che sia presente con tutte le sue forze. Grazie al coinvolgimento della medicina del territorio, i medici di medicina generale e i pediatri assumono così un ruolo ancora più attivo nel contrasto alla pandemia. L’obiettivo è di ridurre la pressione sui presidi ospedalieri e sulle strutture sanitarie e diminuire le occasioni di esposizione al rischio contagio”.

“E’ una risposta importante – sottolinea Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni – che i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta hanno dato al Paese contribuendo a migliorare il processo di presa in cura dei pazienti attraverso l’erogazione di un numero maggiore di servizi di diagnostica di primo livello e attraverso l’effettuazione dei tamponi antigenici rapidi per tutto il periodo dell’emergenza”.

“Ora il nostro Paese ha un strumento in più da utilizzare per contrastare la diffusione del Covid-19. Si allarga così in modo sempre più capillare – dice ancora Bonaccini – la campagna di prevenzione e di contrasto della pandemia. Ormai su larga scala sono coinvolte diverse categorie di operatori sanitari, che meritano sempre il nostro ringraziamento per la loro professionalità e dedizione”.

Di tutt’altro avviso, il segretario nazionale della Smi, Pina Onori, secondo la quale “tenuto conto che è stato finanziato 1 milione e mezzo di tamponi ci è sembrato che la percentuale non incida. Ma incide invece sulla sicurezza degli studi medici e dei cittadini”.

Critica anche la Fp Cgil medici secondo cui l’accordo non è stato frutto di una trattativa, ma “la presa d’atto di qualcosa che era già stato concordato”. Inoltre: “Due milioni di test da distribuire entro fine anno a 53 mila medici di famiglia su tutto il territorio nazionale significa che ogni singolo professionista farà 1 solo tampone al giorno. Ci si chiede se valeva per davvero la pena di organizzare tutto questo per un risultato così piccolo”, dice il segretario nazionale Andrea Filippi.

Sull’argomento è intervenuto anche il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta: “Al di là della effettiva disponibilità dei tamponi rapidi, diverse difficoltà ostacolano il loro immediato utilizzo negli ambulatori di medici e pediatri di famiglia, spesso strutturalmente inadeguati a garantire percorsi dedicati per sospetti casi Covid. Peraltro è necessario un adeguato training dei professionisti coinvolti nell’esecuzione dei test, perché la probabilità di risultati falsamente negativi al tampone aumenta in mani non esperte.”

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