Un dissesto finanziario ormai deliberato ma che non comporterà ulteriori aumenti delle imposte, i cui importi restano gli stessi di sempre
TAORMINA (ME) – Un dissesto finanziario ormai deliberato, che non comporterà ulteriori aumenti delle tasse per i taorminesi. È la situazione economica nella quale, a breve, si ritroverà la Perla dello Ionio, a seguito dello stato di default ufficialmente deliberato in Consiglio comunale da oltre un mese. Tra i primi provvedimenti che l’amministrazione guidata dal sindaco, Mario Bolognari, doveva impegnarsi ad adottare c’erano appunto tutta una serie di manovre, volte ad aumentare le aliquote dei tributi comunali ai massimi livelli, come conseguenza diretta prevista dalla legge per gli enti in dissesto finanziario. La buona, o cattiva notizia a seconda di come la si vuol interpretare, sta nel fatto che comunque già da diversi anni il Comune di Taormina applicava le percentuali più alte, per cui la Giunta si è trovata ben poco da dover aumentare.
Nella seduta del 21 agosto – che segue le deliberazioni del Consiglio comunale del 17 e 31 luglio – non si è dovuto far altro infatti, che mantenere invariate tutte le tasse più importanti, come l’Imu, il servizio idrico, l’imposta di soggiorno per i turisti, il canone unico per i diritti di pubblicità e di occupazione del suolo pubblico, così come gli altri servizi a domanda individuale (asilo, illuminazioni votive, uso dei locali comunali) che superavano già almeno il 36% di copertura. Piccolo aumento, dell’ordine dell’1 per mille, ha riguardato l’addizionale Irpef, anche se non applicabile ai redditi più bassi, mentre gli oneri di costruzione e di urbanizzazione hanno subito esclusivamente un adeguamento Istat dell’1%, con costi invariati per i diritti di segreteria delle concessioni edilizie. Insomma tutto come prima, o quasi, almeno per le tasche dei cittadini che pagavano già bollette “salate” prima del default.
Capitolo a parte per la Tari, la nuova tassa sui rifiuti, sulla quale il Consiglio comunale si era già espresso deliberando il piano 2021, che era basato sui servizi resi nel 2019, ovvero nell’ultimo anno pre Covid, con risultanze ovviamente insostenibili soprattutto per le attività commerciali. Per questa ragione si è provveduto a far rientrare parte dei ristori destinati al Comune da Governo centrale, per coprire parte delle spese di spazzatura delle utenze commerciali, mentre per le utenze private l’amministrazione ha deciso di destinare il sostegno regionale anti Covid, di circa 272 mila euro, tramite voucher che saranno erogati a compensazione delle prossime bollette.
Così in attesa di accogliere i tre commissari, che saranno inviati dal ministero dell’Interno per sbrogliare la matassa relativa ai bilanci e alla situazione debitoria, in questo modo Taormina si prepara a superare quello che il primo cittadino ha definito “un arresto cardiaco”, riferendosi alla crisi economica iniziata nella primavera dello scorso anno, e alla “scelta dolorosa ma inevitabile” relativa alla dichiarazione di dissesto. Default che, lo ricordiamo, è scaturito dalla decisione della Corte dei Conti Sicilia di bocciare il Piano di riequilibrio finanziario proposto dal Comune, giudicato “non congruo a riportare l’ente in equilibrio”.
Un Piano che era stato deliberato nel febbraio del 2018, basato su 18,4 milioni di euro di debiti fuori bilancio (di cui 11,8 risalenti addirittura a prima del 2001), che poi si è scoperto essere stati sottodimensionati, con altri 2 milioni e mezzo che dovevano essere ricompresi, ma per i quali non sarebbe stato più possibile trovare copertura. Criticità unite al fatto che nessuno degli accordi transattivi proposti aveva trovato adesione da parte dei creditori, e che non sarebbe stato possibile richiedere un mutuo alla Cassa depositi e prestiti per coprire almeno 11 milioni di debiti, perché si tratta di somme quantificate tra le spese correnti. Attraverso il dissesto, Taormina ha scelto di chiudere i conti col passato, azzerare gli errori e guardare con ottimismo al futuro.
Twitter: @MassimoMobilia