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Tari e gestione rifiuti in Sicilia: chi paga di più, chi resiste e cosa cambierà con i termovalorizzatori

Tari e gestione rifiuti in Sicilia: chi paga di più, chi resiste e cosa cambierà con i termovalorizzatori
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Stangata su famiglie e attività, nonostante i dati in aumento sulla raccolta differenziata. Alcuni comuni virtuosi riescono a resistere, ma la svolta è necessaria.

Nonostante l’aumento delle percentuali di raccolta differenziata in molte realtà siciliane, la Tari – la tassa sui rifiuti – continua a crescere. E in alcuni casi lo fa in modo allarmante. È quanto sta accadendo in diversi Comuni dell’isola, dove famiglie e imprese si ritrovano a fronteggiare rincari significativi, talvolta sproporzionati rispetto alla qualità del servizio ricevuto o agli sforzi fatti per ridurre la produzione di rifiuti.

Il caso più emblematico arriva dalle Isole Eolie, dove la Federalberghi locale ha espresso profondo disappunto per l’aumento della Tari del 39,74% previsto per il 2025, a cui si somma un ulteriore +17,7% delle tariffe idriche. Un impatto devastante per il comparto turistico-ricettivo, già messo a dura prova da rincari energetici, inflazione e incertezze economiche.

Cosa fa aumentare (o diminuire) la TARI

La Tari è una tassa che, per legge, deve coprire il 100% dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Questo significa che qualsiasi aumento dei costi di gestione – carburante, personale, discariche, manutenzioni – ricade direttamente sulle bollette dei cittadini.

Oltre ai costi operativi, ci sono voci di spesa che variano da Comune a Comune: se il servizio è affidato in house o esternalizzato, se la raccolta differenziata è efficiente, se il rifiuto indifferenziato deve essere trasportato fuori provincia o addirittura fuori regione per mancanza di impianti, e ancora se ci sono evasori che non pagano la tassa, costringendo gli altri a coprire il fabbisogno.

Persino la presenza (o assenza) di fondi regionali o statali può fare la differenza tra un aumento e una stabilizzazione delle tariffe. Infine, la recente regolazione Arera impone ai Comuni una serie di voci obbligatorie, tra cui il bonus sociale, che contribuiscono a far lievitare i piani tariffari.

L’esempio delle Eolie: famiglie e turismo sotto assedio

Federalberghi Isole Eolie non ha usato mezzi termini nel definire l’aumento del 39,74% sulla Tari 2025 come un “colpo durissimo” per le strutture ricettive dell’arcipelago. A questo si somma un rincaro del 17,7% sulle tariffe idriche, con la quota fissa passata da 68,48 euro a 80,40 euro e quella variabile da 2,13 a 2,50 euro al metro cubo.

Particolarmente penalizzate sono le strutture più grandi, non perché producano più rifiuti, ma perché il calcolo si basa esclusivamente sulla superficie. Un criterio definito “anacronistico” dall’associazione, che ignora completamente la reale quantità di rifiuti prodotti. In pratica, chi offre camere più ampie per migliorare l’esperienza dei turisti viene oggi punito da una pressione fiscale crescente.

Nonostante le PEC inviate da Federalberghi al Comune già ad aprile, in cui si chiedeva trasparenza e confronto sul piano tariffario, le richieste sono rimaste senza risposta. “Avevamo segnalato il rischio di un aumento fino al 40% – spiegano – e purtroppo si è concretizzato”.

Tariffe che ignorano il merito

Altro elemento critico sottolineato dagli operatori turistici, ma che – ovviamente – vale per tutti, è la mancanza di forme di premialità significative per chi adotta comportamenti virtuosi. Chi investe nella riduzione dei rifiuti, nella differenziata e in pratiche sostenibili si ritrova spesso ad essere trattato esattamente come tutti gli altri. Anche lo sgravio previsto per le attività stagionali – attualmente al 25% – viene giudicato insufficiente, visto che molte strutture operano per pochi mesi l’anno, ma pagano comunque una tariffa pensata per attività a ciclo continuo.

“Il comparto turistico-ricettivo – conclude Federalberghi – non può essere trattato come un semplice bancomat. Senza una visione condivisa e sostenibile, si rischia di compromettere l’intero sistema economico locale”.

In Sicilia una situazione a macchia di leopardo

Il caso delle Eolie non è isolato. In Sicilia, il 2025 segna un incremento generalizzato della Tari anche in Comuni che hanno raggiunto buoni livelli di raccolta differenziata. A Palermo, ad esempio, l’aumento sarà di circa 20 euro in media a famiglia, nonostante l’amministrazione abbia deciso di coprire una parte dei costi con la tassa di soggiorno. A Catania i costi della TARI risultano già tra i più alti d’Italia secondo le stime nazionali, rendendo la città tra le più care sul fronte del servizio rifiuti. Invece a Messina, secondo quanto emerso nel piano presentato dalla Messinaservizi Bene Comune, il 2025 non porterà aumenti significativi grazie alla riduzione dell’indifferenziato e all’efficienza del sistema di raccolta. Nonostante le performance ancora non soddisfacenti della differenziata, le tariffe TARI a Siracusa restano praticamente invariate rispetto al 2024. Ad Agrigento, le famiglie pagheranno circa 30-40 euro in più, mentre a Favara il Piano Economico Finanziario è cresciuto di oltre un milione di euro, con un impatto sensibile su tutte le utenze. Anche ad Augusta si registrano aumenti: +2% per le famiglie e +6% per le utenze non domestiche, a causa della perdita di contributi regionali. Ma ci sono anche esempi virtuosi: Montedoro, con una differenziata all’81%, è riuscito a mantenere invariate le tariffe e a distribuire piccoli premi ai cittadini. Lo stesso è accaduto a Gravina di Catania e Belpasso, che hanno evitato rincari grazie a una gestione oculata del servizio e alla lotta all’evasione. Tra i comuni che si distinguono in positivo con una riduzione della tariffa c’è Riposto.

La domanda di fondo: è un sistema equo?

Il problema di fondo resta: la Tari in Sicilia è ancora una tassa pensata più sulla carta che sulla realtà, spesso sganciata dai comportamenti dei cittadini o dalle caratteristiche reali delle utenze. Una tassa che continua a penalizzare chi prova a investire nel territorio – come le imprese turistiche – senza offrire in cambio garanzie su servizi efficienti o su criteri più equi.

Il rischio, sempre più concreto, è che i costi della gestione rifiuti – ormai insostenibili – vadano a pesare proprio su quei settori che, come il turismo, dovrebbero trainare la ripresa economica della regione.

Il piano termovalorizzatori: la scommessa di Schifani

Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha messo in campo un piano per cambiare radicalmente la gestione dei rifiuti in Sicilia: la costruzione di due grandi termovalorizzatori — uno a Bellolampo (Palermo) e l’altro nella zona industriale di Catania — interamente finanziati con 800 milioni di euro provenienti dal Fondo di Sviluppo e Coesione. L’obiettivo dichiarato è mettere fine all’emergenza discariche, ridurre i costi di esportazione dei rifiuti (oltre 100 milioni l’anno) e produrre energia a partire dagli scarti, con impatto ambientale “pari a zero”, secondo lo stesso Schifani. I lavori dovrebbero cominciare entro settembre 2026, con completamento previsto entro il 2028.

L’impatto dei termovalorizzatori

Dal punto di vista economico, se il progetto resterà nei tempi e nel budget previsti, i costi che attualmente gravano in gran parte sulle tariffe Tari per coprire smaltimento e trasporto potrebbero alleggerirsi nel lungo periodo.

Sul piano ambientale, i termovalorizzatori moderni, dotati di avanzati sistemi di filtraggio, promettono emissioni contenute e valorizzazione energetica. .

Il piano di Schifani rappresenta in ogni caso una svolta rispetto al passato. Resta però il nodo della tempistica — se verrà rispettata — e la capacità di integrare questo strumento con una vera strategia di economia circolare: riduzione, riciclo e tariffe puntuali. Per essere davvero sostenibile, questa infrastruttura dovrà impattare positivamente sulle tasche dei cittadini – abbattendo i costi Tari in Sicilia — e sul territorio, garantendo sicurezza ambientale e contribuendo a un modello di gestione dei rifiuti moderno e responsabile.