Le Forze Armate sono storicamente gli unici modi per evitare la guerra
Correva l’anno 2004, il Presidente del Consiglio dei Ministri era Silvio Berlusconi, e con una legge approvata sotto ferragosto, veniva sancita la fine della leva obbligatoria a partire dal 1º gennaio 2005. Dall’unità d’Italia la “naja” era stata il collante degli italiani, l’istituzione che univa il popolo a difesa della patria. La decisione non era estemporanea, ma maturata con la fine della Guerra fredda, dopo oltre di un decennio di crisi della Russia, che non sembrava più essere una minaccia.
La nuova situazione richiedeva una rivisitazione della struttura delle Forze Armate, in cui diventavano più importanti i mezzi a disposizione che il numero di uomini. Con il passaggio all’esercito professionale il numero di effettivi si riduceva da 725.000 ai 165.000 attuali. Anche le spese seguivano una trend discendente, passando dall’1,4% del Pil del 1997 all’1% del 2019. Venuta meno la minaccia sovietica però anche gli Stati Uniti desideravano ridurre le loro spese in Europa per concentrarsi su altri teatri, in particolare il Pacifico. Così, mentre dal 2007 la Russia ricominciava a voler avere un ruolo internazionale e a intervenire militarmente, l’Italia, e non solo, riduceva le proprie capacità di difesa. I 7.000 militari italiani presenti in 24 paesi sono uno dei pochi e sottaciuti motivi per cui l’Italia ha un ruolo, anche se piccolo, nel contesto internazionale.
Le Forze Armate non sono un lusso o una spesa superflua ma una necessità a cui dovrebbero tenere soprattutto i pacifisti. Bilanciamento delle forze e deterrenza, infatti, sono storicamente gli unici modi per evitare la guerra. La proposta del Ministro della Difesa di rivedere l’assetto della Forze Armate e le spese militari non è una scelta militarista e guerrafondaia. In uno scenario sconvolto da due conflitti a pochi chilometri dall’Italia, che delineano un mondo diverso da quello conosciuto negli ultimi 20 anni, capire quali sono le minacce e come contrastarle sono una necessità, comunque la si pensi.