Pezzi di Pizzo

Teorema Taormina

Prendi un Presidente, trattalo male, lascia che s’incazzi per ore, dosa bene amore e crudeltà, ma fuori dal letto (del bilancio) nessuna pietà. La strana, vecchia, coppia, Cateno e Gianfranco avrà cantato la canzone di Marco Ferradini quando sono andati a cena a Taormina.

Nella città del teatro greco è in corso una tragedia che nemmeno l’Iliade. Si è formato un asse non nuovo, ma sconosciuto uno come Schifani, che non conosceva così bene l’isola, dopo tanti anni passati a Roma. L’asse De Luca-Miccichè, due picconatori di professione, intenzionati a demolire il colosso di Rodi dai piedi d’argilla che è il centrodestra in Sicilia. Prima il video, che definire sarcastico è poco, di De Luca, poi il comunicato al vetriolo di Miccichè, dopo il tentativo di fare passare un emendamento che colpiva la Regione, per dare ai Comuni introiti da eventi e spettacoli. Schifani intima Galvagno, Presidente Ars, di erigere una linea Maginot, minacciando dimissioni già dopo pochi mesi di legislatura. Almeno Musumeci aveva cominciato con queste tipiche tragedie siciliane dopo due anni.

Si preannunciano diserzioni e sortite tra i gruppi parlamentari, tradimenti prezzolati e agguati d’aula. Difficile affrontare una finanziaria in autunno con questa deriva.

Il clima è già da campagna elettorale europea e provinciale, anzi forse invertendo gli addendi il risultato è più confacente al climax della politica isolana.

Si sta aggregando un terzo polo in salsa araba, meno prebende e meno Calende, a parte Siracusa, una specie di Sicilia Viva con occhio di triglia, di siculo scoglio. La contesa promette scintille, anche perché i tarallucci e vino del bilancio sono terminati.

Così è se vi pare.