Investire 5mila euro (di cui un terzo dell’importo a carico dell’amministrazione comunale) per avere un ritorno economico che si aggira tra i 50mila e i 100mila euro. Non solo. Con il lavoro da remoto da presidi di comunità si riduce il divario sociale e territoriale nel Paese.
I lavoratori, le aziende e i territori hanno una migliore qualità della vita. È il modello vincente del South Working di Castelbuono, nato solo 18 mesi fa.
Perché non realizzarlo anche a Termini Imerese?
È una delle domande che si pone il Comitato Città-Porto per un futuro sostenibile, che ha organizzato una due giorni di incontri, dibattiti e conferenze dal titolo “Termini Imerese: verso quale città? – Idee e progetti per un futuro sostenibile”.
Tra i temi affrontati, oltre al lavoro smart al Sud, anche le Vecchie Terme e Grande Albergo delle Terme, Targa Florio e Floriopoli e la Riserva del monte S. Calogero.
Nicchitta (Comitato Città-Porto): “Industrializzazione e porto commerciale non sono la sola unica prospettiva”
“L’obiettivo di queste iniziative – commenta il presidente del Comitato, Rosario Nicchitta – nasce dopo l’approvazione del Consiglio comunale di un documento che potrebbe dare l’avvio a stravolgimenti urbanistici e ambientali.
Il Comitato ha ritenuto di non considerare conclusa la vicenda del PRP (Piano Regolatore Portuale) e ha pensato di estendere l’attenzione verso l’intera città e il suo territorio.
Le vicende del porto, infatti – continua Nicchitta – non interessano quella parte di città ma l’intero abitato. Il 50% della popolazione termitana vive dentro il centro storico. Vogliamo dimostrare che l’industrializzazione e il porto commerciale non sono la sola unica prospettiva”.
Termini Imerese non è una città che gode di ottima salute e i dati parlano chiaro. Dopo la chiusura dei cancelli dello stabilimento ex Fiat e Blutec l’area industriale è diventata un deserto. Dopo oltre dieci anni ancora centinaia di operai sono in cassa integrazione. Nell’ultimo quinquennio quasi mille termitani hanno lasciato la città per emigrare, soprattutto giovani.
Nei primi anni duemila si ambiva a superare la soglia dei trentamila abitanti. Nel 2018 se ne contavano 26mila. Tra i protagonisti degli incontri anche Fabrizio Barreca, uno dei componenti del gruppo di remote worker castelbuonesi che ha dato vita al South Working di Castelbuono.
“Il progetto che abbiamo realizzato solo un anno e mezzo fa ha diversi aspetti positivi. Avere persone che lavorano per multinazionali significa aggiungere un bagaglio di esperienze molto avanzate rispetto alla media locale.
Si crea un networking tale da aver portato anche alcune persone a cambiare azienda. Da questa esperienza è nato, a costo zero, Fuoriborgo.it, un contenitore virtuale in cui si pubblicizzano gli eventi culturali dell’area delle Madonie e dintorni. In questi mesi stiamo lavorando anche su un altro progetto che ha come tema la mobilità”.
Ma il South Working è una vetrina interessante anche per il territorio: “Non solo testate nazionali come il TG1 e Il Sole24Ore ma anche media internazionali come il Financial Time e Bloomberg hanno parlato di noi. Il consiglio che mi sento di dare a Termini Imerese è quello di aprire gli spazi pubblici, farli diventare luoghi di lavoro condiviso. È molto semplice e poco oneroso”.
Mario Catalano