La diatriba tra Regione e Si Energy sul progetto per un termovalorizzatore privato – da tempo fermo sul tavolo commissione tecnica-specialistica dell’assessorato – si sposta in tribunale. La notizia è arrivata nei giorni scorsi al governo Schifani e segue la notifica di un ricorso presentato dalla società che fa capo al gruppo Alfa Acciai, lo stesso che possiede Acciaierie di Sicilia.
Chi in questi anni ha seguito la storia del progetto, presentato per la prima volta nel 2020, non rimarrà sorpreso: a ritenere che la partita potesse finire davanti ai giudici amministrativi sono stati in tanti. Tra questi anche persone che conoscono bene le vicende interne alla commissione indipendente che si occupa di rilasciare i pareri ambientali.
L’antefatto svelato dal Qds
Due mesi fa, questa testata aveva rivelato come a cavallo fra maggio e giugno tra l’assessorato all’Ambiente e la Cts si fosse creato un certo attrito per le modalità con cui la commissione aveva rilasciato un parere istruttorio conclusivo monco di motivazioni, come invece previsto dalla normativa. Si era trattato dell’ennesimo intoppo, a cui però – è la denuncia di Si Energy – non è seguito nulla, con la conseguenza di fare scorrere ulteriore tempo.
Il tempo in questa storia è fondamentale: quando Si Energy presentò il progetto alla Regione, quella di realizzare dei termovalorizzatori per sostituire il sistema delle discariche era un’ipotesi che l’allora governo Musumeci aveva iniziato a coltivare. La strada da fare però era ancora lunghissima.
Negli ultimi cinque anni le cose sono cambiate. Anche se i passi da compiere sono ancora tanti, il governo Schifani può vantare l’approvazione, grazie ai poteri commissariali riconosciuti da Roma, di un nuovo piano regionale di gestione dei rifiuti e l’indizione della gara per il primo livello di progettazione dei due impianti che Schifani vuole realizzare a Palermo e Catania con 800 milioni di euro provenienti da fondi statali.
Terzo incomodo
Chi dichiara di non avere intenzione di rimanere a fare il terzo incomodo o peggio essere messo definitivamente da parte è la Si Energy. In una quarantina di pagine l’impresa ha condensato i motivi per cui ritiene di pagare perdite di tempo difficilmente spiegabili anche nell’ambito di una pubblica amministrazione abituata alle lungaggini.
Nel mirino sono finiti i quasi tre anni intercorsi dalla conclusione della conferenza di servizi – era l’estate 2022 – e il momento in cui, a maggio scorso, è stato rilasciato il parere istruttorio conclusivo, poi giudicato monco dallo stesso assessorato e della cui esistenza l’azienda afferma di avere appreso casualmente.
“Il verbale delle cinque riunioni della conferenza di servizi nonché tutti i pareri rilasciati è stato trasmesso in data 14 luglio 2022 alla commissione tecnica-specialistica per il parere finale – ricostruiscono i legali di Si Energy – Da questo momento, fino al 27 maggio 2025, sono state svolte una serie di attività istruttorie ultronee ed irrituali, anziché procedere all’emissione del parere”.
Per l’azienda, dal 24 settembre 2023, data in cui si è tenuta una riunione tra le parti, il rapporto con la Regione sarebbe stato caratterizzato da fatti “che paiono sorprendenti, lasciando la palpabile sensazione di un’istruttoria inutilmente e irritualmente dilatata”.
Le richieste al Tar
Per tutti questi motivi, Si Energy chiede al Tar di intervenire e annullare il parere di fine maggio in cui la Cts, richiamando un contributo dell’Avvocatura dello Stato, ha fatto riferimento alla non compatibilità del progetto con l’attuale piano di gestione dei rifiuti e, dunque, con i piani politici del governo Schifani. Tra le richieste c’è anche quella di impegnare la Cts a chiudere la procedura di valutazione ambientale e di valutazione d’incidenza ambientale.
Di fatto c’è che per Si Energy è tutt’altro che sottinteso che il termovalorizzatore privato sia incompatibile con gli obiettivi della Regione.
“Affermare che sia inutile rendere il parere istruttorio conclusivo dopo cinque anni di istruttoria per l’aggiornamento, nel 2024, del piano rifiuti frutto di un commissariamento disposto in una condizione di drammatica inefficienza pubblica – si legge nel ricorso – costituisce un paradosso logico e giuridico di palmare evidenza: da un lato, infatti, il commissariamento è pensato per porre riparo a una situazione emergenziale ben nota e risalente; dall’altro lato, gli atti del commissario vengono considerati ostativi all’iniziativa privata, benché ciò non possa affermarsi nemmeno in termini di principio, non essendovi alcuna contrarietà rispetto all’interesse pubblico perseguito con il commissariamento”.
A ciò l’azienda aggiunge anche un altro elemento: il termovalorizzatore che vorrebbe realizzare vanta un iter autorizzativo ben più avanzato rispetto a quello del futuro impianto pubblico. “Nulla esclude che l’investimento privato possa coerentemente coordinarsi con quello pubblico, determinando ulteriori efficienze e persino risparmi di spesa, a maggior ragione se si considera che la progettazione è già fatta e pronta”.
Tutte tesi che adesso saranno al vaglio dei giudici amministrativi, chiamati a stabilire se quella della Regione sia stata un’inerzia ingiustificabile o se invece tutto si sia svolto con lo zelo richiesto davanti a opere importanti come quella in discussione. Serve attendere. Certo è che nel primo caso l’azienda si troverebbe nelle condizioni anche di poter reclamare di avere subìto un danno di natura economica.

