Termovalorizzatori, 2-3 anni per realizzarli. "Rifiuto risorsa quando diventa energia" - QdS

Termovalorizzatori, 2-3 anni per realizzarli. “Rifiuto risorsa quando diventa energia”

redazione

Termovalorizzatori, 2-3 anni per realizzarli. “Rifiuto risorsa quando diventa energia”

Roberto Greco  |
martedì 30 Gennaio 2024

Il “modello Brescia” che smaltisce ogni anno 730 mila tonnellate di rifiuti, recuperando elettricità e calore. Intervista a Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, la Federazione delle aziende operanti nel settore delle “utilities”

Che sia la volta buona è ancora presto per dirlo. E non solo per come di solito vanno le cose in Sicilia, tra lungaggini, intoppi e dietrofront. Ma anche e soprattutto perché gli strombazzati poteri speciali al governatore Renato Schifani difettano di un passaggio fondamentale in Parlamento.

Nei giorni scorsi, infatti, si è consumata solo la prima “tappa” di quella che sembra essere l’ultima trovata per sbloccare l’annosa matassa tutta siciliana dei termovalorizzatori: anche l’allora Governo Renzi ci provò con il celeberrimo “Sblocca Italia” (poi ha fatto la fine che ha fatto). Qualche giorno fa, le commissioni Ambiente e Industria della Camera hanno approvato l’emendamento che consente al Presidente dell’Isola di accelerare la costruzione degli impianti che producono energia dai rifiuti, conferendogli il titolo di Commissario straordinario per “il completamento della rete impiantistica integrata” e per “la realizzazione e localizzazione di nuovi impianti di termovalorizzazione di rifiuti”, nomina che avrà una durata di due anni, prorogabile. Naturalmente, a meno di clamorosi colpi di scena, francamente molto improbabili, non dovrebbero esserci problemi affinché la maggioranza accordi a Schifani i “pieni poteri” per realizzare, entro un orizzonte temporale stimato tra il 2027 e il 2030, quelle infrastrutture giudicate da molti esperti indispensabili per chiudere il ciclo dei rifiuti nell’Isola.

Da Nello a Renato

Ci aveva già provato il Governo di Nello Musumeci, quando nel 2021 pubblicò un un avviso esplorativo per la “progettazione, costruzione e successiva gestione” di alcuni termovalorizzatori. Delle sette società che presentarono il loro progetto, ne furono selezionate due nell’aprile del 2022.

Il progetto iniziale prevedeva la costruzione di due impianti: il primo a Gela con un investimento di circa 650 milioni di euro e circa 450 mila tonnellate di rifiuti da smaltire ogni anno, e l’altro a Catania con un costo di circa 400 milioni di euro e una “capacità” di 300 mila tonnellate. Inizialmente i progetti avrebbero dovuto essere finanziati con il modello del “project financing”, ossia con i fondi delle aziende che avrebbero costruito gli impianti e che poi avrebbero potuto guadagnare dalla loro gestione.

Il primo interrogativo: dove realizzarli

Con la fine del Governo Musumeci e l’avvento della nuova Giunta regionale, di fatto si è deciso di ripartire da zero. A partire dalla possibile dislocazione dei termovalorizzatori perché, come ebbe a dichiarare l’assessore Di Mauro in un’intervista che rilasciò al QdS lo scorso mese di ottobre, il ciclo di gestione dei rifiuti va ottimizzato nel suo insieme, compreso il loro trasporto.

Circa il 50% dei rifiuti prodotti nell’isola sono relativi alle due città più grandi, Palermo e Catania. Risulterebbe, oltreché costoso, inefficiente un massiccio trasporto di rifiuti da Palermo, ad esempio, a Gela mentre sarebbe più strategica la costruzione nel circondario, come ad esempio a Termini Imerese anche per la presenza di una grossa centrale, dedicata allo scienziato palermitano Ettore Majorana, che oggi ha una potenza complessiva di 1.340 MW e potrebbe diventare l’hub per l’accesso in rete, essendo già connessa, dell’energia prodotta da un termovalorizzatore.

Il nodo dei tempi

Tra le domande che sorgono spontanee rispetto alla realizzazione dei termovalorizzatori, in una terra in costante emergenza dei rifiuti, vi è quella delle tempistiche per realizzarli. Come afferma il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini (intervista più sotto), oggi si sono consolidati dei tempi “standard” che si aggirano intorno a 2-4 anni, con la forbice che dovrebbe restringersi in caso di poteri speciali. A tal proposito basta prendere ad esempio l’iter relativo alla costruzione del termovalorizzatore a Roma, nell’area di Santa Palomba, all’estrema periferia di Roma, al confine con Ardea e Pomezia. Il sindaco Gualtieri, nel mese di luglio 2022 annunciò che l’obiettivo era di avere almeno una linea produttiva, utile allo smaltimento dei rifiuti della città nel 2025, in occasione del Giubileo. Nel mese di aprile 2023 lo stesso Gualtieri annunciò che era stata definita l’area ritenuta idonea ma che l’operatività del termovalorizzatore era prevedibile per il mese di settembre 2026.

In realtà solo il 16 novembre 2023 il Comune ha pubblicato il bando di gara per il nuovo termovalorizzatore di Roma, con una concessione dal valore di 7,43 miliardi di euro. La scadenza di presentazione delle offerte è prevista per 18 maggio 2024 con conseguente apertura delle offerte il 20 maggio. Ma ancora tutto sarà sulla carta e bisognerà attendere 2-3 anni per avere la vera messa in funzione almeno della prima linea produttiva. Se una tempistica analoga si dovesse applicare in Sicilia possiamo ritenere che, dopo aver identificato, verificato ed effettuato i sondaggi necessari sull’area che ospiterà l’impianto, si potrà procedere alla redazione e ufficializzazione del bando. A seguito di questo dovranno trascorrere sei mesi per la ricezione delle offerte. Una volta effettuata la scelta della società che si occuperà della costruzione, finalmente, si potrà dare l’avvio ai lavori.

Il modello Brescia

Altro nodo da sciogliere riguarda la capacità dei termovalorizzatori che verranno costruiti in Sicilia. Appare scontato che saranno due come nel progetto del Governo regionale precedente, uno da costruire nella Sicilia orientale e uno in quella occidentale. Se dovesse essere confermata anche la capacità ipotizzata dall’esecutivo guidato da Musumeci, parleremmo complessivamente di circa 750 mila tonnellate da smaltire ogni anno. Qualora si puntasse a due impianti “tradizionali”, capaci di produrre energia elettrica e termica, la Sicilia sarebbe in grado di avere, sempre nel complesso, numeri “vicini” a quelli dell’impianto A2A di Brescia, il più grande d’Italia, che produce, grazie alla valorizzazione dei rifiuti, 500 mila megawattora di energia elettrica all’anno, corrispondente al fabbisogno di 200 mila famiglie. “Dal suo avvio (avvenuto nel 1998, ndr) ad oggi – si legge nel sito dell’azienda – l’impianto ha consentito di evitare il conferimento in discarica di oltre 17 milioni di tonnellate di rifiuti (pari a una superficie occupata da circa 200 campio da calcio)”.

Intanto esportiamo energia all’estero

Già dalla metà del 2022, in quattro province della Sicilia orientale – Catania, Messina, Siracusa e Ragusa – è iniziata la spedizione dei rifiuti all’estero, destinazione proprio un termovalorizzatore. Si tratta, indicativamente, di 400mila tonnellate e, dopo Olanda e Danimarca, nel mese di novembre scorso, è stato realizzato anche un accordo con la Finlandia, accordo che prevede che altre 75mila tonnellate in uscita dall’impianto di trattamento meccanico-biologico di Sicula Trasporti, raggiungeranno il paese scandinavo via mare. Trasferimenti che hanno fatto lievitare i costi di smaltimento dai circa 200 euro a tonnellata applicati dalle discariche siciliane ai circa 300/350 attuali, a causa dei costi di trasporto e della tariffa di conferimento al termovalorizzatore. Tutto ciò ha avuto ricadute anche sui Comuni delle province occidentali, in modo particolare per quanti conferivano a Lentini, la discarica chiusa che ha costretto a dirottare i rifiuti in Nord Europa.

La Regione aveva stanziato, poco più di un anno fa, 45 milioni di euro per coprire questi extra-costi a valere sul Fondo sviluppo e coesione ma si tratta di denaro mai erogato che ha generato gravissime ripercussioni sulle finanze degli Enti locali siciliani. Nei giorni scorsi la Regione, in una nota, ha annunciato che intende rifinanziare gli aiuti ai Comuni per compensare gli aumenti dei costi a seguito del trasferimento all’estero dei rifiuti e che resterà “confermata la dotazione da 45 milioni utile a mettere in sicurezza i bilanci delle amministrazioni locali e, soprattutto, a scongiurare aumenti dei tributi a carico dei cittadini”.

Intervista a Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, la Federazione delle aziende operanti nel settore delle “utilities”

“Rifiuto risorsa anche quando diventa energia,
contro i termovalorizzatori speculazioni politiche”

Interviene al QdS Filippo Brandolini, presidente di Utilitalia, la Federazione che riunisce le Aziende operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, rappresentandole presso le Istituzioni nazionali ed europee.

Sembra che, giorno dopo giorno, si concretizzi la costruzione dei termovalorizzatori in Sicilia. Non si tratta di una realizzazione semplice…
“Certamente non è una realizzazione semplice anche se, in realtà, non si tratta di un’operazione troppo complicata. Le difficoltà maggiori sono nella fase preliminare, ossia la localizzazione, le decisioni e l’autorizzazione dell’impianto. Dal punto di vista della realizzazione dell’impianto, oggi si tratta di una capacità consolidata stimata in 2-4 anni, dipende dalla tipologia, e lo dimostra il fatto che oggi in Europa ne sono operativi 500 e non sono mai state registrate complessità sotto il profilo tecnico, tecnologico e gestionale”.

Quali sono i vantaggi che ne deriveranno per il territorio?
“Da diversi anni, e grazie alle direttive europee relative all’economia circolare recepite dalla legislazione nazionale, si stabilisce una gerarchia di gestione dei rifiuti che indica che alla discarica è preferibile il trattamento in un inceneritore che preveda recupero energetico. Lo smaltimento in discarica fa sì che il rifiuto sia stoccato stabilmente in un determinato territorio e non può essere valorizzato come avviene, invece, utilizzando un termovalorizzatore che è in grado di trasformarlo in energia o calore. In secondo luogo c’è un dato ambientale: le discariche occupano molto spazio, vanno presidiate e monitorate e sono territori destinati a quell’utilizzo in eterno. Producono inoltre impatti ambientali come l’emissione di metano, elemento climalterante, e di percolato, un liquido che va raccolto per evitare che si infiltri nelle falde. Il termovalorizzatore, invece, presenta un doppio beneficio: l’uso del territorio con il relativo basso impatto ambientale e quello che permette di produrre energia in parte rinnovabile, poiché una grossa parte del rifiuto è organico, pertanto neutro dal punto di vista dei decadimenti climatici”.

Oggi in Sicilia stiamo vivendo un paradosso: a seguito della mancanza di spazio nelle discariche conferiamo i rifiuti nel nord-Europa conferendoli a degli impianti di termovalorizzazione che producono energia ma noi non traiamo alcun vantaggio da questo…
“È vero. Da anni si dice che il rifiuto deve essere una risorsa, che la carta deve ridiventare carta, la plastica deve ridiventare plastica ma è risorsa anche quando può diventare energia. Inoltre va segnalato il fatto che portare rifiuti in nord-Europa prevede costi economici importanti ma anche costi ambientali perché il trasferimento, che avviene via nave o via treno, genera emissioni in atmosfera generati dal trasporto stesso”.

Parliamo di emergenza rifiuti una situazione che, di fatto, è conclamata. È mancata la lungimiranza politica necessaria nell’affrontare, da subito, il problema?
“Sicuramente la politica ha delle responsabilità. La mancata lungimiranza o l’incapacità di prendere e condividere le decisioni troppo spesso influenzate dal consenso elettorale piuttosto che dal realizzare opere necessarie per i territori e le comunità. Nei confronti dei termovalorizzatori, inoltre, è doveroso segnalare che sono ancora in atto una attenzione mediatica e speculazioni di carattere politico che ne hanno impedito la loro realizzazione. Se, però, vogliamo rispettare gli obiettivi europei sull’economia circolare, condivisi anche dall’Italia, che prevedono al 2035 che i rifiuti urbani siano riciclati almeno per il 65% e conferiti in discarica per il 10%, servono i termovalorizzatori. È evidente che si potevano fare prima ma, per essere adempienti agli obiettivi 2035, oggi dobbiamo fare in fretta e quindi lavorare in stato di emergenza. Come Utilitalia abbiamo realizzato diversi studi e ricerche, tra questi il ‘Libro bianco dell’incenerimento dei rifiuti’, ricerche cui emergono diversi dati, tra cui quello relativo ad un impatto ambientale dei termovalorizzatori molto inferiore a quello dello smaltimento in discarica, emissioni in atmosfera irrilevanti rispetto alle altre, trasporto merci e persone o riscaldamento domestico, e impatti non rilevanti dal punto di vista sanitario. Nessuno degli studi di carattere epidemiologico realizzati ha riscontrato una correlazione tra la presenza di un termovalorizzatore e malattie, tipo tumori, nella popolazione che vive nei territori circostanti. Pensiamo al fatto che nella città di Parigi ce ne sono diversi, in Danimarca c’è quello famoso con la pista da sci che è in pieno centro. Si tratta oggi d’impianti sicuri e affidabili che consentono di gestire al meglio i rifiuti in maniera non compromissoria per la popolazione e il territorio”.

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