Assorbiti completamente dai problemi del presente – tra impianti chiusi, rifiuti bloccati negli autocompattatori e riunioni istituzionali ad alta tensione – il futuro, seppur prossimo, è passato in secondo piano. La notizia è di quelle che, per impazienza o timore, interessa in tanti: il piano per la realizzazione degli inceneritori in Sicilia ha superato la valutazione ambientale strategica.
Il provvedimento è stato firmato, il 6 giugno, dall’assessora al Territorio Elena Pagana, sulla scorta di un parere favorevole rilasciato dalla commissione tecnica-specialistica. Dopo aver valutato le tantissime osservazioni arrivate da enti, istituzioni, imprese e associazioni ambientaliste, l’organismo presieduto da Gaetano Armao ha affermato che la proposta di aggiornamento al piano regionale dei rifiuti “in maniera oggettiva non determinerà incidenza significativa, ovvero non pregiudicherà il mantenimento dell’integrità dei siti con riferimento agli specifici obiettivi di conservazione di habitat e specie”, a condizione che vengano rispettate una serie di prescrizioni.
Tecnicismi e accorgimenti da introdurre a parte, la sostanza è chiara e farà senz’altro discutere, rilanciando il confronto tra favorevoli e contrari: il futuro della Sicilia, nella gestione dei rifiuti, dovrebbe essere all’insegna dei termovalorizzatori che, secondo quanto finora stabilito con l’intesa tra Palermo e Roma, dovrebbero essere finanziati con 800 milioni di euro di fondi pubblici.
La strada per la realizzazione, va ricordato, resta comunque lunga. Dai tempi per arrivare alla progettazione alle valutazioni ambientali specifiche, fino a quelli necessari per espletare le gare d’appalto e poi materialmente costruire gli impianti. Senza contare la concreta possibilità che l’intera querelle finisca nei tribunali amministrativi sotto forma di ricorsi che la legge prevede debbano essere presentati entro due mesi dalla pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale.
La valutazione della Cts è quella di ritenere la realizzazione dei due impianti previsti nelle zone industriali di Palermo e Catania compatibile con la strategia nazionale per l’economia circolare. “L’entrata in servizio porterà riduzioni dei costi rispetto alla situazione attuale, salvo il possibile impatto negativo del costo dei permessi di emissione di anidride carbonica che comporterà costi leggermente superiori a quelli 2024-2028 e comunque sempre di gran lunga inferiore ai costi attuali”, si legge nel documento votato dalla commissione e fatto proprio dall’assessorato.
Il riferimento ai costi – con i termovalorizzatori si ritiene che potrebbero ridursi del 60-70 per cento – è legato alla gestione che ha contrassegnato gli ultimi anni, con l’invio di decine di migliaia di tonnellate di indifferenziata all’estero per via della progressiva saturazione degli spazi nelle discariche siciliane. Principale protagonista, in tal senso, è stata Sicula Trasporti, la società che gestisce l’impianto di trattamento meccanico-biologico di Lentini, che serve oltre un terzo dei comuni siciliani e che proprio nei giorni scorsi ha chiuso i battenti per via del mancato rilascio dell’autorizzazione per poter continuare a esportare rifiuti.
A sostegno della tesi portata avanti dal governo Schifani, secondo cui puntare sui termovalorizzatori non sarebbe una scelta né anacronistica rispetto al cambio di indirizzo che si sta registrando in questi anni in diversi paesi europei, la Cts cita anche un pronunciamento del Consiglio di Stato. “La realizzazione dell’inceneritore – si legge nel parere – rappresenta un intervento necessario per dare attuazione al principio di gerarchia, riducendo il conferimento in discarica di rifiuti mediante il loro recupero come combustibile per la produzione di energia, con l’effetto di ridurre anche l’impatto ambientale derivante dal trasporto dei rifiuti indifferenziati finalizzato al loro smaltimento in discarica”.
Tuttavia Schifani, nelle vesti di commissario straordinario, incarico che è stato contestato dalle associazioni ambientaliste con un ricorso al Presidente della Repubblica, sarà chiamato a disporre alcuni interventi integrativi per far sì che il nuovo piano regionale diventi uno strumento operativo. Si va da prevedere che “tutti i piani d’ambito” delle 18 Srr in cui attualmente è diviso il territorio regionale siano “assoggettati a procedura di Vas”.
Stesso discorso per i siti protetti. “In considerazione che lo studio di incidenza ambientale redatto per il presente piano – ha scritto la Cts – ha un dettaglio di analisi generale riferito alla programmazione, nel documento di piano dovrà essere espressamente riportato che tutti gli impianti ricadenti nelle vicinanze dei siti Natura 2000 e che potrebbero generare incidenze indirette su tali siti dovranno essere assoggettati a procedura di incidenza ambientale”. Tra le richieste c’è anche quella di predisporre un piano della comunicazione in materia di rifiuti ed economia circolare ma anche caricare sul web “i file Gis” per consentire di localizzare esattamente gli impianti – non solo i termovalorizzatori, ma tutti quelli che dovranno essere realizzati – chiarendo quali sono i criteri di localizzazione degli stessi, tenendo conto della necessità di rispettare la distanza dei tre chilometri dai centri abitati e di 150 metri dai fiumi.
In controtendenza con le critiche piovute dal mondo ambientalista, secondo cui le dimensioni previste per i termovalorizzatori (600mila tonnellate annue) sarebbero eccessive rispetto alle necessità dell’isola, il Comune di Catania ha messo in dubbio le dimensioni per il motivo opposto.
“Tenendo conto del target previsto nell’orizzonte del piano per la raccolta differenziata – si legge nel documento, ricostruendo l’osservazione arrivata da Palazzo degli Elefanti – la capacità del sistema di valorizzazione energetica potrebbe risultare insufficiente”. Il Comune guidato attualmente da Enrico Trantino ha criticato, inoltre, “la persistenza nel piano di una elevata capacità di smaltimento in discarica” in quanto “appare un forte disincentivo alla realizzazione degli impianti sia di recupero di materia che di recupero di energia”. Tra le proposte fatte alla Cts c’è stata anche quella di introdurre “nel progetto del termovalorizzatore una linea dedicata esclusivamente alla valorizzazione energetica dei fanghi di depurazione e per il recupero del fosforo dalle ceneri”. In merito al dimensionamento degli impianti, la Cts ha deciso di non accogliere i rilievi.
La Cts ha preso in considerazione anche le osservazioni inviate da Legambiente, Rifiuti Zero Sicilia e Zero Waste Sicilia. Nella maggior parte dei casi, le stesse non sono state accolte.
Legambiente, per esempio, ha messo in discussione la validità delle previsioni fatte dalla Regione per calcolare la capacità degli impianti. “Il fabbisogno di due inceneritori – ha scritto l’associazione – si bassa, per stessa ammissione della Regione, su dati vecchi e non sugli obiettivi previsti dalla recente normativa comunitaria e nazionale”.
A suffragio di questa tesi, Legambiente ha ricordato come i dati siano del 2022 e dunque non utili a descrivere gli attuali livelli di differenziata, ma soprattutto ha sottolineato come “al 2030 bisogna raggiungere un recupero di materia pari al 60 per cento che equivale ad una raccolta differenziata del 75 per cento”. L’osservazione non è stata accolta neanche nel passaggio in cui Legambiente ha calcolato che nel 2029, quando i termovalorizzatori dovrebbero entrare in funzione, “gli scarti non saranno di 600mila tonnellate ma poco meno di 500mila che diminuiranno ancora al 2035”.
Parziale accoglienza, invece, hanno ricevuto i rilievi fatti da Rifiuti Zero Sicilia e Zero Waste. Così è accaduto, per esempio, per quanto riguarda la descrizione nel piano dell’uso che verrà fatto del cosiddetto Css, il combustibile solido secondario. “Viene indicato che verrà incenerito il Css-C che non rientra tra i rifiuti essendo una materia prima seconda che può essere utilizzato senza particolari accorgimenti all posto di combustibili quali il carbone o il pet-coke”, hanno fatto notare le due associazioni.
A essere stato sollevato è stato anche un tema molto sentito, quello della salute: “L’impatto sanitario non è stato sviluppato sui presenti siti di localizzazione, si citano indagini epidemiologi che nulla hanno a che vedere con gli effetti della diossina”, ha denunciato Rifiuti Zero. Con la Cts che ne ha preso atto: “Occorre sviluppare la parte di analisi ex ante riguardante la valutazione preliminare di impatto sanitario sui presunti siti di localizzazione dei nuovi impianti, tenendo conto dell’eventuale effetto cumulo, e facendo riferimento a indagini epidemiologiche pertinenti ai potenziali effetti prodotti dalle diverse tipologie di impianto”, si legge nel parere.
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