Le Terre rare sono il futuro - QdS

Le Terre rare sono il futuro

Le Terre rare sono il futuro

venerdì 26 Novembre 2021

Le Terre rare sono 17 elementi chimici considerati metalli, più precisamente: Lantanio, Cerio, Disprosio, Erbio, Europio, Gadolinio, Olmio, Lutezio, Neodimio, Praseodimio, Promezio, Samario, Scandio, Terbio, Tulio, Itterbio, Ittrio.

Si tratta di nuove materie prime di grande importanza strategica perché indispensabili all’industria dell’elettronica (smartphone, tablet, computer, televisori, elettrodomestici), alle apparecchiature elettromedicali diagnostiche, all’industria della difesa (radar, sonar, laser). Sono soprattutto indispensabili per la costruzione delle batterie e dei sistemi elettronici di cui ormai sono dotate le auto.
Le Terre rare non si trovano in natura, ma mescolate ad altri minerali terrosi e non terrosi, come il rame o il nichel. Per estrarle sono necessari procedimenti mediante acidi e solventi organici che inquinano sia l’atmosfera per l’emissione di CO2 sia i suoli per le scorie radioattive e chimiche rilasciate. Per questa ragione è necessario il riciclo di apparecchiature elettriche ed elettroniche.


Nonostante la loro abbondanza, si chiamano rare perché sono distribuite in modo non equilibrato nel Pianeta. La Cina ne possiede circa un terzo e poi riserve vi sono in Vietnam, Brasile, Russia, India, Australia, Groenlandia e Stati Uniti.
Sebbene il rapporto sia quello indicato, allo stato attuale la Cina ne produce circa il novanta per cento del totale, cosicché gli altri Paesi diventano deficitari di queste materie prime. Il prezzo, per conseguenza, è impennato da 9,46 dollari per tonnellata nel 2009 a circa 70 dollari nel 2011 e la salita continua senza soste.

Gli altri Paesi si stanno attrezzando a produrre queste materie prime, come l’Australia e la Malesia. Non solo, ma Pechino ha insediato in Paesi africani sistemi di estrazione e raffinazione di Terre rare, come in Mozambico, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo ed altri. Anche Mosca cerca di stare al passo con l’estrazione e la raffinazione di Terre rare, oltre che fare accordi anch’essa con Stati africani come lo Zimbabwe.

Come si vede dall’argomento in rassegna oggi, il futuro deve essere previsto e solo chi adotta gli opportuni provvedimenti non si troverà sprovvisto quando arriverà.

La questione delle nuove materie prime è fondamentale perché esse rappresentano lo sviluppo attraverso le nuove tecnologie che la ricerca adotta trasformandoli in brevetti.

Sono proprio i brevetti la base dell’utilizzazione economica di prodotti e servizi. La potenzialità dei Paesi si misura attraverso la quantità di brevetti che ogni anno viene registrata. In Italia questa graduatoria non brilla perché, fra i Paesi ad economia avanzata, si trova oltre metà classifica.

Questa è una delle ragioni dello scarso aumento del nostro Pil. Un’altra ragione è lo stato di depressione in cui si trova tutto il Mezzogiorno.
Pensare allo sviluppo del territorio delle otto regioni, su cui risiede un terzo della Popolazione, senza guardare avanti, significa non volere far crescere tutto il Paese in cui proprio il Sud costituisce un peso insopportabile.

Se non si modernizza subito il sistema pubblico sia con la formazione delle risorse umane che con la totale digitalizzazione, nonché con la semplificazione delle procedure, tutto il Meridione continuerà a restare una palla al piede del Paese.


Da quanto precede, si può dedurre il seguente sillogismo: per costruire i chip, ci vogliono le Terre rare; per costruire tablet, computer, ecc. ci vogliono i chip; per utilizzare i dati, ci vogliono i computer; con i dati (definiti da Angela Merkel il petrolio del futuro) si governa l’economia; con l’economia si governa la politica; con la politica si gestiscono i popoli. Ergo: con le Terre rare si governano i popoli.

Dunque, le Terre rare sono il futuro, ma occorrono volontà, conoscenze e capacità per inserirsi nella strada della crescita, ove le materie prime da sole non bastano.

Ma per far crescere l’Italia, deve crescere il Meridione, il cui Pil deve pareggiare quello del Nord, come è accaduto in Germania, dopo il fatidico 9 novembre 1989 (caduta del Muro di Berlino), quando l’Est si riunì all’Ovest.
In quel Paese, ormai, il Pil ormai è riallineato. Ora occorre il riallineamento italiano fra Nord e Sud.

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