Intervista al primario del reparto di Pneumologia Covid del Garibaldi centro di Catania: "Una pandemia, ormai alla terza ondata, in cui non si osserva ancora la minima tendenza a decrescere"
Rosario Oliveri è primario presso il reparto di
Pneumologia Covid dell’Ospedale Garibaldi centro. Con lui abbiamo
parlato di questa terza fase della pandemia nella nostra regione, ormai in zona
rossa fino al 31 gennaio. Gli abbiamo chiesto quali sono le peculiarità che hanno
contraddistinto ciascuna fase.
“Quando abbiamo avuto il primo episodio, a marzo, siamo
stati colti alla sprovvista, eravamo spaventati nonostante fossimo ben
organizzati. Poi le rinnovate ondate. Quello che osserviamo è che non c’è la
minima tendenza a decrescere; notiamo una condizione crescente di gravità
dell’ammalato, probabilmente perché si cerca di puntare sul miglior
funzionamento del territorio, e dunque qui arrivano pazienti con qualche giorno
di malattia trascorso presso il proprio domicilio. Questo, se ci preoccupa da
una parte, ci mette di fronte alla consapevolezza di poter contare oggi su
qualche arma in più. Penso all’uso del farmaco antivirale, che registra
un certo successo. Poi, in altri casi, vedere che non ci sono variazioni
sostanziali e si rende necessario trasferire i pazienti in rianimazione, ci
preoccupa. Subentra, in tutto questo, anche un comprensibile stato di
stanchezza di fronte ad una situazione che persiste da mesi”.
Il medico ci ha anche illustrato quel che comporta uno stato
di emergenza sul piano organizzativo. Si è ritrovato a gestire due reparti di
trenta posti ciascuno, quando prima della pandemia ne gestiva uno con ventuno
posti. Ci dice che: “il supporto da parte della direzione non manca. In tutto
tra le due unità siamo 130, di cui 30 medici e 100 infermieri suddivisi su due
gruppi. Gruppi assolutamente eterogenei, tra i quali diversi medici appena
laureati, con grande e lodevole entusiasmo, ma anche con poca esperienza… Ciò
ha comportato delle iniziali difficoltà. Il gruppo originario è stato diviso
tra i due reparti, in modo da trasmettere le nostre conoscenze e formare il
gruppo di medici che si sono aggiunti, ci sono infatti neurologi, medici
internisti…”.
L’affiatamento del nuovo gruppo diveniva essenziale, ma non
scontato. Il medico ha, infatti, sottolineato che tale aspetto “Non si
improvvisa. Abbiamo fatto leva sull’esperienza accumulata nel primo periodo, che
è stato meno violento; inizialmente lavorando su un unico gruppo, per poi far
fronte alle richieste dell’assessorato regionale e organizzando un secondo
reparto e lavorando nello stesso modo anche col secondo gruppo. Se tutto si è
potuto concretizzare proficuamente è grazie allo spirito di sacrificio di tutti,
dai medici, agli infermieri, agli operatori socio sanitari. Non è semplice
cambiare le proprie abitudini di lavoro maturate nel tempo, per immergersi in
una realtà completamente diversa. La nostra routine quotidiana, al momento, non
esiste più. Forniamo assistenza H24 in condizioni estreme, poiché
lavorare con tutti i sistemi di protezione è molto faticoso sia da un punto di
vista fisico che mentale. Si ha la doppia responsabilità di fornire assistenza
al paziente e allo stesso tempo di proteggere se stessi, i colleghi di lavoro e
i familiari al ritorno a casa”.
Da dicembre 2020 è iniziata la vaccinazione. E così
abbiamo chiesto al primario cosa si sentirebbe di dire a tutti coloro che, seppur
legittimamente, nutrono perplessità. Ebbene, la sua risposta è stata: “La
produzione del vaccino è stata stupefacente anche per noi riguardo ai tempi, ma
sulla sicurezza del vaccino mi sento confortato. Io sono andato a vaccinarmi
con serenità. Molta gente nutre pregiudizi riguardo alla genomica, ossia al
fatto che possa interferire sul corredo genetico individuale. Sono pure
fantasie. Mentre riguardo all’efficacia ci sono delle garanzie, che siano a
lungo termine… questo nessuno lo sa, nessuno lo afferma. Ma l’alternativa non c’è.
Sul vaccino appoggiamo tutte le nostre speranze”.
Infine, abbiamo chiesto ad Oliveri cosa lascerà la pandemia,
umanamente e professionalmente, nel panorama sanitario. “Personalmente non
avrei mai immaginato di dover affrontare una situazione simile…e lavoro in
ospedale da più di trent’anni, ha affermato il primario. Paradossalmente,
nonostante tutte le difficoltà che fronteggiamo quotidianamente, posso dire che
la pandemia abbia tirato fuori il meglio e il peggio di noi. E’ venuta fuori
l’abnegazione di molti, ma sull’altro versante molti hanno fatto un passo
indietro. Si è creata una sorta di selezione naturale. Mi sento
orgoglioso delle persone che lavorano qui. Sono state in numero maggiore le
conferme positive”.
Francesca Fisichella