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Terzo mandato, tutti o nessuno

Terzo mandato, tutti o nessuno
Camera Parlamento italiano – Foto da Imagoeconomica

Parlamentari, presidenti, sindaci

La polemica all’interno della maggioranza e dell’opposizione accomuna le due parti perché esistono due problemi analoghi, cioè Luca Zaia, che intende candidarsi per il terzo mandato, e sull’altro versante, Vincenzo De Luca, che intende fare la stessa cosa.

In quest’ultimo caso il presidente della Regione Campania ha fatto approvare una legge dall’Assemblea che gli consentirebbe la candidatura e che però in queste ultime settimane è stata impugnata dal Governo e portata davanti alla Corte Costituzionale. Quest’ultima sembra che voglia occuparsene ed emettere la relativa sentenza nel prossimo aprile. In funzione del suo responso si capirà se Zaia e De Luca potranno ricandidarsi o meno alla presidenza delle rispettive regioni.

La situazione sembra chiara, ma c’è una questione di fondo che va ulteriormente chiarita e cioè a dire se, dopo settantasette anni di Repubblica, sia ancora consentita l’esistenza dei cosiddetti professionisti della politica.

Pier Ferdinando Casini, per esempio, sta in Parlamento da quarant’anni e con lui decine e decine di deputati e senatori che passano da un ramo all’altro per decine di anni.
Costoro non hanno fatto mai niente di produttivo nella loro vita, salvo vivere a spese dei/delle contribuenti (e che spese!), senza nulla dare salvo la loro “sapienza” nella formulazione delle leggi o nell’occupare posti governativi.

Quando non sono rieletti/e, per qualunque ragione, trovano sempre la collocazione in enti pubblici, in società pubbliche, in fondazioni pubbliche e in altre strutture controllate da Governi e maggioranze. Ma il risultato è il medesimo: continuano a vivere splendidamente a spese dei/delle contribuenti senza nulla dare in cambio.

Dunque, la questione di fondo è se il Popolo italiano possa ancora consentire di mantenere centinaia di cittadini/e nei luoghi istituzionali, pagandoli molto bene, senza ricevere quasi nulla in cambio.
Renato Brunetta, personaggio noto all’opinione pubblica, è diventato presidente del Cnel (Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro) che lui stesso voleva cancellare. Ora che ne è diventato presidente, nomina decine di consulenti e simili, sempre ben pagati.

Quando fondò il Movimento 5 stelle, oltre dieci anni fa (2009), Beppe Grillo mise al primo punto l’azione contraria ai professionisti della politica e stabilì che nessuno poteva esercitare tale “mestiere” per oltre due mandati consecutivi. Fino a oggi tale principio è stato rispettato, ma sembra che la svolta di Giuseppe Conte sia indirizzata ad abolire il vincolo e quindi a rinunciare a questo principio, restituendo deputati e senatori pentastellati alla grande famiglia degli altri che non hanno vincolo di mandato e che quindi della politica ne hanno fatto una professione.

Ai/alle cittadini/e sembra che la classe politica si debba rinnovare e che chi viene eletto parlamentare o chi occupa un posto istituzionale non debba far diventare la sua attività quella definitiva. Ogni cittadino/a eletto/a dovrebbe poter dare quello che ha per un periodo limitato, non superiore a dieci anni, e poi ritornare a fare il proprio lavoro, se lo aveva.

Una cosa però è obiettiva: tale principio dovrebbe essere osservato da tutti/e, non da una parte di questa categoria di privilegiati/e. Per cui riteniamo che la tesi di De Luca e cioè “tutti o nessuno”, sul piano dell’equità sia condivisibile.
Non sappiamo se tale tesi sia strumentale, ad usum Delphini, però nessuno può negare che essa sia equa perché uguale per tutti/e.

Siamo convinti, tuttavia, che la classe politica non abbia nessuna intenzione di limitare il numero dei mandati nella maggior parte dei casi, andando però in contraddizione quando invece li vuole limitare per presidenti delle Regioni, presidenti delle Provincie e sindaci. Uno squilibrio istituzionale che i/le cittadini/e dovrebbero notare e far presente con lettere, post e altre forme esplicite di manifestazione del pensiero.

La trattazione dell’argomento non vuole influenzare i/le lettori/trici né chiunque rifletta sullo stesso, ma semplicemente dare indicazioni sul metodo, che, come sempre, deve presiedere alla valutazione di questioni importanti come quella in esame.