TFA Sostegno a Scuola anziché all’Università - QdS

TFA Sostegno a Scuola anziché all’Università

Lucia Russo

TFA Sostegno a Scuola anziché all’Università

mercoledì 01 Maggio 2019

L’attività di docente di sostegno per disabili come strada contro la disoccupazione

Nel giorno della Festa del Lavoro, ritorno a occuparmi della selezione per l’accesso ai corsi di specializzazione per il sostegno didattico. I test preselettivi si sono svolti in due date uniche fissate dal Miur, il 15 e il 16 aprile, con una partecipazione ben al di sopra delle mie previsioni. Nella rubrica del 20 marzo, avevo ipotizzato un’adesione pari al doppio dei 14.224 posti disponibili, poiché la possibilità di fare domanda non è stata più riservata, come da tutti i Governi precedenti, solo a docenti abilitati con un concorso pubblico o con appositi percorsi abilitanti, bensì è stata aperta anche ai laureati con 24 Cfu (Crediti formativi universitari in discipline psico-pedagogiche) acquisiti persino in un mese, ai laureati con tre anni di incarichi di supplenza e anche ai c.d. Itp, insegnanti tecnico-pratici, addirittura con il solo diploma.

Risultato? All’Università di Catania 5.580 domande per 300 posti, a Palermo 2.998 domande per 440 posti (bando solo per Infanzia e Primaria). All’Università del Molise 5.052 partecipanti per 370 posti disponibili, All’Università di Milano Bicocca 4.056 domande per 330 posti. In media un numero di candidati pari a dieci volte i posti disponibili, cioè almeno 142 mila persone, la gran parte precari o che non hanno mai messo piede a scuola.

Cosa significa questo? Che si scambia l’attività di docente di sostegno per alunni disabili come una strada contro la disoccupazione. Non possiamo pensare, infatti, che improvvisamente tutte queste persone abbiano scoperto la loro vocazione a tale attività. Si interroghi, dunque, il Governo se questa procedura sia stata in grado di selezionare persone veramente motivate, nell’interesse innanzi tutto degli alunni disabili e delle loro famiglie per una scuola effettivamente inclusiva.

In base ai calcoli esplicitati nella scorsa rubrica, questa selezione ha comportato un business da 128,1 milioni di euro, di cui almeno cento nelle casse delle Università italiane, le vere beneficiarie dell’operazione. Perché, invece, non affidare la formazione per il sostegno alle stesse scuole, dotate di personale specializzato e con un’esperienza anche ventennale, assicurando le entrate alle istituzioni scolastiche che ne hanno tanto bisogno?

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