Traffico di rifiuti, nuova inchiesta Oikos a Catania: gli indagati

Nuova inchiesta Oikos, il traffico di rifiuti e il coinvolgimento della politica: tra gli indagati Leoluca Orlando

Nuova inchiesta Oikos, il traffico di rifiuti e il coinvolgimento della politica: tra gli indagati Leoluca Orlando

Simone Olivelli  |
sabato 01 Giugno 2024

Da un lato gli interessi dei privati e dall'altro la Regione che "convive" con l'emergenza. I nomi e i fatti dietro la nuova inchiesta Oikos.

I privati da un lato, con il loro interesse di tirare su milioni e milioni di euro, la Regione dall’altro, abituata a convivere con le emergenze. L’ultima inchiesta sul mondo dei rifiuti in Sicilia sembra un film già visto.
Fra i 32 indagati dalla Procura di Catania per traffico di rifiuti e violazioni delle leggi in materia ambientale, compaiono i nomi di alcuni dei principali protagonisti delle vicende giudiziarie che negli ultimi anni hanno ruotato attorno al business dell’indifferenziata.

Traffico di rifiuti e caso Oikos, gli indagati

A partire dalla famiglia Proto e più in generale dai vertici di Oikos, la società proprietaria delle discariche Tiritì e Valanghe d’inverno a Motta Sant’Anastasia: nell’elenco delle persone a cui è stato notificato l’avviso di chiusura delle indagini ci sono gli imprenditori Mimmo Proto – la cui posizione nel processo per corruzione Terra Mia si è conclusa con la prescrizione, dopo due condanne in primo e secondo grado – Orazio Proto, Nunzia Pappalardo, Salvatore Sudano, e numerosi tecnici e amministrativi della società.

A seguire compaiono invece molti tra coloro che, a partire dalla fine degli anni Duemila, hanno occupato ruoli di primo piano nell’assessorato regionale ai Rifiuti. Tra questi Gianfranco Cannova – il funzionario che sarebbe stato corrotto da Proto per avere le autorizzazioni necessarie ad avviare le discariche, anche lui prescritto in Cassazione – Natale Zuccarello, nel 2021 finito al centro di un’indagine per corruzione al Genio civile di Catania, Vincenzo Sansone, Antonino Rotella e Salvatore Cocina, l’attuale capo della Protezione civile regionale.

L’inchiesta, che ruota ancora una volta sugli illeciti che sarebbero stati commessi tanto in fase di autorizzazione che di gestione delle discariche di Motta, tira in ballo però anche personaggi di spicco della politica palermitana. A finire sotto la lente dei magistrati etnei sono state infatti anche le decisioni prese dal Comune di Palermo e dai vertici della Rap, la società pubblica che gestisce l’impianto di Bellolampo.

I rapporti tra i Proto e la Regione

Quella tra gli imprenditori di Oikos e gli uffici dell’assessorato regionale ai rifiuti è una relazione che sembra non riuscire ad allontanarsi dagli uffici giudiziari. Oltre al processo per corruzione conclusosi con la prescrizione, in questi anni a tenere banco sono stati i pronunciamenti della giustizia amministrativa in merito alla liceità delle autorizzazioni integrate ambientali (Aia) ottenute dai Proto per la prima volta a fine anni Duemila e poi, sotto forma di rinnovo, nel 2019. A monte di tutto, però, ci sarebbe stata una serie di criticità che hanno portato prima il Tar e poi il Cga a dichiarare nulle le autorizzazioni. La partita, che l’anno scorso sembrava chiusa, si è riaperta nel momento in cui Oikos ha presentato istanza di revocazione della sentenza. Il nuovo vaglio del Consiglio di giustizia amministrativa deve ancora arrivare.

L’indagine odierna, invece, punta il dito sui reati che sarebbero stati commessi sul fronte ambientale. Nella ventina di pagine in cui vengono raccolti i capi d’accusa si passano in rassegna comportamenti omissivi e dolosi che avrebbero causato danni ambientali. Si va dalle mancate valutazioni previste dal codice dell’ambiente nella fase di esame delle istanze per l’apertura di nuovi impianti all’avere consentito che in discarica finissero rifiuti che invece avrebbero dovuto avere un’altra destinazione, come nel caso di liquidi, fanghi, miscele di oli, pneumatici e anche veicoli fuori uso. I problemi si sarebbero registrati anche in materia di gestione del percolato e della fase post-mortem della discarica di Tiritì, quando dalla Regione sarebbero arrivati input per velocizzare la copertura del sito.

Il nodo palermitano

A spiccare tra gli indagati è anche il nome dell’ex sindaco di Palermo, e attuale candidato alle Europee con la lista Alleanza Verdi-Sinistra, Leoluca Orlando. Assieme a lui hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini anche l’ex assessore comunale Giusto Catania e l’ex presidente di Rap Giuseppe Norata.

In questo caso, il filone investigativo riguarda le condotte che a vario titolo non avrebbero garantito il corretto trattamento dei rifiuti nei Tmb mobili installati all’interno di Bellolampo. Procedure che avrebbero dovuto precedere l’abbancamento in discarica consentendo di recuperare materia e che invece sarebbero state del tutto carenti rispetto a quanto previsto dalle norme. Il risultato sarebbe stato quello di far finire nella discarica di Oikos a Motta Sant’Anastasia – all’epoca in cui a Palermo città e nei centri dell’hinterland vi era una grave crisi igienico-sanitaria – un quantitativo di rifiuti maggiore e con caratteristiche non adeguate allo smaltimento.

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Oikos e traffico di rifiuti a Catania, i nomi degli indagati

A figurare tra gli indagati sono: Marcella Belfiore, Vincenzo Bonanno, Raimondo Burgio, Clarissa Calì, Gianfranco Cannova, Maurizio Cassarino, Giusto Catania, Salvatore Cocina, Francesco Fiorino, Pasquale Fradella, Sergio Gelardi, Gianfranco Grasso, Pasquale Roberto Li Causi, Giuseppe Lo Cicero, Francesco Lombardo, Sergio Marino, Giuseppe Norata, Leoluca Orlando, Nunzia Pappalardo, Maurizio Pirillo, Domenico Proto, Orazio Proto, Veronica Puglisi, Giuseppe Puleo, Antonino Putrone, Antonino Rotella, Vincenzo Sansone, Stefano Scammacca, Massimiliano Severino, Salvatore Maria Domenico Sudano, Riccardo Tenti, Natale Zuccarello.

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