La tredicesima continua a rappresentare il principale carburante dei consumi di fine anno. Secondo le stime di Confesercenti, nel 2025 la mensilità aggiuntiva immetterà nell’economia 52,5 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 51,3 miliardi dello scorso anno, grazie soprattutto alla crescita dell’occupazione. Una boccata d’ossigeno importante per le spese natalizie, in un contesto in cui molte famiglie mantengono un approccio prudente e selettivo agli acquisti.
È quanto emerge dal tradizionale sondaggio Confesercenti-Ipsos sulle scelte di utilizzo della tredicesima, che arriverà tra la prima e la terza settimana di dicembre a circa 36 milioni di pensionati e lavoratori dipendenti.
Le indagini di Confesercenti
L’indagine evidenzia comportamenti differenti. Da un lato ci sono gli italiani che concentrano sulla tredicesima una quota significativa delle spese natalizie, dall’altro cresce il numero di chi preferisce accantonare risorse o destinarle a spese obbligate. I regali restano la voce principale: il 50% degli intervistati li indica come priorità, percentuale che sale al 59% nel Mezzogiorno. Seguono le altre spese legate alle festività (22%) e i viaggi (23%).
Parallelamente si rafforza l’atteggiamento difensivo: il 31% utilizzerà la tredicesima per aumentare il risparmio, mentre il 20% la impiegherà per far fronte a bollette e arretrati. Non mancano le spese incomprimibili: l’11% la destinerà a mutui o prestiti, il 14% alla salute. Una parte significativa sarà utilizzata anche per la gestione della casa (21%), per altri beni e servizi (18%) o per investimenti (9%). Il 27% prevede inoltre di sfruttare la tredicesima per gli acquisti dei saldi di gennaio, mentre un 5% non ha ancora deciso.
Secondo Confesercenti, la tredicesima continua a sostenere i consumi natalizi, ma cresce il numero di famiglie che la utilizza per rafforzare l’equilibrio dei conti domestici. Un segnale che mette in luce un Paese diviso tra chi alimenta la spesa di fine anno e chi cerca di consolidare il proprio bilancio. Per rilanciare i consumi in modo duraturo, sottolinea l’associazione, non basta l’aumento dell’occupazione: servono interventi sul potere d’acquisto, una riduzione della pressione fiscale e un sostegno alla contrattazione di qualità.
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