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Le tredicesime dei siciliani, in buona parte finiscono all’erario

Le tredicesime dei siciliani, in buona parte finiscono all’erario
tredicesima in arrivo

Sono oltre 2,2 milioni i siciliani che potranno contare sul surplus di fine anno. Ma oltre il 20% saranno le ritenute Irpef, per il resto attendono bollette e altre incombenze

Nei giorni scorsi pensionati e dipendenti hanno ricevuto la tanto meritata tredicesima anche in Sicilia. Per i pensionati che la ritirano alle Poste l’operazione è scattata già da qualche settimana, mentre per tutte le persone in quiescenza che la ricevono direttamente sul conto corrente il pagamento è stato effettuato lo scorso 1° dicembre.

I lavoratori dipendenti e quelli privati, infine, hanno ricevuto l’importo poco prima di natale. Tuttavia, l’ufficio studi della Cgia di Mestre non ha perso tempo e ha già fatto i conti, arrivando alla conclusione che a far festa sarà, in particolar modo, l’erario: la rata del mutuo, le bollette, il saldo dell’Imu/Tasi della seconda abitazione e la Tari, il tributo per l’asporto e lo smaltimento dei rifiuti.

Quanti sono i siciliani che hanno ricevuto la tredicesima

In Sicilia sono 1.182.000 i pensionati e 1.041.000 i lavoratori dipendenti che riceveranno la gratifica, il 6,6% del totale italiano. In complesso, in tutta Italia i beneficiari incasseranno un ammontare lordo pari a 45,7 miliardi di euro, a cui vanno sottratti gli 11,8 miliardi di ritenute Irpef che finiranno nelle casse dal fisco, per cui, nelle tasche degli italiani rimarranno 33,9 miliardi netti.

“Grazie alla gratifica natalizia, ovviamente – dicono dalla Cgia – si spera che a festeggiare siano anche i percettori, i negozianti e le botteghe artigiane. È vero che una buona parte di questa mensilità sarà spesa nel mese di dicembre per ma è altrettanto auspicabile che la rimanente parte venga utilizzata per rilanciare i consumi natalizi”.

Molto, naturalmente, dipenderà dall’andamento dell’epidemia e delle eventuali chiusure che il governo nazionale potrebbe introdurre nelle prossime settimane per contrastare la pandemia. Tuttavia, la Cgia stima che la spesa per i regali natalizi quest’anno dovrebbe tornare almeno alla stessa soglia registrata nel 2019, quando sfiorò i 9 miliardi di euro. Niente a che vedere, guardando ancora indietro, tuttavia, con quanto si spendeva prima della crisi 2008-2009, quando per i regali natalizi gli italiani a dicembre facevano acquisti per quasi 20 miliardi di euro.

Come i siciliani spendono la tredicesima

La contrazione registrata in questi ultimi anni in parte è anche ascrivibile al fatto che molti italiani anticipano a novembre l’acquisto dei regali, approfittando del “black friday”. Con meno acquisti, tuttavia, a pagare il conto sono stati soprattutto i negozi di vicinato, mentre gli outlet e la grande distribuzione organizzata sono riusciti ad ammortizzare il colpo.

Tendenzialmente anche quest’anno i generi alimentari dovrebbero confermarsi la tipologia di regalo natalizio più diffusa: seguono i giocattoli, prodotti tecnologici, i libri, l’abbigliamento/scarpe e gli articoli per la cura della persona. Tra i prodotti che rischiano di non recuperare quanto perso rispetto al periodo pre-Covid, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, spiccano i biglietti per gli spettacoli, i concerti e i viaggi. Per contro, non c’è alcun dubbio che i cosiddetti regali “digitali”, che possono essere acquistati senza doversi recare presso i negozi fisici, subiranno un ulteriore aumento. In particolare gli abbonamenti a piattaforme streaming e buoni regalo per acquistare online. Nell’ottica di una spinta ai consumi, quindi, la Cgia propone la propria linea in vista della decisione che dovrà prendere il parlamento in merito a quale imposta destinare il taglio da 8 miliardi di euro, così come previsto dal disegno di legge di bilancio per il 2022: la riduzione deve interessare l’Irpef e non l’Irap.

Il taglio dell’Irpef, infatti, secondo l’associazione di categoria, eleverebbe le buste paga e le pensioni degli italiani, favorirebbe i consumi e, molto probabilmente, contribuirebbe ad aumentare il fatturato degli artigiani e dei piccoli commercianti che vivono quasi esclusivamente di domanda interna.

“Destinare il taglio solo all’Irap – sostiene la Cgia – premierebbe le grandi imprese, visto che negli ultimi anni alle piccole e alle micro aziende il peso dell’imposta regionale sulle attività produttive è stato alleggerito significativamente”.

Michele Giuliano