Se per Alex De La Iglesia le “streghe son tornate”, per Giuseppe Pitrè, alla fine del XIX secolo, le streghe non erano ancora andate via, serpeggiavano tra gli abitanti dell’Isola. Nel quarto volume di Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, lo studioso dedica un ampio capitolo alla figura soprannaturale della strega. Introducendola con un breve identikit, subito ci narra non solo di questa donna dalle capacità fuori dal comune ma di come e perché la gente ricorreva a metodi poco ortodossi per un qualsiasi tipo di tornaconto personale.
Ma effettivamente chi è la strega in Sicilia? È assolutamente quella che noi immaginiamo trafficare pozioni e intrattenere rapporti con il Male, volare su una scopa (lo stesso Pitrè esce per un attimo fuori dai confini dell’isola per narrarci il volo delle streghe verso e attorno al noce di Benevento), e affatturare poveri uomini e povere donne sotto richiesta di spasimanti ignari di quello che può significare “consenso”. Il nostro medico antropologo riporta come a Ragusa un metodo usato sia (stato) “un po’ di osso di morto, che, triturato, torrefatto ed impastato con un dolce o con una focaccia, va fatto ingoiare alla persona di cui si desidera un ricambio di amore”, o come ad Acireale, nella tradizione popolare, venga ricordata questa invocazione al diavolo: “Stidda putenti / diavulu fitenti / diavulu di nova luci / sentimi a li tri buci / diavulu cu la vucca storta / pigghia a X e portalu a sta porta / e ti ludico ccu vera firi / stu miraculi m’ha’ fari vidiri / e tannu iu criju a tia / quannu tu fai stu mmràculu a mia”.
È interessante notare come il profano spesso sia impastato di fede religiosa, e come il sacro faccia da sfondo alla consacrazione stessa della donna che decide di diventare strega, infatti a Modica si narra che “la candidata faccia la quaresima del diavolo, cioè commetta per 40 giorni consecutivi un peccato mortale ogni giorno”, e la conseguente vendita della propria anima al diavolo. La prova di tale commercio, per l’Inquisizione, era un terzo capezzolo o un punto del corpo con una particolare sensibilità.
Ma se la strega ha ancora qualcosa di umano, in Sicilia esiste anche la figura della ‘nserra, o stria, che è “strega” solo nell’agire malvagio, infatti si tratta più che altro di uno spirito che sembra avere come uniche vittime i neonati di 49 giorni non ancora battezzati e che si può associare al vampiro, vista la predilezione per il sangue, e il nome di ‘nserra sembra che le sia stato dato a Marsala, lì infatti la voce del popolo vuole che sia (stata) “nociva ai bambini sino al quarantanovesimo giorno della loro nascita, essa li lacera, li guasta, fino a che non abbiano ricevuto il battesimo, o non siano ‘ngravattati”, cioè ben vestiti.
Alle streghe, alle ‘nserre fanno seguito le figure ibride tra spiriti e fate di quelle che sono chiamate in vari modi ma, per memoria fanciullesca della compilatrice di questo articolo, ci limiteremo a menzionarle come donne di casa. La storia vorrebbe che lo spirito di alcune donne lasci il corpo ogni giovedì per poter intrufolarsi, attraverso le fessure o le serrature, nelle case, soprattutto quelle isolate, o che facevano ad angolo. Questo essere non ha una vera e propria natura malvagia e, a suo tempo, tendeva a divertirsi con in bambini in fasce, lasciando un segno con i nodini fatti nei capelli degli infanti (nodini da non pettinare). Di tanto in tanto le si poteva ritrovare sotto forma di serpente o di rospo bufo bufo (il rospo comune), e se si fosse ucciso tale animale al povero ingenuo sarebbe rimasta poca vita, o sarebbe diventato storpio. Possiamo dire che nel 1800 le streghe svolazzavano ancora sopra la Sicilia. A me è capitato di vedere un rana bufo ai piedi di un muretto… Le streghe son tornate?

