Tribunale Messina, la sezione Lavoro sommersa da criticità - QdS

Tribunale Messina, la sezione Lavoro sommersa da criticità

Tribunale Messina, la sezione Lavoro sommersa da criticità

giovedì 25 Marzo 2021

Nonostante il pieno organico, le cause pendenti sono circa 14mila e la sede è del tutto inidonea: problematiche che si trascinano da almeno due anni. Adesso, a peggiorare il tutto, è arrivato il Covid

MESSINA – Esattamente due anni fa il QdS aveva portato alla luce le criticità della sezione Lavoro del tribunale di Messina. Oltre 14mila cause pendenti e condizioni di lavoro insostenibili in uno stabile fatiscente di cinque piani che costa al ministero della Giustizia circa 400mila euro l’anno d’affitto. Dopo 24 mesi la fotografia continua ad essere la stessa con due uniche variazioni: l’organico dei giudici da poco è al completo e, causa Covid, non si tengono le udienze.

“Lavoriamo per buona parte a trattazione scrittadice Laura Romeo presidente della Sezione – facciamo in presenza le prove di discussione orali su casi particolari, su richiesta degli avvocati o se riteniamo necessario. In percentuale quindi 80% scritto e 20% in presenza questo almeno fino al 30 aprile, poi non so se il legislatore ci consentirà la proroga”.

Malgrado il pieno organico con 6 giudici togati più i 4 Got le pendenze, per la complessità del sistema, restano sempre intorno a 14mila. “Non c’è stata una diminuzione del carico e lo stesso numero dei contenziosi che entrano viene smaltito, nessuna sostanziale variazione né a livello quantitativo né qualitativo”.

Con la trattazione scritta in sostanza si depositano le note e poi i giudici nelle loro camere tengono udienze virtuali. “C’è ancora tanto arretrato da smaltire – dice Sergio Piccione, presidente Apl, l’associazione forense di cui fanno parte gli avvocati che si occupano di previdenza e lavoro -, e molte cause vengono sempre rinviate per carico di ruolo”.

Il Covid ha cambiato le modalità di lavoro ma anche influito, indirettamente, sulla tipologia dei nuovi contenziosi che scaturiscono, almeno in parte, dalle disposizioni dettate dai vari Dpcm. “Sono diminuite le cause per licenziamento, visto il blocco imposto fino al 30 giugno, dice Piccione – tranne quelli per giusta causa che sono ancora possibili. Ma credo che quando finirà lo stop molte ditte che sono in sofferenza cominceranno a licenziare e si riproporrà il problema. In questo momento, ho casi di mancato pagamento di tfr, contenziosi per differenze retributive, cause di previdenza, insegnanti che chiedono trasferimenti. Sto trattando un dipendente che è stato posto in cassa integrazione secondo me in maniera illegittima. Molti casi sono connessi ai benefici che il Governo ha messo in campo”.

Punto dolente è ancora la sede ed il trasferimento che non sembra così immediato come si pensava nei nuovi locali.

“La situazione è sempre più critica, è arrivata da poco una relazione tecnica veramente sconcertante, da paura, non possiamo lavorare più in queste condizioni – dice la presidente Romeo – si sta cercando una soluzione ma bisogna prendere provvedimenti al più presto”.

Poteva rappresentare una soluzione il secondo Palazzo di Giustizia ma dopo la sua archiviazione, si è optato per il trasferimento degli uffici della Sezione lavoro nelle due sedi Inps, messe a disposizione dall’Istituto di previdenza, ma questo passaggio che doveva essere fatto già alla fine dello scorso anno, non è ancora stato disposto. Si attende il perfezionamento dell’accordo tra Ministeri e l’ultimazione di alcuni lavori di adattamento: la sezione Lavoro dovrebbe andare in Via Romagnosi e il Giudice di pace in via Capra. Che sia degradante la situazione in cui si opera nell’attuale sede della sezione lavoro è stato più volte denunciato dall’Ordine degli avvocati e dallo stesso presidente della Corte d’Appello Michele Galluccio.

La sede della sezione lavoro che ospita su due piani anche il giudice di pace, è in un plesso inidoneo, ex Casa della studentessa. Lo stabile è di proprietà del gruppo Franza, qui si sono fatte in questi anni solo manutenzioni ordinarie, a carico del Ministero, che sono risultate insufficienti a dare funzionalità piena alla struttura. Aule piccole, muri sporchi, facciata cadente, ascensori non sempre funzionanti, scantinato usato come garage e chiuso da tempo perché inagibile. Sarebbero stati necessari interventi straordinari che i proprietari però non hanno mai effettuato.

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