Tumori, test per gene-Jolie sia sempre rimborsabile - QdS

Tumori, test per gene-Jolie sia sempre rimborsabile

redazione

Tumori, test per gene-Jolie sia sempre rimborsabile

domenica 27 Ottobre 2019

Sarebbero ben centocinquantamila gli italiani che presentano una mutazione dei geni Brca 1 e 2 e che, effettuando l'esame, da estendere anche ai familiari, potrebbero prevenire l'insorgenza di neoplasie. Le raccomandazioni degli oncologi

Sarebbero centocinquantamila gli italiani che presentano una mutazione dei geni Brca 1 e 2, il ribattezzato “gene Jolie” dal nome dell’attrice Angelina, che ha reso noto di esserne affetta, secondo una stima sulla base della frequenza di tale mutazione nella popolazione europea.

Il test genetico per individuare la mutazione è fondamentale sia per i pazienti con alcuni tipi di tumore, per poter accedere a cure mirate e più efficaci, sia per i loro familiari per poter prevenire l’insorgenza di neoplasie: per questo, gli oncologi chiedono che sia rimborsabile per entrambi.

A puntare i riflettori sul tema è l’Associazione italiana di oncologia medica Aiom in occasione del XXI Congresso nazionale in corso a Roma.

La situazione nel Paese, affermano gli oncologi, è a macchia di leopardo: solo sette Regioni garantiscono infatti l’esenzione dal pagamento dell’intero percorso di cura.

E tra queste, per fortuna, c’è la Sicilia.

La mutazione dei due geni determina una predisposizione a sviluppare alcuni tipi di tumore (in particolare della mammella, ovaio, pancreas e prostata) più frequentemente rispetto alla popolazione generale. Il rischio di trasmissione dai genitori ai figli delle mutazioni Brca è del 50%.

La maggior parte di queste persone non sa di essere portatore della mutazione e, quindi, del rischio oncologico correlato, perché i test genetici per individuarla non sono ancora abbastanza diffusi, soprattutto fra le persone sane. Per estendere a questi cittadini programmi mirati di prevenzione è necessario che, in caso di individuazione dell’alterazione genetica in un paziente, il test sia effettuato anche sui familiari sani per poter avviare appunto un percorso mirato.

Il punto critico è proprio la mancata adozione in maniera uniforme sul territorio nazionale dei Protocolli di Diagnosi, Trattamento e Assistenza per Persone ad Alto Rischio Eredo-Familiare (PDTA AREF), oggi presenti solo in 8 Regioni (Emilia-Romagna, Liguria, Lazio, Veneto, Campania, Toscana, Sicilia, Piemonte).

Soltanto sette, rileva l’Aiom, hanno però deliberato anche l’esenzione dal pagamento del ticket per le prestazioni sanitarie previste dai protocolli di sorveglianza (Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria, Campania, Toscana, Sicilia e Piemonte).

A sottolineare l’importanza del test è la presidente Aiom Stefania Gori, ricordando che nel 2019, in Italia, sono stimati 53.500 nuovi casi di cancro al seno, il 5-7% è legato a fattori ereditari, il 25% dei quali riferibile a una mutazione Brca (936). Di 5.300 nuove diagnosi di tumore dell’ovaio stimate nel 2019, inoltre, il 15% è riconducibile ad alterazioni in questi stessi geni (795). E, nel complesso, fino al 4-5% di tutti i pazienti con carcinoma pancreatico presenta una variante di Brca (675 casi su 13.500 previsti nel 2019).

La sfida è ora estendere lo screening con il test genetico a tutte le persone sane, afferma Antonio Russo, Ordinario di Oncologia all’Università di Palermo: “L’esecuzione dell’esame al momento della diagnosi – spiega – permette di identificare la mutazione nei pazienti colpiti da queste neoplasie e, a cascata, di individuare tempestivamente i familiari portatori della stessa mutazione, prima che sviluppino un carcinoma correlato della mammella e dell’ovaio. Proprio in queste due neoplasie è possibile attuare infatti efficaci strategie, dalla sorveglianza intensiva alla chirurgia profilattica”.

In particolare, l’intervento di mastectomia bilaterale (rimozione chirurgica di entrambe le mammelle) è in grado di ridurre di circa il 90%, nelle donne sane, il rischio di sviluppare in futuro un tumore mammario. Dall’altro lato, l’asportazione chirurgica di tube ed ovaie può prevenire la quasi totalità (95%) dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria e contestualmente ridurre di oltre il 50% il rischio di carcinoma mammario. Oggi però, conclude Russo, “solo il 65% delle donne che riceve la diagnosi di tumore dell’ovaio esegue il test. E’ necessaria perciò una maggiore sensibilizzazione”.

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