ROMA – Lombardia, Lazio, Veneto e Toscana: sono le fantastiche quattro del turismo italiano, le regioni che riescono a intercettare ogni anno il maggior numero di turisti, in particolare stranieri. Secondo i dati ufficiali Eurostat, nel 2023 l’Italia si è classificata come la seconda destinazione più popolare in Europa per presenze internazionali e totali. All’interno del nostro Paese, poi, sono proprio le regioni citate a raccogliere la maggior parte dei viaggiatori, sia in termini di arrivi che di pernottamenti, con una spesa turistica dall’estero nel 2023 che raggiunge complessivamente i 51,6 miliardi di euro in Italia.
Viene spontaneo chiedersi che fine abbia fatto tutto il Sud e in particolare una regione come la Sicilia in questa particolare classifica: di certo al Meridione d’Italia non mancano le bellezze storico-architettoniche, naturalistiche e ambientali, ma visti i risultati non certo eccellenti di questi territori sul fronte dell’incoming, occorre necessariamente farsi qualche domanda sull’efficacia delle politiche avviate negli ultimi anni. I dati fanno riflettere anche in considerazione delle evidenti differenze climatiche che spesso spaccano in due il Paese – come accaduto tra l’altro proprio in questi giorni – ma evidentemente neanche il sole riesce a scaldare il comparto ricettivo di certe zone d’Italia.
I dati diffusi dall’Enit (Ente nazionale del turismo italiano) relativi allo scorso anno parlano molto chiaro: nel 2023, su un totale di 85,7 milioni di viaggiatori internazionali, circa 15 milioni sono giunti in Italia per motivi lavorativi, quasi 35 milioni per vacanza e oltre 11 milioni in visita ad amici e parenti. Per i viaggi di vacanza in Italia, gli stranieri hanno speso complessivamente 32 miliardi di euro, rappresentando il 62,2% del totale del 2023, con un aumento del +21,0% rispetto al 2022. Le entrate derivanti dai viaggi di lavoro, pari a oltre 7,3 miliardi di euro, hanno rappresentato il 14,2% del totale e sono cresciute del +14,0% rispetto al 2022.
Il turismo straniero in Italia nel 2023 ha mostrato una forte crescita e ripresa rispetto al passato, con oltre 125 milioni di arrivi turistici nelle strutture ricettive (+5,5% rispetto al 2022), di cui 62,8 milioni di turisti stranieri (+14,0% rispetto al 2022). Complessivamente, sono stati registrati oltre 431 milioni di pernottamenti turistici nelle strutture ricettive italiane (+4,6% rispetto al 2022), di cui 222,6 milioni di turisti stranieri (+10,7% rispetto al 2022).
Come spesso accade, però, il Paese va avanti a velocità diverse. Il dato complessivo dei pernottamenti relativi al 2023 è arrivato, sempre secondo Enit, a 851 milioni, ma come accennato sono soprattutto quattro regioni a giocare la parte del leone: la Lombardia con 44 milioni di pernottamenti, il Lazio con 35 milioni, il Veneto con 72 milioni e infine la Toscana con 45 milioni. Complessivamente si arriva quindi a 196 milioni di pernottamenti, che rappresentano il 23% degli 851 milioni registrati nel corso di tutto l’anno scorso.
In questo scenario, la Sicilia si gode il superamento dei pernottamenti pre pandemia (16 milioni nel 2023 contro i 15 del 2019) nella consapevolezza che dati di questo genere non possono certo rappresentare un punto d’arrivo per una regione a vocazione turistica come la nostra. Lo ha sottolineato di recente anche l’assessore regionale al Turismo, Elvira Amata, spiegando quali siano le strategie in atto per destagionalizzare e diversificare l’offerta siciliana: “Incremento, diversificazione e destagionalizzazione dei flussi turistici, grazie anche ai nuovi trend di cambiamento del comportamento di viaggio emersi durante il periodo pandemico e i nuovi fabbisogni del turista, sempre più orientato verso viaggi prossimità, lenti ed esperienziali”.
L’intento, insomma, è quello di rendere la Sicilia sempre più pronta ad attrarre e accogliere una nuova domanda, più green, orientata alla natura, alla cultura e alla sostenibilità, attraverso un’offerta in linea con le nuove tendenze. Molte località turistiche siciliane possono, secondo la Regione, perseguire un allungamento della stagione turistica sia diversificando l’offerta attraverso la promozione di specifici segmenti che concorrono all’attrattività della destinazione – quali lo sport, il teatro, la musica, il cinema, il turismo scolastico, il wedding – che rafforzano l’azione degli operatori turistici siciliani.
“I viaggiatori – ha concluso Amata – cercano sempre più soluzioni che sposino il valore della sostenibilità, che va considerata sotto due aspetti: quello dell’uso e della gestione delle risorse turistiche, dei beni naturali e culturali e quello della sostenibilità in chiave di innovazione e di inclusione sociale, ampliando quanto più possibile le opportunità di accesso a pratiche di turismo inclusive rafforzando le filiere settoriali, dall’accoglienza, all’ospitalità e promozione”.
A proposito di correlazione tra clima e flussi turistici, di recente l’Enit ha diffuso uno studio dedicato proprio alla correlazione tra temperature e tendenze dei viaggiatori. La ricerca “Turismo climate-sensitive” è stata pensata con il duplice scopo di analizzare e misurare l’impatto dell’emergenza climatica nei comportamenti della domanda di viaggio e dell’offerta di turismi e contemporaneamente di contribuire, su base dati oggettivi, alla messa a punto di nuovi modelli di lavoro per imprese e destinazioni turistiche riducendo le minacce e individuando nuove opportunità.
“Dallo studio – hanno evidenziato da Enit – emerge una nuova modulazione delle presenze di turisti stranieri che diminuiscono del 25 per cento nei mesi estivi con un contestuale aumento in primavera e autunno. Sono fatti che descrivono un evidente spostamento di flussi con un impatto sulle principali organizzazioni turistiche”.
Per l’Ente nazionale del turismo italiano la ricerca – curata da Fondazione Santagata di Torino in collaborazione con Studio Giaccardi & Associati di Ravenna – rappresenta un investimento per il settore, reso necessario anche in risposta a iniziative di altre destinazioni europee quali Spagna, Francia, Slovenia, Grecia, Portogallo. Tra i temi analizzati anche: “Impatto climatico, turismo culturale e siti Unesco” ed “Evoluzione del rapporto domanda e offerta nel turismo climate-sensitive”. In particolare l’indagine sul turismo culturale si propone di esaminare la gestione del patrimonio in Italia utilizzando i 59 presidi Unesco come cartine di tornasole della capacità di risposta del sistema nazionale al cambiamento climatico.
“Il nostro Paese – hanno aggiunto da Enit – nel 2022 registrò oltre 142 milioni di presenze nel turismo heritage con una spesa turistica o valore di ritorno superiore ai 12 miliardi di euro. Da qui un cambio importante di strategia di destinazioni, Ota e imprese, il cui perno è integrare l’emergenza climatica nel modello di business, invece che farsi trovare impreparati, e coinvolgere tutti i propri stakeholder a far parte delle nuove decisioni. In primis, gli stessi clienti che, infatti, per il 51% (Booking, 2023) deciderà di programmare viaggi e vacanze basandosi sulle previsioni climatiche rispetto al periodo e alla destinazione prescelta. È un movimento di cambiamento radicale del rapporto domanda e offerta turistica di portata pari o superiore a ciò che avvenne oltre 15 anni fa con l’impatto digitale”.
Appare quindi indispensabile un ripensamento strategico climate-sensitive dei modelli di ospitalità, promozione e organizzazione turistica a tutti i livelli.