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Turismo su Etna, possibile e in sicurezza ma il Covid frena tutto

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Turismo su Etna, possibile e in sicurezza ma il Covid frena tutto

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giovedì 04 Marzo 2021

La guida ambientale Francesca Laganà, che da anni lavora sulle pendici del Mongibello, ci racconta le difficoltà legate al periodo e le tante contraddizioni dei vari Dpcm.

L’attività eruttiva dell’Etna è ripresa, con vigore, ormai
da diversi giorni ed ha rubato la scena con spettacolari fenomeni parossistici.
Certo, la pioggia di cenere vulcanica caduta su Catania e sui comuni limitrofi
ha causato qualche disagio, ma ancora una volta il vulcano attivo più alto
d’Europa ha tenuto tutti con lo sguardo all’insù.

Un’occasione, questa, per rilanciare agli occhi del mondo le
bellezze naturalistiche del territorio etneo, sebbene il periodo non sia certo
dei migliori per l’attività turistica.

A questo proposito il “Quotidiano di Sicilia” ha
intervistato la guida ambientale Francesca Laganà, che da anni lavora
sulle pendici del Mongibello.

Turismo e restrizioni

La coincidenza di questi fenomeni con il periodo di restrizioni al turismo suona come una beffa. Madre Natura segue i suoi ritmi che, molto spesso, non coincidono con i nostri. Noi non riusciamo ad adeguarci, ma in fin dei conti è sempre lei che comanda.

Si lavora in questa fase?

“Per quanto mi riguarda ho seguito, recentemente, una coppia di turisti francesi venuti in auto. Non ho idea di come siano arrivati, visto che le frontiere dovrebbero essere chiuse. Loro dicevano di essere vaccinati, ma al di là di questo bisogna dire che l’attività in montagna si svolge sempre all’aperto, con un distanziamento naturale e quindi non c’è pericolo di contagio. Loro sono stati, di fatto, i primi turisti. In questo momento per me l’attività equivale a zero. Qualche volta, di Domenica, ci organizziamo con delle associazioni locali per fare qualche piccola manifestazione. Cosa che, fino a pochi giorni fa, con la zona rossa ed arancione era impossibile fare. I soliti controsensi, insomma. Secondo il DPCM si può fare attività all’aria aperta ma in solitaria, e non si può uscire dal proprio Comune di residenza”.

“Possiamo dire che, per noi, l’attività turistica è ferma praticamente da un anno. Non si lavora e siamo in serie difficoltà. Il supporto di una guida ambientale è molto più apprezzato dai turisti stranieri, gli italiani e i siciliani – in linea generale – sono quelli che apprezzano di meno il nostro lavoro. E non lo apprezza nemmeno il governo regionale, che non ci ha riconosciuto alcuna forma di aiuto o indennizzo. Le guide ambientali, non essendo inserite all’interno di un albo professionale, non hanno potuto beneficiare di nessuno dei ristori per il settore turistico. Eppure ognuno di noi ha un regolare codice ATECO e una partita IVA, emette fattura e paga le tasse. Per chi, come me, la svolge come unica professione è veramente difficile. In questa finestra temporale si è fatto qualcosa soprattutto nel fine settimana, con gruppi di famiglie, ma da qui a dire che si stia lavorando passa un oceano”.

Salire in sicurezza sull’Etna

“Ripeto che per noi, dal punto di vista degli accorgimenti anti contagio, non è cambiato nulla. In montagna è difficile fare assembramenti perché, anche in caso di comitive numerose, il distanziamento è automatico: ognuno ha i suoi ritmi di cammino, e poi siamo all’aria aperta. In montagna, finché sarà consentito lo spostamento tra comuni, ci si può andare sempre. Io consiglio di essere accompagnati da una guida, specie in questa fase, perché l’attività all’aria aperta comporta dei rischi. Le guide, inoltre, hanno la contezza delle condizioni del vulcano. Visti i parossismi, ormai quasi quotidiani, abbiamo l’abitudine di informarci tramite l’INGV per capire quali siano le reali condizioni. Non è tanto un problema di pericolosità dell’Etna perché, l’attività ai crateri sommitali non è pericolosa per nessuno, quanto per il fastidio di ricevere una pioggia di cenere e lapilli durante la camminata. Si tratta, comunque, di fenomeni di breve durata”.

Sfatare i falsi miti: cosa sta davvero accadendo sull’Etna

“Certo, chi non conosce il vulcano, può essere “vittima” della paura o del timore che, spesso, diffondono i social con messaggi privi di fondamento. Per noi, per chi pratica l’Etna, è la normale attività di un vulcano attivo. A memoria d’uomo, in circa 2700 anni, le eruzioni partite dai crateri sommitali non hanno mai avuto conseguenze nefaste: la lava non è mai arrivata a lambire i paesi pedemontani, né tanto meno ha raggiunto il mare. Quando si parla di parossismo si indica l’esistenza di un condotto aperto, libero… Quindi la lava arriva immediatamente in superficie, ed è uno sfogo perfetto. La cenere è fastidiosa, certo, ma in fondo noi siamo gli inquilini… E poi, in compenso, l’agricoltura riceve tanto beneficio da questi fenomeni”.

Gli impianti sciistici etnei

“Quest’anno non sono stati aperti, quando c’era una discreta quantità di neve si era in zona rossa. Adesso, al di là delle disposizioni governative, visto il fatto che nei nostri impianti non si produce neve artificiale e viste le continue eruzioni, non si possono aprire. Sarebbe uno spreco di denaro e sarebbe impensabile sciare in queste condizioni, perché le piste sono impraticabili. 

Avremmo potuto, come nelle regioni del Nord, puntare sulle ciaspolate, ma il divieto di spostamento tra Comuni ha reso impossibile anche questa attività. Si tratta, comunque, di un problema atavico. Gli impianti sciistici sull’Etna sono, storicamente, mal gestiti non per responsabilità dei singoli imprenditori, ma per la “guerra tra poveri” che coinvolge i vari Comuni.

Enti locali che inibiscono il passaggio alle quote sommitali, cosa che influisce anche nella chiusura delle escursioni ai crateri sommitali. Non si capisce, purtroppo, che certi atteggiamenti danneggiano soltanto il bene comune. Non si pensa mai ad una visione di insieme, non si comprende che fare rete può portare ricchezza a tutti. Chiudersi e perdersi in lotte intestine, invece, non porta assolutamente a nulla”.

Una piacevole chiacchierata, quella con la guida ambientale
Francesca Laganà, che ha offerto tanti spunti di riflessione. Ne emerge, con
forza, una sensazione: al di là di problemi e fattori esterni, ciò che pesa
maggiormente è l’incapacità di far fruttare adeguatamente un patrimonio
storico, naturalistico e culturale unico al mondo.

Vittorio Sangiorgi

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