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Tutela delle donne, presunto colpevole

Tutela delle donne, presunto colpevole
Manifestazione contro la violenza sulle donne

Articolo 27 della Costituzione

L’articolo 27 della Costituzione recita: “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Per conseguenza, qualunque cittadina o cittadino è innocente fino a sentenza passata in giudicato.
Com’è noto, le prove pro o contro l’imputato sono esclusivamente quelle prodotte in giudizio. Qualunque altro fatto, circostanza o documento non ha alcun valore se non è introdotto nel processo e controllato dall’accusa, dalla difesa e dal magistrato giudicante.

La presunzione d’innocenza prevista dal citato articolo, non dev’essere provata, in quanto la prova di colpevolezza dev’essere prodotta dall’accusa. All’accusata o all’accusato compete l’onere di dimostrare che documenti, fatti o testimonianze dell’accusa non sono veri; sarà poi il magistrato terzo che valuterà il tutto ed emetterà la sentenza di assoluzione o di condanna.
Questo è il quadro incontrovertibile dei processi italiani.

Nei giorni scorsi la Camera ha approvato – pensate, all’unanimità – il Disegno di legge che considera colpevole la persona accusata di violenza sessuale. L’unanimità nell’approvare un Ddl è un caso più unico che raro, eppure anche questo si è verificato in questa legislatura. In Senato, però, l’approvazione definitiva è saltata in virtù dei dubbi espressi dalla Lega che, tramite la presidente della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, ha chiesto correzioni e nuove audizioni.

Oggetto della questione è l’articolo 609-bis, che recita: “Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali a un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Alla stessa pena soggiace chi costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, ovvero induce taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona”.
Mentre prima occorreva dimostrare l’elemento della minaccia e della costrizione (processo difficile e doloroso per la vittima), con questo Ddl, lo stupro viene definito tale se manca il pieno e libero consenso di entrambe le parti, prima, durante e dopo il rapporto sessuale.

Diciamo subito, a scanso di equivoci, che le donne (o chi subisce una violenza) vanno protette e tutelate in tutti i casi e che non devono essere oggetto di vessazioni e di prepotenze di nessun tipo da parte degli uomini, avendo pari dignità, in quanto esseri umani, al genere maschile.

Quindi, il Ddl approvato dalla Camera mette un punto fermo alle prepotenze degli uomini nei confronti delle donne. Per cui non si può che essere d’accordo sul principio di tutela. Però, per ragioni di obbiettività, non possiamo trascurare l’analisi delle fattispecie che si possono verificare. Chi impedisce a una donna che consensualmente abbia fatto sesso con un uomo successivamente di accusarlo di abuso? Come farebbe in questo caso il malcapitato a dimostrare che il consenso c’è stato? Certo, questi sono casi rari, ma da tenere in considerazione.
La revisione del testo, dunque, potrà essere utile per evitare il rischio di rinvii alla Suprema Corte per violazione dell’articolo 27 della Costituzione.

Basandoci sull’attuale versione del Ddl, evidenziamo che nel caso manchino delle prove certe, sarà la sensibilità del giudice a valutare la veridicità delle testimonianze – comprese quelle della donna che accusa e dell’uomo che si difende – per cercare di capire dove si trovi la verità. Ma è evidente che processualmente non è corretto affidare alla sensibilità di una persona, quale la giudice o il giudice, una condanna grave quale quella citata.

Dunque, “Sì” senza ombra di dubbio al principio e alla legge che l’ha ispirato, perché le donne (o chiunque alto subisca violenze) vanno tutelate in tutti i modi possibili. In dubbio, però, rispetto al mezzo con cui tale eventuale reato si possa provare e “No” al fatto che una cittadina o un cittadino non abbia modo di difendersi normalmente, ma debba affidarsi a un tribunale.
Ci auguriamo che in sede di approvazione definitiva venga modificata la procedura per rendere obiettiva una legge sacrosanta, ma che deve avere le gambe dell’equità per camminare sulla via della giustizia.